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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

AMORE E PSICANALISI LE LETTERE DI BERNHARD

«Io mi trovo bene. Studio la psicologia di questa situazione eccezionale con molto interessamento». Siamo nell´estate del 1940 e la condizione a cui si riferisce Ernst Bernhard in una lettera del 6 luglio a Dora Friedländer, la compagna della sua vita, è quella di internato in un campo di concentramento fascista. Ma per il medico berlinese che si preparava ad introdurre la psicoterapia junghiana in Italia e avere pazienti illustri come Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Federico Fellini e Giorgio Manganelli, "la situazione eccezionale" non era solo un eufemismo in vista della censura, rispondeva a una precisa dichiarazione di intenti. Egli intendeva infatti conferire ordine e senso all´esperienza estrema che gli era toccata in sorte servendosene come un´occasione propizia alla riflessione, allo studio, alla maturazione spirituale.
Nei dieci mesi passati, assieme ad altri ebrei delle più varie provenienze, nel grande campo di concentramento di Ferramonti, in Calabria, Bernhard avrebbe mantenuto fede al suo proposito di progredire nel processo autoanalitico di "individuazione" ed "accettazione della sua intera personalità". Una prova certamente cruciale, di cui egli avrebbe trascritto i sogni, destinati non a caso a costituire un capitoletto della sua Mitobiografia (Adelphi, 1969), ma che possiamo ora seguire giorno dopo giorno, come un work in progress, sul filo della lettura di Tanti, tanti baci!, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), il carteggio intrattenuto da Bernhard con la Friedländer nel corso della sua detenzione, che l´editore Aragno manda in questi giorni in libreria.
Arrivati a Roma, in fuga dalla Germania nazista, nel 1937, Ernst e Dora, entrambi quarantaquattrenni, sono costretti a scriversi, per motivi di censura, in un italiano che nessuno dei due padroneggia ancora perfettamente. Le poche lettere in tedesco che figurano nel carteggio sono, al contrario, assai belle. Ma spesso è il loro stesso dialogo epistolare, intessuto di sottintesi personali, di riferimenti astrologici e di responsi dell´I Ching (il libro divinatorio cinese che Bernhard farà poi pubblicare dall´Astrolabio), a coglierci impreparati. Tuttavia se ci affidiamo alla guida appassionata e sapiente della curatrice, Luciana Marinangeli, le lettere di Bernhard riveleranno la straordinaria molteplicità di messaggi che si nascondono, come in un palinsesto, sotto l´italiano zoppicante della sua scrittura.
Vi è innanzitutto il desiderio di rassicurare la sua corrispondente sulle sue condizioni fisiche e morali, ma vi è anche la necessità di infonderle coraggio e indicarle le iniziative da prendere per ottenere la sua liberazione. Amante e allieva, Dora ha con lui un rapporto di totale dipendenza e soffre di depressione. Quella che Bernhard svolge con lei è una vera e propria terapia di sostegno a distanza: «Non devi perdere il contatto con la vita, mia carissima… prendi le cose semplicemente come sono, guardale come segni dati per farci vedere la strada giusta». I "segni" sono in primo luogo quelli inviati dalle stelle e dall´I Ching che Dora consulta ossessivamente.
Vi è ugualmente l´incessante lavoro di autoanalisi, la cronaca dettagliata del dialogo che Bernhard intrattiene con se stesso e con il mondo, alla luce di un pensiero religioso frutto di una personalissima sintesi tra Oriente e Occidente. Vi sono poi i messaggi indiretti che l´internato spera possano impressionare favorevolmente i funzionari preposti al servizio di censura del campo. Dati oggettivi come il suo distacco dall´ebraismo ortodosso e la sua apertura ai valori del cristianesimo si prestano a essere spacciati per antisemitismo. Così come il suo interesse per il mito mediterraneo della Grande Madre, che sarà più tardi all´origine di un saggio famoso, e le sue riflessioni sul concetto junghiano di inconscio collettivo gli offrono i presupposti concettuali per progettare uno studio sulla psicologia fascista.
Vi è, infine, il suo celebre intuito rabdomantico che prima ancora di fare di lui un terapeuta d´eccezione, gli avrebbe salvato la vita. Sarebbe stato infatti Bernhard a guidare passo dopo passo Dora sulle tracce di Giuseppe Tucci, il famoso orientalista che pur avendo firmato il manifesto della razza, doveva garantire per lui e ottenere la sua liberazione.