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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

IN VIAGGIO VERSO L’INDIA CON UN CONTAINER DI PASTA

Metti un piccolo produttore alimentare che ha uno stabilimento in Lombardia e non ha mai esportato. Metti un cliente, a Mumbai, che va matto per la pasta made in Italy. Metti un improvviso ordine d’acquisto per tanti pacchetti quanti ce ne stanno in 20 tonnellate. L’appassionato indiano fa sul serio. Come procedere?

Questa è la storia di un container e del suo viaggio verso l’India. Ovvero: il racconto degli oneri burocratici e delle peripezie da affrontare quando si prende in considerazione di aprire il business alle esportazioni. Sveliamo subito il finale: «Da quando si ha in mano la l’ordine della merce da parte del cliente internazionale a quando il container sbarca nel porto di Mumbai, ci vogliono 30 giorni e una spesa di 2mila dollari», sintetizza Piero Lazzeri, presidente di Fedespedi, l’associazione nazionale che riunisce circa 2.200 aziende che organizzano il trasporto merci nel nostro paese.

La prima buona notizia, per chi deve spedire la merce, è che il processo è più semplice di quel che si pensi. A cura dell’esportatore ci sono solo documenti semplici da ottenere, come la fattura di vendita, la lista di quanta e quale merce finirà nel container o il certificato sanitario - quando occorre - mentre quello d’origine emesso dalle Camere di Commercio non è più nemmeno obbligatorio. A tutto il resto pensa lo spedizioniere, anzi il facilitatore del trasporto, come Lazzeri ama definire la sua categoria, «perché spesso siamo noi ad occuparci anche di negoziare con la controparte internazionale la lettera di credito, ossia la garanzia che l’esportatore verrà pagato».

A organizzare tutto il percorso, dalla prenotazione del nolo alla consegna del container dentro cui imballare la merce, una società di trasporto ci mette in media 48 ore da quando riceve la telefonata. Un segreto? «L’ideale è chiamare di lunedì – spiega Lazzeri – così entro mercoledì sera il container è al porto. Giovedì a mezzogiorno gli armatori chiudono i cancelli e iniziano le procedure doganali: tipicamente, infatti, le navi merci partono di sabato». E qui arriva la seconda, buona notizia: una volta che il container è sigillato e sale a bordo dell’imbarcazione, e una volta che l’armatore rilascia il cosiddetto attestato di proprietà, l’azienda esportatrice ha finito il suo compito e può andare in banca a incassare l’ordine. Quel che succederà alla sua pasta, dal porto - di Genova, in questo caso - in poi, non la riguarda più.

Le nostre venti tonnellate imbarcate attraverseranno il Canale di Suez e, dopo 22 giorni circa di navigazione - perché in questo caso si è scelta una linea che non fa scali intermedi, altrimenti i tempi si allungherebbero - approderanno al porto di Mumbai, India occidentale. Qui verranno sdoganate, «le procedure indiane sono fra le più lente e complicate» ricorda il presidente Lazzeri, per poi approdare infine sulla tavola del loro acquirente ultimo.

Intoppi? L’unico che viene in mente al presidente Lazzeri, è una possibile verifica a campione al porto italiano d’imbarco: se la merce è arrivata all’ultimo momento, si rischia di perdere la nave e aspettare quella dopo. Controlli e burocrazia, dunque. Ecco i veri balzelli lungo la via del commercio estero, secondo Lazzeri. Non solo in uscita, ma anche in entrata: «Ci vogliono fino a 72 documenti per fare un’importazione nel nostro paese, e sono previsti fino a 17 controlli per categoria merceologica». Un bella gimkana.