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 2011  gennaio 22 Sabato calendario

«UNA BABELE DI COMPETENZE»

Con l’inizio del 2011 si è chiuso il primo decennio del nuovo millennio anche per il mercato immobiliare. Dieci anni ricchi di spunti, di novità, che hanno visto crescere i valori del mattone ma anche la trasparenza del settore. È tempo quindi di previsioni, ma anche di bilanci, per capire dove intervenire per superare l’attuale empasse del comparto.

Gualtiero Tamburini, presidente di Assoimmobiliare e da qualche mese di Federimmobiliare, neonata associazione del comparto, traccia con noi una lista di impegni per il prossimo anno e di appuntamenti che i protagonisti del settore e della politica non potranno mancare.

Come si presenta, sulla carta, il 2011 per il mattone?

Il mercato dalla metà del 2010 sta dando segnali di risveglio e gli ultimi mesi sono stati moderatamente positivi con un ritorno degli investimenti privati. Langue però lo sviluppo immobiliare per via delle incertezze associate all’andamento dell’economia mentre l’investimento finalizzato all’allocazione immobiliare per recepire un reddito sta andando bene. L’investimento immobiliare garantisce ancora la differenziazione del patrimonio e la stabilità, due caratteristiche che ne fanno uno degli indirizzi classici tra le modalità di impegnare il risparmio.

Quindi il futuro sarà più roseo del recente passato?

Purtroppo non siamo tornati ai livelli pre-crisi. La tenuta nel 2011 è legata alla congiuntura economica. L’Italia arranca, i tassi di crescita sono tra i più bassi, mentre per dare spazio allo sviluppo bisogna innescare meccanismi virtuosi. L’immobiliare, in genere, segue gli altri settori.

Quale sarà il ruolo delle associazioni, e in particolare penso a Federimmobiliare, nata di recente, nel rilancio del settore?

Abbiamo molte iniziative in fase di studio. In questi giorni sono state confermate adesioni che erano, per così dire, sulla porta come quella di Anaci. Pertanto le sigle sono diventate 15 da 12. Abbiamo partecipato alla manifestazione del dicembre scorso organizzata dagli Stati generali delle costruzioni. Al momento stiamo pensando di realizzare, grazie alle competenze degli associati, un rapporto periodico sul comparto, il primo potrebbe essere pronto a fine anno. Ma pensiamo anche di organizzare convegni, tra l’altro sotto l’egida delle Nazioni unite, che hanno una sezione dedicata alla stabilità e allo sviluppo del mercato immobiliare e che la prossima estate si presenterà per il primo appuntamento in Italia.


Quali sono le emergenze che siete chiamati ad affrontare?

Puntiamo a diventare un interlocutore sempre più serio e forte per intervenire nella definizione degli interventi normativi. Il quadro delle norme per l’immobiliare in Italia è, infatti, tutt’altro che positivo.

Questa è una delle emergenze più pressanti?

C’è una grande confusione di competenze sull’immobiliare tra stato, regioni, comuni e così via. Sarebbe auspicabile un’opera di razionalizzazione. Non solo. Sono necessari anche interventi settoriali specifici. Si parte da una questione come quella relativa alla cedolare secca sugli affitti che coinvolge solamente le persone fisiche e che andrebbe invece affiancata da veicoli fiscali che parifichino le agevolazioni anche per soggetti non privati. Non è differenziando i trattamenti che si pongono le basi per attirare investimenti di lungo periodo.

Anche l’impostazione delle regole per l’acquisto della prima casa secondo voi andrebbe rivista?

Senz’altro. Andrebbe ripresa in mano l’ipotesi di riforma della fiscalità immobiliare in toto. Si tratta di ipotesi sul tappeto da tempo. A questo si affiancano problemi più recenti come la riforma dei fondi immobiliari messa sul tappeto a luglio 2010 e non ancora definita.

A che punto siamo?

Bisogna ancora capire un tema che fa da sfondo alla riforma, ossia domandarsi se al paese serve o no avere strumenti quali i fondi immobiliari, le Siiq e così via. Una volta capito che queste formule di investimento sono necessarie, bisogna fare in modo di renderle tali da favorire l’investimento internazionale e di lungo periodo, e non di essere funzionali a operazioni di «mordi e fuggi».

La polemica sulle nuove norme per i fondi immobiliari non si spegne. Cosa succederà nei prossimi mesi?

Siamo ancora in attesa del regolamento definitivo che da luglio deve essere pubblicato e che ancora non è stato reso noto. Sono passati più di sei mesi in una fase di incertezza che di fatto ha fatto tirare il freno al mercato. Poche sono le operazioni concluse in questo clima. A luglio è stata resa nota la norma primaria, ossia l’articolo 32 della manovra correttiva, ma a oggi nessuno ha chiarito cosa veramente dobbiamo aspettarci da queste novità.

Qual è il motivo del ritardo?

Ci sono diverse istanze che si contrappongono in modo non esplicito. La formazione del regolamento, invece, dovrebbe essere trasparente.

Immagino che il problema sia anche farsi ascoltare da un mondo politico oggi preso da altre faccende.

I tempi resteranno comunque lunghi perchè il regolamento uscirà in consultazione e poi i diversi soggetti potranno esporre pareri e richieste. Ora come ora frenare questo settore ha significato solo penalizzare il nostro paese. Anche sotto il profilo dell’immagine che abbiamo all’estero. C’è sconcerto tra gli investitori internazionali, che temono cambiamenti di regole in corso d’opera. È difficile far digerire agli investitori esteri questo genere di cambiamenti, e soprattutto l’incertezza nella quale ci troviamo al momento.

Qual è il suo parere sull’housing sociale? È davvero un possibile motore della crescita, come sostiene anche l’Ance?

Credo che anche in questo campo sia importante realizzare un aggiustamento normativo in modo da far fluire capitali privati verso i progetti di housing sociale. È interessante il progetto della Cassa depositi e prestiti come fecondatore di iniziative sul territorio. Questa però non è la condizione sufficiente. I progetti, che riguardano sostanzialmente la classe intermedia, dovrebbero essere tali da invogliare gli investitori privati a impegnare i propri capitali con ritorni interessanti. È una grande occasione, comunque, per fare un lavoro importante di riqualificazione del territorio, il contenitore ideale dei progetti è poi proprio il fondo immobiliare. In questo contesto si inserisce la proposta del sindaco di Roma di rifare Tor Bella Monaca, trasformare un quartiere degradato in un’area piacevole dove vivere.

Quali altri spazi ci sono per far ripartire il settore?

In primis le privatizzazioni. Le ferrovie, la Difesa, ma anche i comuni hanno un considerevole patrimonio immobiliare che potrebbe andare sul mercato per richiamare capitali privati e fare da voláno agli investimenti. Un’opportunità per rimettere in circolo denaro. Penso alle aree di parcheggio dei mezzi dell’Atm, sempre in aree centrali, ai mercati comunali e ad altre strutture immobiliari che potrebbero essere riconvertite o restaurate.

Come si spiega, però, il fallimento delle aste del Demanio?

Queste operazioni si sono scontrate con una congiuntura negativa. Bisognerebbe cambiare il meccanismo d’asta ma anche le possibilità di variare la destinazione d’uso.