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 2011  gennaio 22 Sabato calendario

GLI STATI POSSONO FALLIRE? L’AMERICA ADESSO CI PENSA —

Negli Usa tira aria di cure antideficit lacrime e sangue. Un brutto vento che spira soprattutto per i dipendenti pubblici federali e degli enti locali americani (personale di municipi, ministeri e agenzie, insegnanti, pompieri, poliziotti) per i quali si delinea un drastico taglio degli organici e un ancor più drastico ridimensionamento dei trattamenti previdenziali. A pochi giorni dal discorso sullo Stato dell’Unione nel quale il presidente Barack Obama dovrebbe affrontare il tema delle misure necessarie per evitare che l’America finisca nel gorgo di una crisi fiscale senza rimedi, al Congresso risuona alto l’allarme per l’emergenza della finanza pubblica: sia quella federale che quella di Stati e città. Con lo stock del debito raddoppiato dopo la crisi finanziaria del 2008 e il deficit federale che da tre anni viaggia intorno al 10 per cento del Pil, è venuto il momento di adottare misure che, anche se non impongono tagli immediati che strangolerebbero la ripresa, tranquillizzino i mercati con interventi pluriennali incisivi. Fin qui i tagli sono stati invocati da tutti (e soprattutto dai conservatori dei Tea Party) senza mai entrare, però nel dettaglio delle cose da fare. Ma ormai, con una situazione prossima al punto di rottura, non si può più nascondere la testa sotto la sabbia: prima sono arrivati i suggerimenti della Commissione «bipartisan» nominata da Obama. La sua terapia — dura, ma per molti ancora insufficiente— è stata approvata dalla maggioranza dei commissari, ma è rimasta lettera morta. Adesso, però, in attesa dell’iniziativa del presidente, vengono allo scoperto i repubblicani della Camera dei Rappresentanti con un piano antideficit che punta a ridurre il debito pubblico di ben 2500 miliardi di dollari nell’arco di dieci anni. Come? Con tagli molto pesanti in aree sensibili come la scuola, la sicurezza interna, i trasporti, la giustizia. Si salverebbero solo i militari, vista la priorità data al mantenimento del ruolo strategico dell’America nel mondo, le pensioni pubbliche (peraltro molto limitate nel sistema Usa) e gran parte dei trattamenti sanitari federali per gli anziani (il sistema Medicare). Tagli drastici, invece, per il personale delle amministrazioni pubbliche (meno 15 per cento), per le spese assistenziali, la sanità per i poveri (Medicaid), gli aiuti all’estero e quasi tutti i tipi di sussidio: da quello alle ferrovie (Amtrak) ai contributi per la metropolitana di Washington. Un piano che non passera in questi termini (non piace nemmeno a molti repubblicani del Senato), ma che spinge Obama ad agire. Gli scricchiolii più sinistri sono, però, quelli che vengono dalla finanza locale. La crisi, che ha fatto crollare le entrate fiscali di città e Stati (largamente basate su un patrimonio immobiliare il cui valore si è ridotto di molto), ha fatto scivolare molte amministrazioni in una condizione finanziaria disperata. L’Illinois, lo Stato di Obama, è sull’orlo del fallimento, ma molti altri grandi Stati— dalla California a New York — non stanno messi meglio. A differenza delle città, però, gli Stati, nel sistema americano non possono dichiarare «default» . Che fare? Fin qui i governatori hanno tagliato dove hanno potuto: servizi pubblici e anche molti dipendenti. Ma i buchi rimangono enormi e il più grande di tutti è quello dei sistemi pensionistici per il personale amministrativo, sottocapitalizzati per varie centinaia di miliardi di dollari. Una bomba a orologeria che scoppierà— nessuno sa esattamente quando— col ritiro dal lavoro della generazione del «baby boom» , i 78 milioni di americani nati tra il 1946 e il ’ 64. Ora, però, per la prima volta si comincia a parlare di misure davvero drastiche: interventi d’emergenza come quello che fu adottato nel 1975 per salvare la città di New York dal «crac» o, addirittura, la bancarotta degli Stati. Fin qui nessuno ha presentato in Congresso una proposta di legge che consenta ai governatori di dichiarare fallimento. Un’inchiesta del «New York Times» rivela, però, che il tema negli ultimi mesi è stato ampiamente dibattuto dai parlamentari dei due fronti, ed è stato discusso pure con la Federal Reserve, la Banca Centrale: si è evitato di dare pubblicità alla cosa per non innervosire i mercati finanziari che hanno assorbito — assieme ai Bot federali — una gran mole di titoli del debito pubblico dei singoli Stati. Ora, però, si avvicina la resa dei conti: se non sarà bancarotta, si pensa quantomeno di creare una sorta di «regime emergenziale» che consenta ai governatori di rivedere a fondo i trattamenti previdenziali del personale pubblico, assai onerosi ma oggi intoccabili perché protetti dalle costituzioni dei singoli Stati.
Massimo Gaggi