LICIA GRANELLO , Repubblica 19/4/2011, 19 aprile 2011
LA CLASSIFICA DEI SUPERCHEF ITALIA OK, TRIONFA UN DANESE
«Non potevo riceve premio più bello e importante. Essere la chefs choice dell´anno, il cuoco più votato dai colleghi di tutto il mondo mi riempie il cuore di gioia». È un fiume in piena Massimo Bottura, il cuoco modenese due stelle Michelin, che ieri sera è stato acclamato come nessun altro durante la premiazione del San Pellegrino World´s Best Restaurants. In realtà, nella classifica mondiale del premio, giunto alla nona edizione, il primato appartiene ancora al Noma di René Redzepi, il cuoco danese che l´anno scorso aveva messo fine, non senza polemiche, al lungo regno di Ferran Adrià e del suo mirabolante Bulli, in chiusura a fine luglio.
Ma diverso è il fascino, diversa la forza propulsiva. Redzepi ha portato a Copenhagen i concetti di local, terroir e gourmand, fondamento dell´alta cucina italiana, modulandoli sul dna scandinavo. La ricerca di materie prime incontaminate (alghe, bacche, funghi), la valorizzazione di ingredienti a lungo utilizzati senza troppa attenzione (il pescato del nord, la carne di renna, i formaggi a latte crudo) l´introduzione delle nuove tecniche figlie del rinnovato abbraccio tra scienza e cucina hanno fatto del Noma il punto di riferimento dell´alta gastronomia del nord Europa.
Bottura, che quest´anno è saltato dalla sesta alla quarta posizione, subito alle spalle di due straordinari ristoranti spagnoli - Celler de Can Roca e Mugaritz - è l´alfiere della cucina emiliana del terzo millennio, tesa tra la via Emilia e il mondo. Entusiasta, immaginifico e furiosamente ancorato alla religione laica di Parmigiano e aceto tradizionale balsamico, il più rock dei cuochi nazionali ha saputo costruire l´immagine della nuova cucina d´autore, regionale negli accenti, internazionale nel linguaggio.
In scia a Bottura, ottime le performance di Davide Scabin, che proietta il torinese Combal.Zero dal trentacinquesimo al ventottesimo posto, e di Carlo Cracco, che rientra dopo un solo anno di purgatorio al numero 33, una posizione sotto Le Calandre, in caduta di dodici gradini. Tra i primi quaranta anche Dal Pescatore e Il Canto, ovvero l´alfa e l´omega della cucina italiana, eccellenze fra tradizione e ricerca. Cinque dei sei ristoranti italiani premiati dai quasi mille giurati che ogni anno partecipano alla classifica praticano una cucina d´innovazione, a dimostrazione che i nostri artisti della gastronomia ricevono più attenzioni all´estero che in patria.
Ma la classifica dei 50 Best dice anche molto altro. Per esempio, che al di là di sporadiche, meritevoli eccezioni - su tutte, la tri-stellata Anne Sophie Pic, premiata come chef-donna 2011 - la Francia, pur con i suoi otto ristoranti tra i primi cinquanta, ha dismesso i panni della grandeur gastronomica, mentre il nuovo che avanza ha i modi lievi e il talento vibrante dell´americano Grant Achatz, Chicago, la forza trascinante del brasiliano Alex Atala, la poesia tradotta in piatti del giapponese Narisawa. L´altro, grande collante di questa pattuglia di cuochi virtuosi ruota intorno alla scelta del trittico «buono, pulito & giusto», che si traduce in materie prime di piccoli produttori, coltivazioni biologiche, giusta remunerazione di chi lavora tra sala e cucina. Il primato del pomodoro di una volta, insomma. Però figlio di un´agricoltura di nuovo sana, pagato il giusto a chi lo produce, rispettando i diritti di chi lo raccoglie. I grandi cuochi del pianeta l´hanno chiarissimo in mente. Forse anche noi, un giorno.