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 2011  aprile 18 Lunedì calendario

TUTTO IL POTERE AI NONNI DELLA REVOLUCION —

«Abbiamo provato a far largo a una nuova generazione, ma finora non c’è andata bene» , ha detto Raúl Castro (80 anni), mentre annuivano di bianco vestiti i suoi vice José Machado Ventura (80) e Ramiro Valdés (79). Loro due nella sala del congresso, più il fratello Fidel (84 anni) certamente incollato alla tv in casa: unico pensionato ufficiale della vecchia guardia. Riferimento fin troppo chiaro, quello di Raúl, all’ultima clamorosa epurazione del 2009, quando con una mossa che ricorda gli anni finali dell’Urss, Cuba mise da parte i due giovani rampanti Carlos Lage e Felipe Pérez Roque e richiamò i vecchi della Revolución. «Sedotti precocemente dal dolce miele del potere» , sentenziò Fidel a proposito dei due, cacciati in malo modo. Peccato, aggiunse. Oggi la Cuba del 6 ° Congresso del Pcc promette di nuovo il rinnovamento e lo fa attraverso regole scritte, con la proposta di limitare a due periodi di cinque anni qualunque carica elettiva dello Stato e del partito. Cosa significhi in pratica non è chiaro. Raúl è ufficialmente al vertice da tre anni, se ne andrà dunque nel 2018? Oppure il decennio comincia adesso? A fare due conti, l’eterno ex numero due di Cuba ha ora la possibilità di tirare i 90 anni al potere, salute permettendo. Il calcolo anagrafico suscita una comprensibile ironia, alla luce delle dure parole di Raúl, pronunciate ieri in apertura del Congresso, su tutte le inefficienze di Cuba e la necessità urgente di porvi rimedio. A tratti — ascoltando termini come inerzia, burocrazia, eccesso di centralismo — è sembrato che Raúl si volesse spingere addirittura fino a mandare in soffitta il mezzo secolo di gestione del celebre fratello. Ma così non è. Il socialismo a partito unico resta al suo posto, le aperture all’iniziativa privata non superano i piccoli esperimenti di botteghe artigianali e baretti, e i cubani non sanno nemmeno se a congresso ultimato verranno autorizzati a comprare e vendere una casa o un’automobile. La colpa della stagnazione economica, casomai, è dei quadri intermedi del potere e dello stesso popolo cubano, che non ha saputo mettere in pratica le volontà dei vertici, ha gridato Raúl. Perché persino i precedenti congressi del Partito, l’ultimo 14 anni fa, avevano stabilito i lineamenti per far andare meglio le cose. Persino la stampa cubana è finita sotto accusa, perché non stimola abbastanza le critiche costruttive e i cambiamenti. Altra osservazione che i critici del regime hanno accolto con comprensibile ironia. Il Congresso prosegue da oggi a porte chiuse, Raúl Castro ha garantito a tutti i delegati la possibilità di intervenire e proporre emendamenti alle proposte. Si parlerà soltanto, o quasi, di economia. Ma è difficile che dal documento finale sorgano quelle novità che il discorso di apertura non ha offerto. Tranne, appunto, ulteriori e piccoli ritocchi all’egualitarismo comunista in tema di piccole proprietà. Non una parola è uscita finora su un’altra grande richiesta dei cittadini, la libertà di viaggiare all’estero. La sparuta dissidenza cubana tace o è scettica, non si aspetta nulla di decisivo. L’impressione generale è che la generazione dei «nonni» voglia portarsi il potere fino al letto di morte e intanto prende tempo. Il quale, ovviamente, non è moltissimo.
Rocco Cotroneo