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 2011  aprile 19 Martedì calendario

LE SCENE TAGLIATE DEL COMPAGNO DON CAMILLO


Il foglio, battuto a macchina, è perfettamente conservato, se non fosse per la sottilissima patina gialla. La data è il 1963. L’argomento è lo schema del racconto per un film: Il compagno don Camillo. Fin qui niente di eccezionale, direte voi e, invece, l’eccezionalità la si scopre leggendo questo schema, che Giovannino Guareschi scrisse per l’ultimo film della serie interpretata da Fernandel e Gino Cervi, che l’inventore del pretone e del grosso sindaco della Bassa aveva immaginato completamente diverso da come, alla fine, venne realizzato da Luigi Comencini.
La storia, secondo Giovannino, doveva iniziare dalla fine: «Don Camillo si reca dal Vescovo a confessargli che non ha usato la licenza d’una settimana (concessagli per motivi di salute) a rinfrancarsi le forze, ma l’ha usata per fare un viaggetto in Russia, a visitare, assieme a Peppone e a un gruppetto di compagni “eletti” un kolkoz sovietico». E non è tutto, dal momento che Guareschi intendeva riassumere nel film due storie o, meglio, due viaggi: quello in Russia del “compagno donCamillo” e l’avventura americana di Peppone.

I due racconti

Il viaggio in Unione Sovietica ha come premessa il ricatto di don Camillo a Peppone, ma non beceramente ispirato ad una “scappatella” del sindaco con la ragazza del tirassegno, ma tratto da due racconti che Giovannino aveva pubblicato su Il Borghese nel 1963: il primo è La valigia di Troia e narra di Peppone che, preoccupato dalla crisi agricola, vende il poderetto della moglie e si serve di don Camillo per portare i soldi ricavati in Svizzera, cambiandoli in dollari. Il secondo, Il sacrario segreto, racconta della notizia giunta in paese, della morte di Kruscev. Peppone, che conservava una sorta di museo staliniano, toglie dalla soffitta il ritratto del “piccolo padre” e porta al tipografo Barchini il testo per un manifesto. La notizia risulterà falsa, ma don Camillo, nel frattempo, è venuto in possesso del manoscritto di Peppone e della bozza per il manifesto. Sono questi due fatti a permettere il “ricatto” di don Camillo a Peppone e, di conseguenza, la partenza, sotto mentite spoglie, del pretone verso la Russia.
Nello schema, Guareschi inserisce due storie che faranno da connettivo per la vicenda: «Una storia lieta che è quella dell’amore del compagno romano Scamoggia e della interprete russa Nadia. Nadia in seguito, quando accompagnerà in Italia una commissione sovietica commerciale, taglierà la corda e si sposerà con Scamoggia. E don Camillo sarà lui a sposarli». Poi c’è «una storia triste. Sarà l’unica tragica del film ed è necessaria. Riguarda quello che chiameremo “Il compagno padre”. Un alpino della spedizione italiana in Russia, durante la tragica ritirata, trova abbandonato presso un’isba distrutta da una “Katiuscia” sovietica, un ragazzino di nove anni i cui parenti giacciono cadaveri fra le macerie della casupola. Se lo porta in Italia e, siccome la moglie non può avere figli lo adotta. Il ragazzo rimane russo, grazie alle letture che può procurargli il “compagno padre” e ammira tanto la sua patria da volerla rivedere. Emigrato come edile a Berlino Ovest, passa a Berlino Est, nel settore sovietico. Poi scrive dall’Unione Sovietica e il compagno padre va con la squadra di Peppone per andare a riabbracciare il figlio adottivo che abita nella zona del kolkoz da visitare: lo ritroverà invece, ritornando, a Berlino Est. Il figlio tenterà di passare il muro per tornare in Italia col padre, ma verrà fulminato. Episodio necessario perché, qui, don Camillo rivelerà al compagno l’essere suo compiendo un commovente atto di coraggio».
Dopo questa scena, che nel film non si è vista, l’avventura russa si svolge allo stesso modo, compreso l’episodio del kolkoziano napoletano che «fa la “permanente” alle ragazze sovietiche e gli fanno fare il giro dei vari kolkoz a pedate nel sedere». Splendido il siparietto: «PEPPONE: E di che ti preoccupi? L’Urss ha solo 80 mila kolkoz.
NAPOLETANO: Il guaio è che io ho un sedere solo!».

Vicenda americana

Don Camillo rientra alla base e qui termina il racconto dell’avventura russa, cui Giovannino fa seguire quella negli Usa (anche questa non presente nel film): «Don Camillo deve accompagnare un gruppetto di agricoltori cattolici negli Stati Uniti dove visiteranno una grande fattoria. Uno dei partecipanti emigra in Australia. Don Camillo si porta Peppone negli Usa». Quindi, niente Peppone travestito da prete come si vede nell’ultima inquadratura del film: è don Camillo che convince il sindaco a seguirlo «alla fattoria americana. La conduce un vecchio immigrato italiano che ha 10 figli. 5 nati in Italia, 5 nati in America, Storia semplice e patetica. Il vecchio è fermo all’Italia del 1919 e non sa niente di quel che accade oggi (e i figli glielo tengono gelosamente nascosto) così entrando in quella casa colonica di quella modernissima fattoria pare di entrare in un altro secolo». Lo schema è scarno, dal momento che Guareschi doveva scriverla, la storia, ma aveva già ben chiaro quale sarebbe stato il finale, dopo il ritorno al paese: «Don Camillo e Peppone sono andati a caccia insieme e ora stanno seduti per terra a far merenda.
DON CAMILLO: Adesso che hai visto com’è la realtà in Oriente e in Occidente, perché non stracci la tua tessera?
PEPPONE: E poi quale tessera dovrei prendere? Siate onesto, se ci riuscite.
DON CAMILLO: Ci riesco: nessuna tessera.
PEPPONE: E com’è possibile? Bisogna pur credere in qualcosa.
DON CAMILLO: Basta credere in Dio.
PEPPONE: No. Bisogna anche credere negli uomini. Altrimenti perché sarebbero morti tutti i milioni di uomini che si sono sacrificati per migliorare le condizioni umane?».
E qui, per la prima volta, Giovannino esprime tutto il suo sconforto e lo fa attraverso la voce del Cristo:
«DON CAMILLO (a sé): Signore che cosa debbo rispondere a quest’uomo?
VOCE CRISTO: Non so. Anche io ho creduto negli uomini e, per migliorare la loro condizione, ho voluto soffrire e morire come uomo».
È la prima volta che Gesù non riesce a rispondere a don Camillo: quel “non so” contiene tutta l’amarezza che Guareschi provava in quel periodo, confrontando “l’Italia povera” del dopoguerra con “la povera Italia” del boom economico e del consumismo. Un’Italia dove la voce del Cristo si sentiva sempre meno, ma dove, alla fine, ritornava la speranza:
«DON CAMILLO: Addio. Ognuno vada per la propria strada, compagno Sindaco.
PEPPONE: Ognuno faccia la sua strada, compagno prete… Si alzano e se ne vanno uno verso destra l’altro verso sinistra. Elicottero; panoramica dall’alto. Si vede che i due sentieri, a un certo punto, si riuniscono e don Camillo e Peppone proseguono verso il fiume, fianco a fianco».

Egidio Bandini