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 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

PASSO LENTO PER LA MUSICA DIGITALE

La musica digitale cresce ancora ma rallenta il passo, senza colmare la solita voragine di mancati introiti che il "cocktail" avvelenato di pirateria e disaffezione dal compact infliggono anno dopo anno all’industria delle note (-31% il declino in valore della musica registrata su supporto nel periodo 2004-2010). A fotografare la salute del comparto è il Digital music report 2011 messo a punto dalla International federation of the phonographic industry (Ifpi), l’associazione internazionale che raccoglie 1.400 iscritti in tutto il mondo, tra i quali l’italiana Fimi.

Nel 2010 i ricavi generati dalla vendita di musica digitale sono cresciuti del 6% a quota 4,6 miliardi di dollari, attraverso le oltre 400 piattaforme online legali. Il punto è che nel 2009 il fatturato della cyber-musica era salito del 9% e l’anno primo lo scatto in avanti era stato addirittura del 30 per cento. Qualcuno interpreta questo dato come l’inizio della maturità della musica "liquida", anche se in realtà la percentuale di ricavi generati dal digitale sul totale è del 29%, contro il 39% del gaming.

Eppure sono ormai oltre 13 milioni le tracce disponibili a livello mondiale negli store virtuali, una "parco" di contenuti che ha permesso, nel giro degli ultimi sei anni, un incremento del 1000% dei ricavi derivanti dalla musica online, anche se ovviamente il valore iniziale era molto, molto basso. La crescita delle sette note in digitale ha coinvolto anche l’Italia dove, nell’ultimo anno, i download sono stati 12 milioni con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente.

«Molti governi si stanno rendendo conto che è fondamentale attuare dei provvedimenti che siano in grado realmente di ridurre l’impatto della pirateria – spiega Frances Moore, amministratore delegato di Ifpi – e nell’ultimo anno Francia e Sud Corea hanno promosso azioni incisive, chiedendo la collaborazione degli internet provider al fine di ridurre il fenomeno dell’illegalità in rete. E simili azioni sono in corso in Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Malesia. Anche l’Europa sta rivedendo le proprie norme in materia di tutela del copyright e questo non può che costituire un elemento di ottimismo».

In questo contesto l’Italia, come ricorda la Fimi, sta facendo la sua parte. «Vale la pena sottolineare infatti la consultazione lanciata dall’Agcom su una procedura in sede amministrativa – racconta Enzo Mazza, presidente della Federazione industria musicale italiana – che di fatto permette di impedire l’accesso a siti che consentano il download illegale e a siti che indicizzano file illeciti così come avvenuto in sede penale con Pirate Bay».

La pirateria, appunto. Secondo l’Ifpi nel periodo 2008-2015 ammonterebbe a 240 miliardi di euro la perdita cumulata complessiva dell’industria europea, colpita proprio dalla concorrenza sleale del peer-to-peer, mentre sono 1,2 milioni i posti di lavoro persi sempre in otto anni.