Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 18 Lunedì calendario

ECCO COME L´IMBROGLIO DIVENTA REGOLA DI VITA

Prendete il vecchio Bernie Madoff. Anche lui ha confessato di aver cominciato con un imbroglio da poco per un cliente troppo esigente. Poi gli ha preso la mano: fino ai 70 miliardi della truffa del secolo.
Ma che cosa distingue noi imbroglioni di poco conto (chi più chi meno) dai giganti dell´imbroglio? Che cosa scatta nella mente del campione che sembra non avere bisogno dell´aiutino - se sei Diego Maradona non ti serve la mano di Dio, se sei Ben Johnson chi ti acchiappa - e invece è lì che ci frega anche lui? E insomma esiste una risposta, possibilmente sincera, alla domanda ineludibile a questo mondo: perché imbrogliamo?
Risposta numero uno. «Imbrogliare è particolarmente facile da giustificare quando ti vedi vittima di qualche tipo di scorrettezza» dice Anjan Chaterjee dell´Università di Pennsylvania. Il dottore s´è specializzato in un particolare tipo di truffa: l´uso di farmaci per migliorare le prestazioni. Una simpatica abitudine che dallo sport dilaga a Wall Street e al mondo della cultura. «Il tuo problema è centrare l´obiettivo. E tu non stai imbrogliando: stai soltanto riequilibrando una situazione».
La tesi raccolta dal New York Times ci sta anche. Ma altri studi dimostrano che imbrogliamo anche quando non ce ne sarebbe bisogno. E lo facciamo da subito: dai tempi della scuola. È la risposta numero due. Uno studio delle Rutgers University rivela che il 70 per cento degli studenti delle superiori Usa ammette di aver falsificato i test. E il 60 per cento dice di aver copiato altri studi. Di più.
Un´inchiesta della Duke Univeristy dimostra che messi in condizione di imbrogliare gli studenti semplicemente imbrogliano: anche i più bravi della classe.
Insomma non prendiamoci in giro: fregare è naturale. Nel senso che il nostro cervello - risposta numero tre - è naturalmente portato a prendere le scorciatoie. Il problema è quando si comincia a tagliare la strada agli altri. E qui scatta un altro meccanismo. «Di fronte a un comportamento negativo tendiamo a sovrastimare quanto il nostro somigli a quello degli altri» avverte David Dunning della Cornell University. Eccolo il meccanismo del così fan tutti - è la risposta numero quattro. Che però, guarda caso, scatta quando a fregare abbiamo cominciato "noi" - per giustificarci a posteriori.
Ma davvero è tutta una questione di natura? Dice David Callahan in La cultura dell´imbroglio che la fregatura diventa inevitabile in questa società in cui chi vince prende tutto. È la risposta numero cinque: più crescono le disparità e più cresce il ricorso alla scorciatoia. E come se ne esce?
Beh, spesso non bene. Il New York Times non può ricordare le disavventure di Jayson Blair: il suo reporter di punta cacciato dopo la scoperta che copiava dai giornali di provincia - e senza mai citarne uno straccio. Perfino la prestigiosa Columbia School of Journalism fu sconvolta due anni fa dallo scandalo delle ammissioni: ragazzi che copiavano per diventare copioni.
Non che la letteratura sia da meno. Senza risalire a William Shakespeare che rubò la trama di Romeo e Giulietta - lo ricorda Richard Posner nel divertente Piccolo libro dei plagi - il caso di questi giorni è quello di Greg Mortenson. L´autore del fortunatissimo Tre tazze di tè è stato accusato di essersi inventato tanti particolari del suo viaggio in Afghanistan - dove oggi la sua fondazione costruisce diverse scuole per bambine. Ok, prima del bestseller Mortenson era uno sconosciuto. Ma perfino uno scrittore di successo come Ian McEwan è stato accusato di aver copiato Espiazione dalle memorie di Lucilla Andrews. Per difenderlo si mosse nientemeno che l´autosegregatissimo Thomas Pynchon.
Nessuno, invece, s´è speso per il povero George W. Bush, che nelle sue memorie Decision points, per ovviare ai ricordi evidentemente non troppo decisivi, ha scopiazzato i retroscena del suo stesso incontro con Hamid Karzai da un altro libro... È la risposta numero sei, che nessun professore però confermerà mai: se proprio devi fregare qualcuno, risparmia almeno te stesso.