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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

LE COOPERATIVE E LE NUOVE SIRENE DEL BUSINESS

L’interesse della cooperativa Granlatte a partecipare attraverso la controllata Granarolo alla cordata nazionale pro-Parmalat ha riportato alla ribalta ruoli, interessi e rappresentanza del mondo delle coop. Un mondo in evoluzione dopo che le centrali "rosse", "bianche" e laiche del movimento hanno convenuto di dar vita in futuro a un unico sodalizio. C’è quasi da non crederci se si considera che da oltre un secolo si sono date battaglia anche per le differenti finalità attribuite dai propri "padri fondatori".

Al volgere dell’Ottocento i democratici e i radicali consideravano infatti, alla luce dei princìpi mazziniani, l’associazione dei lavoratori in cooperative la strada maestra per una loro evoluzione sociale; i socialisti intendevano fare della cooperazione una leva contro gli agrari per l’acquisizione di affittanze collettive autogestite dai braccianti; i cattolici puntavano allo sviluppo di nuove forme di mutualità e solidarietà in linea con l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII; infine, alcuni esponenti liberali miravano ad arginare la disoccupazione nelle campagne della Bassa padana, pericoloso focolaio di tensioni sociali.

Peraltro, a spianare la strada nel 1912 al "diritto di cittadinanza" delle prime cooperative di lavoro e produzione, fu un conservatore illuminato come Luigi Luzzatti; e, l’anno dopo, a dar loro la linfa necessaria per agire, con un decreto che creò l’Istituto nazionale di credito per la cooperazione, era stato un leader liberal-progressista come Giolitti, che confidava, anche per questo, nell’appoggio dei socialisti riformisti di Filippo Turati al suo quarto governo.

Sembrò, durante il "biennio rosso" del 1919-20, che l’Istituto giungesse ad assumere addirittura il controllo della Fiat: dato che Agnelli aveva detto, nel mezzo dell’occupazione operaia delle fabbriche, che avrebbe ceduto l’azienda torinese alla Lega delle cooperative in cambio di adeguate indennità, per ricostituire un’altra azienda in Belgio o in America. Le trattative, condotte da Giuseppe Romita, non erano poi approdate ad alcun risultato. E successivamente, nel 1929, il regime fascista trasformò l’ente finanziatore del movimento cooperativo nella Banca Nazionale del Lavoro.

Dopo la Liberazione i comunisti, che in passato non avevano mai celato la loro diffidenza verso la cooperazione, in quanto la ritenevano una creatura della socialdemocrazia, se non un’espressione di paternalismo sociale, conquistarono la leadership della Lega relegando in secondo piano i socialisti. A sua volta, la Democrazia cristiana provvide a rilanciare le Casse rurali e a sostenere l’attività delle riemergenti cooperative cattoliche, care in passato al Partito popolare di Sturzo. Da parte sua il partito repubblicano ricostituì un proprio nucleo di cooperative, attive soprattutto in Romagna.

Da allora le diverse componenti del movimento cooperativo hanno agito dapprima come altrettante organizzazioni collaterali ai rispettivi partiti; poi, hanno esteso il campo d’azione dal settore agricolo a quello industriale, e dai servizi pubblici alla distribuzione commerciale; negli anni Settanta, si sono affrancate da stretti vincoli politici, ma non ancora dalla "longa manus" dei partiti negli enti locali; nel successivo decennio hanno cominciato ad adottare criteri di gestione imprenditoriali, pur non rinunciando del tutto a determinate franchigie; per candidarsi, infine, a "terzo settore" dell’economia italiana tra mano pubblica e mano privata.

Oggi quello delle cooperative è un universo composto da 43mila aziende con oltre 12 milioni di soci, che punta a un incremento di produttività (finora compensato dal contenimento del costo del lavoro) e su una competitività non più limitata al mercato interno (dove si sono avvalse da sempre di un legame storico con il proprio territorio originario). Insomma, se il seme del "mutuo soccorso" si è rivelato fertile nel corso del tempo, è venuto adesso per le cooperative, entrate nell’ambito del sistema economico italiano non più per la porta di servizio, il momento di prendere il volo lungo nuove traiettorie del business.