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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

IL PRESIDE DI JAMILA E GLI IMMIGRATI: «HO AIUTATO UNA RAGAZZA AD ABORTIRE» —

Nicola Scanga è minuto e febbricitante. È un preside di frontiera e non gli dispiace. Nell’istituto professionale che dirige, qui a Brescia, a settembre gli iscritti erano 1.400, ora frequentano in 890. È la stessa scuola dove stamattina è atteso il rientro in classe di Jamila, la diciannovenne pachistana costretta a restare a casa perché troppo bella. Lui ammette: «Non voglio minimizzare la storia di Jamila, ma non è neppure la più drammatica di quelle che viviamo ogni giorno» . Ci racconta altre storie, allora, scelte a caso, così come vengono, davanti a un tè caldo che gli ristora appena la gola. «A ottobre Danuwa (nome di fantasia, come tutti gli altri che seguiranno, ndr), una minorenne di colore, ci ha confidato che era incinta. Voleva abortire senza dirlo ai genitori. Abbiamo chiamato il giudice e lui ha dato il consenso. All’ospedale l’ha accompagnata una mia assistente» . Parla a braccio, Nicola Scanga, nel suo completo preciso con la camicia a quadretti beige e la cravatta in tinta. Poeta, artista, suo malgrado un po’ padre degli studenti. «Sono contrario a questa confusione di ruoli. Ma ho imparato che bisogna saper decidere volta per volta ed è prezioso stabilire un rapporto di fiducia» . Achala, per esempio, lo considera un padre. Lo scrive nella lettera piegata in quattro che il preside tiene in mano. «È indiana, ha problemi di anoressia. Ha avuto una relazione clandestina con un giovane uomo, indiano come lei, che è dovuto tornare in patria a sposare la donna che gli era stata assegnata. Achala non è più vergine, significa che non potrà mai essere data in moglie» . Anche Kuldev è indiano e ha 16 anni. Qualche settimana fa è arrivato a scuola pieno di lividi. È stato portato in Pronto Soccorso, prognosi cinque giorni. Il preside non ha sporto denuncia, ha preferito parlare con il padre. «Non volevo che restasse senza lavoro. Quando è venuto a parlarmi si è giustificando dicendo che era stata la moglie a colpire Kuldev durante un attacco di epilessia. Ma ho visto il figlio piangere. Vuole frequentare una ragazzina italiana e i genitori non sono d’accordo» . Le parole arrivano con pudore, ma senza tentennamenti. Questo è l’istituto professionale di Brescia, questi sono gli studenti, 30%stranieri, soprattutto pachistani, indiani, cinesi, maghrebini, marocchini. «Fino all’anno scorso avevamo uno sportello fisso dei sevizi sociali. Sparito con i tagli. Ora c’è uno psicologo due volte alla settimana finanziato dall’Asmea, l’azienda di gas ed elettricità. Lo aiutano la vicepreside Simonetta Vale e la professoressa Pina Lappano» . Lucia è italiana e ha segni di frustate sul corpo. «Ieri abbiamo convocato la famiglia. Nessuna risposta. Domani (oggi, ndr) sarà la prima cosa di cui ci occuperemo» . Ju è cinese e vive da solo. A scuola la mattina, al lavoro la sera. Adesso non più, «è sparito» . «Ho fatto la segnalazione, nessuna notizia» . Isabel è sudamericana. Violentata ripetutamente dai fratelli, ora vive in una casa famiglia grazie alla denuncia del preside. Andriy è albanese. Sua mamma una volta ne ha giustificato l’assenza ammettendo di non avere i quattro euro per il pullman. «Se non hanno i soldi per un giorno come possono acquistare l’abbonamento da 70 euro di un mese?» . L’altra settimana all’uscita dalla scuola i ragazzi si sono picchiati. Alcuni, ubriachi, avevano infastidito le femmine e i compagni hanno reagito. Etnie contro etnie. Nicola Scanga è stanco, quando va via: «Se c’è un’ora buca chiedo al bidello di buttare un occhio, non ho altre risorse. E spero sempre che non succeda niente» .
Elvira Serra