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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

Ecocase e rinnovabili per la ripresa – Contrapposizione o alleanza? La difesa degli ecosistemi è un costo che frena la crescita economica o un’opportunità di rilancio imprenditoriale? L’Europa ha scelto la via dell’alleanza tra natura e tecnologia puntando sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica per riconquistare competitività, spazio di mercato e coesione sociale

Ecocase e rinnovabili per la ripresa – Contrapposizione o alleanza? La difesa degli ecosistemi è un costo che frena la crescita economica o un’opportunità di rilancio imprenditoriale? L’Europa ha scelto la via dell’alleanza tra natura e tecnologia puntando sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica per riconquistare competitività, spazio di mercato e coesione sociale. Il governo italiano, dopo aver formalmente recepito le indicazioni comunitarie, ha preso la strada opposta. Prima ha provato a cancellare retroattivamente i benefici fiscali concessi a chi ristrutturava in modo ecologico la propria casa, poi ha ripetuto il blitz rinnegando, sempre retroattivamente, gli impegni assunti nel campo delle rinnovabili. Ma il sacrificio degli obiettivi di difesa ambientale comporta un vantaggio economico? Dal fiorire di iniziative alla vigilia della Giornata della Terra, il 22 aprile, emerge un quadro opposto. Al convegno «Una BlueEconomy per il Mediterraneo: l’alleanza tra natura e tecnologie low carbon», organizzato presso lo Yacht Med Festival dalla Camera di commercio di Latina, è stato fatto il punto sugli ultimi dati raccolti dalle organizzazioni internazionali sul valore degli ecosistemi in gioco e sulle possibilità offerte dall’economia verde. Secondo il Plan Bleu, l’organizzazione Unep che raccoglie gli studi sul Mediterraneo, i benefici provenienti dagli ecosistemi marini valgono 26 miliardi di euro l’anno. Dividendo questa cifra per la superficie del Mediterraneo (2,5 milioni di chilometri quadrati) si ottiene un valore superiore a 10 mila euro l’anno per chilometro quadrato. Una ricchezza di cui l’Italia dispone in dose generosa: nel nostro Paese si concentra il 35 per cento di questa ricchezza, 9 miliardi di euro. Per evitare di disperdere questo patrimonio si stanno moltiplicando iniziative dal basso mirate a permettere lo sviluppo delle fonti rinnovabili nelle piccole isole, in modo da difendere contemporaneamente il paesaggio, il clima e la capacità del paese di produrre energia. E’ un bisogno strategico — ha osservato nel suo intervento Massimo Sapienza, presidente di Asso Energie Future — perché la dipendenza dai combustibili fossili che arrivano dall’estero produce due effetti negativi: va ad aggravare la nostra bilancia dei pagamenti e fa crescere l’incertezza sulla sicurezza energetica del Paese visto che le materie prime vengono da aree politicamente instabili. «Nel 2009 abbiamo lanciato un concorso di idee per adattare le fonti rinnovabili ai paesaggi di maggior pregio», ricorda Rosalba Giugni, presidente di Marevivo. «Sono arrivate proposte straordinarie sia dal punto di vista del design che delle tecnologie: c’è anche un materiale che consente ai pannelli fotovoltaici di diventare invisibili ma di catturare lo stesso la luce». Anche ripensare in maniera radicale gli edifici — che consumano il 40 per cento dell’energia — va nella direzione di un’economia low carbon. E, per la prima volta, l’Italia è entrata nella finale delle Olimpiadi dell’architettura green con una casa nata per combattere il riscaldamento climatico. Si chiama Med in Italy il progetto che è entrato nella rosa dei 20 finalisti di Solar Decathlon, la competizione internazionale lanciata 9 anni fa dal Dipartimento Energia degli Stati Uniti. Alla maratona verde composta da 10 gare (i concorrenti si dovranno misurare in campo costruttivo, dell’architettura, dell’efficienza, del bilancio energetico, del comfort, della funzionalità, della comunicazione, della produzione e fattibilità economica, dell’innovazione, della sostenibilità) parteciperà un team composto da docenti e studenti dell’università Roma Tre e della Sapienza. Presenteranno una casa che produce sei volte più energia di quella che consuma, può essere realizzata in due giorni e montata in otto e potrebbe dunque essere utilizzata anche per far fronte a situazioni drammatiche come un terremoto o a un’ondata massiccia di migranti. In 20 anni grazie al risparmio realizzato da un edificio di questo tipo si eviterà l’emissione di 121 tonnellate di anidride carbonica: è come se chi la abita avesse piantato un piccolo bosco di 120 alberi senza aver rinunciato a nessun comfort, anzi avendo utilizzato il massimo della tecnologia disponibile. Inoltre la casa è stata progettata in modo che le pareti potranno venire riempite con materiali locali, in modo da raggiungere una buona integrazione con il paesaggio. «E’ la prima volta che una casa bioclimatica viene studiata con maggiore attenzione all’isolamento dal caldo rispetto a quello dal freddo», commenta il team leader del progetto, l’architetto Chiara Tonelli. «Noi mediterranei abbiamo una tradizione nel campo della bioclimatica che risale ai sumeri e con Med in Italy abbiamo recuperato la ricchezza di questa storia costruttiva coniugandola con le possibilità offerte dalla tecnologia moderna. E’ un binomio che, abbinato alla forte attenzione agli aspetti estetici, può permettere all’Italia di tornare a giocare un ruolo di primo piano in questo campo». Non siamo gli unici a correre in questa direzione. Secondo il rapporto pubblicato lo scorso febbraio dall’Unep, tra il 2002 e la metà del 2009 gli investimenti in energie rinnovabili sono cresciuti del 33 per cento l’anno: nel 2010 si sono sfiorati i 200 miliardi di dollari. «Uno dei temi di cui si discuterà alla conferenza Rio più 20 che si terrà nella città brasiliana a vent’anni dall’Earth Summit, è la necessità di riorientare la grande mole di sussidi che, ancora oggi, vanno a sostenere politiche poco sostenibili come l’agricoltura ad alto impatto chimico, la pesca di stock in via di estinzione, i combustibili fossili», ha ricordato al meeting di Gaeta Paolo Soprano, direttore per lo sviluppo sostenibile del ministero dell’Ambiente. «Nel 2009 solo i sussidi per favorire l’impiego di combustibili fossili ammontavano a 312 miliardi di dollari contro i 57 miliardi messi a disposizione delle fonti energetiche rinnovabili».