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 2011  gennaio 23 Domenica calendario

L’attesa in preghiera “Ho già pronta la borsa” - Rilassati, togliti la cravatta». Totò Cuffaro obbedisce: sfila l’abito scuro di taglio elegante, quello buono per i velluti del Senato o di Palazzo d’Orléans

L’attesa in preghiera “Ho già pronta la borsa” - Rilassati, togliti la cravatta». Totò Cuffaro obbedisce: sfila l’abito scuro di taglio elegante, quello buono per i velluti del Senato o di Palazzo d’Orléans. I carabinieri del Ros stanno arrivando: laggiù, a Rebibbia, lo sa bene il suo avvocato quanto sarà meglio un maglione caldo, un paio di jeans comodi. La vita di un potente cambia così, all’una del pomeriggio di un giorno gelido di pioggia. «Ci vediamo domani», lo saluta venerdì sera il suo maestro politico, Calogero Mannino. Una chiacchierata tra amici, la speranza di rivedersi l’indomani come un giorno qualunque accesa da quella richiesta del Procuratore generale, far cadere l’aggravante di favoreggiamento alla mafia. «Ha da passa’ a nuttata»: sarà lunga e fredda, la vigilia della sentenza, per l’ex presidente siciliano che già d’abitudine dorme poco. Come sono lontani i cannoli della condanna di primo grado, nell’attesa della Cassazione. Una rassegna stampa veloce, tra i giornali che parlano del suo travaglio. Poi, mentre i giudici stanno chiusi in Camera di Consiglio, lui nel cuore di Roma si confonde tra i turisti del sabato mattina, con due amici e un collaboratore attraversa poche centinaia di metri, passa accanto al Pantheon, l’obelisco di Bernini, si infila nella grande basilica di Santa Maria sopra Minerva. Una, due, tre ore di preghiera raccolto in un banco in fondo alla chiesa. Quando rientra a casa, poco prima del verdetto, Salvatore Cuffaro è un ex deputato Dc, è l’ex presidente della Regione Sicilia incoronato da un milione e mezzo di voti, ma è ancora senatore. «Mancano cinque minuti», gli dicono, «sono usciti dalla Camera di consiglio». Aspetta con lui la moglie Giacoma, il figlio Raffaele che studia per diventare medico come mamma e papà. Sette anni di reclusione. La condanna arriva al telefono, dalla voce triste degli avvocati, e al telefono è lui ad avvertire la figlia maggiore, Ida, prima di spegnere definitivamente il display. «La borsa ce l’ho già pronta», esorcizzava la paura nei giorni scorsi, parlando con Mannino. Ai collaboratori diceva: «Se mi condannano, portatemi tanti libri». E davanti al loro disorientamento: «Forza, su, così avrò tempo di leggere tutto quello che non sono riuscito a leggere finora», scherzava. Ora mette in una borsa la Bibbia, il Vangelo, libri sulla vita dei Santi. Porta con sé il rosario, «il Signore mi ha dato questa prova, la devo affrontare», abbraccia l’amico Saverio Romano, deputato e siciliano come lui. Non c’è voglia di mangiare nulla, «speriamo che almeno abbia cenato, là», sussurra sconsolato un amico. Porta con sé «La fattoria degli animali» di Orwell, e una pila di libri, «se sarà una condanna, i libri ti serviranno, perché la cosa più importante è l’energia morale», consigliava Mannino, 23 mesi di carcerazione preventiva prima dell’assoluzione. «Vado a costituirmi a Rebibbia», ha la voce rotta ma l’orgoglio saldo quando esce di casa, «adesso affronterò la pena come è giusto che affronti un uomo che ha servito le istituzioni e che in questo momento viene messo a sopportare questa prova. È giusto che sia così. L’ho lasciato come insegnamento ai miei figli». Lo vengono a prendere i carabinieri: devono andare alla stazione Farnese, qualche altro centinaio di metri più in là, il momento più traumatico e difficile nella Roma più bella e affollata. «Sono stato un uomo delle istituzioni, ho avuto un grande rispetto per la magistratura. Questa prova non è stata e non è facile da portare avanti ma ha rafforzato in me il rispetto delle istituzioni. La magistratura è una istituzione quindi la rispetto anche in questo momento di prova, ha accresciuto in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede. Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perché ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna». Fila via l’auto dei carabinieri, a bordo l’ex governatore Totò Cuffaro. A Rebibbia lo aspetta la sua prima notte in una cella singola, reparto G12 del piano terra. Alle guardie penitenziarie ancora un sospiro: «Voglio affrontare il carcere con tranquillità».