Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 19 Martedì calendario

LA GRECIA DEVE RADDOPPIARE I SUOI SACRIFICI ECONOMICI

Le cicale, in Europa, sono adesso costrette a fare le formiche. Come fanno tutti i paesi aderenti all’euro, del resto. Ma non è facile passare dalla spesa pubblica allegra al cilicio realistico del passo secondo la gamba. Se si finisce sotto il faro dei creditori è inutile cercare dei capri espiatori nella Ue, o nella Bce, o nell’Fmi, o nelle agenzie di rating. Se i conti pubblici fossero decorosi, nessuno avrebbe argomenti denigratori a sua disposizione. E se l’Italia non è finita, sinora, nei paesi Pigs (che, come acronimo, sta per Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna; ma, che come parola, in inglese, significa anche «maiali») è perché, contro tutti (ministri della maggioranza ed esponenti dell’opposizione) il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, è riuscito a frenare la crescita della spesa pubblica. Se non ci fosse stato Tremonti anche l’Italia si troverebbe fra i paesi Pigs. E quindi, oltre ai sacrifici passati, dovrebbe stringere ulteriormente la cinghia come sta facendo la Grecia che ha già abbassato i salari dei dipendenti pubblici, aumentato l’età per andare in pensione (e congelato gli aumenti pensionistici) e aumentato l’Iva. Ma non è bastato, visto che nel 2010 il deficit pubblico rispetto al pil è stato del 10% (contro il 9,4% promesso). Per riuscire a convincere i mercati a sottoscrivere quote di debito pubblico greco, il governo di Atene deve riuscire a portare il deficit/pil dal 15,5% del 2009 all’1% del 2015 con una cura drastica. Al posto di ristrutturare il debito il governo deve ristrutturare il paese. Il compito è titanico in un paese abituato a farsi mantenere. In Grecia gli uffici pubblici e le banche chiudono alle 14, l’Acropoli e i siti turistici chiudono entro le 15 per sei mesi l’anno. Per fare un allaccio all’elettricità bisogna passare mezza giornata negli uffici, trattando con sei diversi sportelli e aspettare almeno una settimana per vedere arrivare la luce. Ma per poter rientrare nei binari dell’affidabilità nei confronti dei creditori, la Grecia deve adesso privatizzare l’acqua, il gas, la posta, le ferrovie, le lotterie e cedere molti immobili pubblici di cui però non si sa la consistenza perché il catasto ellenico è inaffidabile. Per il momento il governo sta raggruppando scuole, ospedali e caserme allo scopo di fare economie: ma non è facile adottare queste misure in un paese abituato allo slogan, che era di tutti i partiti: «Vota per me che farò assumere i vostri familiari e i vostri amici». Uno slogan, questo, che non vale più. Perché la cambiale che ne deriverebbe non sarà più pagata dalla Ue per interposti tedeschi che dicono: abbiamo già dato.