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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

“Bombetta ed elettronica la vita da retro-futuristi” - Gli Steampunker italiani amano radunarsi facendo picnic nei prati

“Bombetta ed elettronica la vita da retro-futuristi” - Gli Steampunker italiani amano radunarsi facendo picnic nei prati. Anche se si vedono tra le colline toscane o ai Castelli Romani, a loro piace immaginarsi in una scampagnata vittoriana. Tovaglie di lino, panieri di vimini, signore in stivaletti e gonne alla caviglia e giovanotti che sembrano scesi da una mongolfiera. Gli attivisti della filosofia di chi cerca di costruirsi la nostalgia del futuro da tre anni hanno anche in Italia il loro giovane leader, che sembra uscito da un libro di Giulio Verne. «Io non sono un personaggio, non mi travesto, sono proprio così...». Frederick von Guss, già chitarrista di un gruppo metal, è il «capitano» dello Steampunk italiano, almeno di quel centinaio di retro-futuristi che si riconoscono nel suo Forum ufficiale «Laboratory of time». «Non vado certo a spasso con la macchina a vapore, ma mi sono sempre sentito attratto da un tempo trasversale a ogni epoca storica, in cui l’uomo è mosso da sincera curiosità e dalla voglia di inventare. Condividiamo la passione per il fantastico, per noi il rapporto con la tecnologia ha una sua particolare poetica in cui le macchine sono belle e in cui torna l’idea che il mondo sia ancora tutto da scoprire». Frederick, 21 anni, nasce come Federico Gusso e vive a La Spezia: la sua ascendenza di nobile austro-ungarico viene da un collezionista di alberi genealogici conosciuto a un mercatino. «La mia è una famiglia di origini venete e l’antenato asburgico ci sta tutto. Vesto con il gilè che magari portava mio nonno, mi piace tenere il cipollone con la catena in vita, lo stile è ispirato all’epoca vittoriana, ma non giro per strada con la maschera antigas o il casco di cuoio da aviatore, se non durante i nostri raduni». La sua passione Federico l’ha coltivata sin da bambino, quando il padre lo portava in giro per rigattieri e bancarelle dell’usato. Qui nacque il fascino per i vecchi manometri, le serpentine di rame, i bollitori, gli avanzi di cantina e i residuati di tutte le guerre. Macchinari ingegnosi che non avevano più artigiani capaci di farli funzionare. «Lo spirito Steampunk recupera il piacere del costruire con le proprie mani. Sono appassionato di elettronica e di meccanica, penso chelemacchinemoderne non debbano solo essere rivestite con un design retrò, ma pensate concettualmente alla luce della nostra filosofia di vita: ad esempio noi tutti siamo per le energie rinnovabili, e molta della narrativa cui ci ispiriamo parla di città alimentate da energia pulita». I nostalgici delle macchine a vapore devono faticare per costruirsi da soli i tipici oggetti dell’estetica Steampunk, ogni macchina di uso contemporaneo la si può immaginare realizzata con tecniche e materiali a disposizione un secolo e mezzo fa. Un telefono cellulare e un televisore possono essere reinventati con legno di radica, piastre di ottone, pomelli torniti, ingranaggi, pulegge, tanto rame, ferro lavorato alla lima, bulloni, guarnizioni, tubi di caucciù e piedini in ghisa con guarnizioni floreali. Insomma, si regala una storia e un’epica gloriosa anche alle macchine usa e getta, fatte di plastica e microchip. «L’uomo è soprattutto un inventoreeun viaggiatore, e in questa visione delmondo l’età non conta - spiega Federico -. C’è la signora milanese con tre figli, ma anche lo studente toscano che si è costruito un fantastico braccio meccanico di cuoio e ottone, come pure i cinquantenni appassionati di storia che studiano lo spirito Steampunk attraverso le nostre radici nazionali. Guglielmo Marconi, ad esempio, è tra i nostri miti, un vero Steampunker!».