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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

VELASCO, IL MIO IRANA

Il filosofo parte con tre libri in valigia e la maledizione di sempre: ricominciare. Julio Velasco prende un aereo oggi per Teheran e a bordo porterà i suoi 59 anni, la storia dei militari argentini, la pallavolo sudamericana, italiana, spagnola, ceca, un po´ di calcio laziale e interista e il suo nuovo iPhone («giravo con un cimelio, questo mi servirà per le email»). Sa che ci sarà un traffico balordo all´arrivo in città, lo aspetterà un autista all´aeroporto, andrà nel suo appartamento con adsl fuori dal centro ma vicino alla sua nuova vita. Il centro sportivo della nazionale di pallavolo iraniana. Dai primi di marzo quando è stato nominato ct è stata tutta una prova e un lento avvicinamento, brevi viaggi con la Lonely Planet eppure uno strano sperdimento, l´ultimo la settimana scorsa, sette giornate di smog, presentazioni, cortesie da ospite, l´intero cerimoniale in inglese con lo staff e la federazione. Le ore più lunghe e belle quelle con gli occhi muti a guardare i suoi ragazzi. «Ne ho scelti già 14, poi si aggiungeranno quelli che stanno ancora giocando i playoff». L´ora vera è adesso, mentre vola verso il paese con cui ha scelto di lavorare fino a Londra 2012 e magari fare da qui a lì ancora un´altra volta il fenomeno. «Sono stanco, ho preparato tutta la parte tecnica in inglese, però anche molto contento e carico».
L´argentino che scappò nei primi anni Settanta da La Plata perché tirava una brutta aria e andò a Buenos Aires lasciando l´università, solo sei esami gli mancavano alla laurea in filosofia, ha abbandonato la guida della nazionale spagnola da poco «perché c´erano problemi di budget, il mio stipendio si sarebbe mangiato quello di molti. Ho preferito fare un´altra scelta». Questa non è la più velaschiana tra quelle possibili, o almeno non lo è ragionando per assoluti: proprio Julio l´ex ragazzo iscritto al partito comunista argentino con un fratello sparito per due mesi, con gli amici ammazzati, con quell´orrore visto arrivare e poi visto davvero. Poggiò Platone, impugnò il pallone. Che lo rotolò fino in Italia. Divenuto prima marchigiano di Jesi per due anni dall´83 e poi tutto italiano dall´89 con l´Italvolley dei sogni (due mondiali e una scuola irripetuta, anche se senza un´Olimpiade), è diventato il maÎtre à penser della sinistra che lo ha prima interpellato perché esprimesse la sua opinione su qualunque sensibile argomento, poi l´ha corteggiato perché scendesse in campo, politico s´intende. «Ho sempre rifiutato, figuriamoci se mi metto adesso a farlo in un paese dove vado da ospite: non sono un collaboratore del governo, non avrei accettato ovvio, ma nemmeno un rivoluzionario».
Chiedetegli di Ahmadinejad, della dittatura religiosa, di questa nazione che va a rappresentare e che democrazia proprio non si può dire, e sarà il Velasco cui esce il sangue caldo del suo emisfero: «Le presunte menti libere della sinistra sono piene di ipocrisia: ero contrario al boicottaggio dei mondiali in Argentina nel ´78 quando c´erano i colonnelli e a quelli di pallavolo nell´82. Ringrazio quelli che sono venuti da noi a lavorare e a imparare come Carmelo Pittera, tutti quelli che vogliono capire anziché isolare». Non ama le sfumature Julio, preferisce la prassi, le cose come stanno: «Olimpiadi a Pechino no, ma tutti all´Expo di Shanghai senza problemi. Gli atleti ex sovietici no, sì, forse, dipende, l´America più greve del razzismo contro i neri sì? La sinistra perde alle urne perché fa gli elenchi dei buoni e dei cattivi, la cultura progressista langue perché è congelata negli automatismi e nel prestabilito». Però l´Iran non ha bisogno di molti distinguo. «Lo sport rappresenta tutte le contraddizioni di un paese e così anche la sua nazionale che è l´espressione più mista e complessa della gente che non sta in parlamento. Non gioca per il governo, gioca per tutti. Io un fondamentalista non l´ho ancora incontrato e sa, mi piacerebbe: non cerco quelli che la pensano come me, ma quelli diversi da me. Gli chiederei perché ragiona nel suo modo. Ecco, questo mi piacerebbe, che capissimo un po´ come sono davvero gli altri. Le coscienze pure io non le sopporto, sono buone solo per le cene con gli amici».
I musulmani sciiti, zoroastriani, cristiani ed ebrei, questo molto gli interessa. «Farò un corso di lingua persiana: mi hanno detto che a loro non interessa se fai errori di grammatica, l´importante è usare bene i suoni». Intanto legge: Misteri persiani di Antonello Sacchetti, L´Iran contemporaneo di Riccardo Redaelli, Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, alcune guide «e altri libri che ho ordinato su internet». E guarda: prima di lui per la nazionale iraniana ha lavorato il suo scoutman storico, lo jesino Paolo Giardinieri. «L´organizzazione funziona, gli atleti bravi, un campionato professionistico con 16 squadre, una A-2, ottimo materiale su cui lavorare. Cercherò la qualificazione olimpica e la World League». Leggere Velasco a Teheran.