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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

La fervida immaginazione degli scienziati - Stephen Hawking, di cui trovate in libreria l’ultimo splendido libro, Il grande disegno, Mondadori, pp

La fervida immaginazione degli scienziati - Stephen Hawking, di cui trovate in libreria l’ultimo splendido libro, Il grande disegno, Mondadori, pp. 188, 20,00, anni fa partecipò a un episodio di Star Trek nella parte di se stesso. Era stato convocato dal comandante dell’Enterprise insieme a due altri illustri cosmologi e viaggiatori temporali, Albert Einstein e Sir Isaac Newton, padre della fisica moderna. Hawking era salito a bordo di corsa, ché recitare nell’amato telefilm di fantascienza, bando alle malinconie, è il vero Premio Nobel. Hawking, oltre che un appassionato di fantascienza, è anche un grande scienziato e così ha sostenuto per un po’ l’idea della Grande Teoria Unificata o Teoria del Tutto: una superteoria integrata che in breve avrebbe spiegato ogni cosa. Ma col tempo il grande fisico inglese sembrava essersi calmato e una volta, quando un giornalista scientifico (Dennis Overbye, Cuori solitari nel cosmo, Rizzoli 1992) gli chiese quale tra tutte le cosmologie concepite dagli scienziati negli ultimi venti o trenta o quarant’anni fosse quella vera, rispose così: «Lo sono tutte». Sono eleganti, sono belle e i conti tornano. Sveglia, ragazzi. Non c’è altro criterio di verità che l’armonia. Oggi, nel suo nuovo libro, è tornato agli antichi amori e tifa per la cosiddetta Teoria M, «la più generale teoria supersimmetrica della gravità, l’unica candidata al ruolo di teoria completa dell’universo», una sorta di novella Grande Teoria Unificata che ha il vantaggio ulteriore, agli occhi di Hawking, ateo impenitente e famoso, d’escludere l’ipotesi deista: la Teoria M non ha bisogno di Dio per spiegare l’universo (anzi il multiverso, somma di tutte le possibili e impossibili storie dell’universo, come nei romanzi di fantascienza). Così sono i grandi cosmologi: romanzeschi. C’è chi esplora la Mente di Dio con l’occhio lungo dei superadiotelescopi e chi tifa per il «big bang», che può essere «freddo» o «caldo», ma che per tutti è santificato dalla radiazione di fondo, «che soltanto il big bang avrebbe potuto lasciare», come scrisse a suo tempo Hawking. Ma c’è anche chi del «big bang» non ne vuol sapere, per esempio lo scienziato e scrittore di fantascienza Fred Hoyle, scomparso nel 2001, che per primo chiama il big bang con questo nome e poi lo rinnega, nome e concetto, maturando anzi una diffidenza feroce per la stessa ossatura dell’universo, nella quale fiuta «un trucco evidente», ché «troppe cose sembrano accidentali e non lo sono, un trucco dunque, ma come venga combinato non so». E i buchi neri? Possono essere (lo giuro) con o senza peli; se lo sapesse Berlusconi, non parlerebbe d’altro. Andrej Linde, teorico del megauniverso a struttura frattale, ritiene possibilissimo creare dal nulla (no problem, è routine) un universo artificiale grazie a qualche superacceleratore di particelle, ma si domanda a che pro (dategli torto). Linde ritiene, anzi, che il nostro stesso universo (la luna e le stelle, Striscia la notizia, il bunga bunga) possa essere artificiale: il big bang d’un gruppo di superscienziati alieni, che abitano un universo matrice parallelo al nostro. Un giornalista gli chiede (in John Horgan, La fine della scienza, Adelphi, Milano 1998, pp. 462) se non gli capita mai di pensare che queste siano cavolate e lui risponde: «Nei momenti di depressione mi sento effettivamente un perfetto idiota». Scienza e immaginazione accesa sono inseparabili. Facciamo, per capirci, un salto indietro nel tempo. Sotheby’s, Londra, 1936. Siede tra il pubblico anche J.M. Keynes, economista, padre nobile di tutti i welfare. Lord Keynes s’aggiudica un baule d’antichi manoscritti: pedanti osservazioni su percome e perquando del Secondo Avvento, riflessioni cavillose sull’Apocalisse. Sono gli scritti maledetti d’Isaac Newton, santo patrono della fisica moderna, maestro d’esattezza nelle scienze ma anche Magus secentesco, cioè uomo del suo tempo, un tempo come tutti romanzesco e disgraziato.