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 2011  gennaio 22 Sabato calendario

LA FARFALLA DELLE IMPRESE, LA RETE DEL FISCO E LA CASSAZIONE

Un segnale di buon senso da parte della magistratura. E un punto a favore di un buon uso del diritto. Contestare l’utilizzo illecito di forme giuridiche legali ha certo un significato in ambito fiscale, se si punta a contrastare benefici non dovuti. Ma il cosiddetto «abuso del diritto» che da qualche tempo interroga operatori e professionisti e solletica gli interpreti non può diventare il grimaldello attraverso il quale permettere all’amministrazione finanziaria di contestare operazioni che molto hanno a che fare con la libertà d’impresa e poco con l’intenzione elusiva.

La Cassazione, che nel recente passato aveva aperto la strada alle posizioni più oltranziste del Fisco, adesso dimostra almeno un ripensamento. E aggiusta la sua linea, mettendo un freno all’ufficio fiscale che non solo contestava un’operazione di ristrutturazione societaria, ma ne suggeriva anche, lasciano capire i giudici, un’altra più opportuna.

I giudici si dicono consapevoli della labilità del confine tra pianificazione fiscale aggressiva, da scoraggiare se va oltre i limiti, e libertà di scelta da parte dell’imprenditore. Tanto più se ci trova in presenza di un gruppo d’imprese e l’operazione sotto la lente non ha natura solo finanziaria ma punta a una maggiore efficienza. Si tratta di problemi comuni a tutti gli ordinamenti giuridici occidentali, costretti a fare spesso il conto con una codificazione non sempre esattamente al passo con i tempi. Ma i ritardi non possono diventare alibi per entrate a gamba tesa che rischiano di compromettere principi come la libertà d’impresa e di iniziativa economica, oltretutto riconosciuti dalla Costituzione. Altrimenti il pericolo è quello di entrare in un campo, anche questo inedito, quello dell’abuso dell’abuso di diritto, in una teoria dagli scivolosi effetti pratici e dall’incerta prospettiva giuridica. • FRENATA SULL’ABUSO DEL DIRITTO - Un freno all’abuso del diritto. È quello messo dalla Corte di cassazione a presidio dei principi di libertà d’impresa e di iniziativa economica. La Corte, con la sentenza n. 1372 della Sezione tributaria, depositata ieri, è intervenuta per bocciare le contestazioni fatte dall’amministrazione finanziaria a un’operazione di riorganizzazione societaria, chiarendo, tra l’altro che, in tema di abuso del diritto si tratta di verificare se l’operazione rientra in una normale logica di mercato e che «il carattere abusivo deve essere escluso per la compresenza non marginale di ragioni extra fiscali che non si identificano necessariamente in una reddittività immediata dell’operazione, ma possono essere anche di natura meramente organizzativa e consistenti in un miglioramento strutturale e funzionale dell’impresa».

La Cassazione, richiamando l’applicabilità della disciplina sull’abuso del diritto, premette che possono essere considerate come abusive, e di conseguenza contestate dall’amministrazione finanziaria, quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto italiano o comunitarie sono realizzate con l’obiettivo di ottenere un beneficio fiscale non dovuto, contrastante «con la ratio delle norme che introducono il tributo e prevedano esenzioni o agevolazioni. In altri termini il carattere abusivo è escluso soltanto dalla presenza di valide ragioni extra fiscali».

A proposito dell’operazione messa sotto osservazione da parte del Fisco, la Cassazione osserva ancora che è onere dell’amministrazione finanziaria spiegare, anche nell’atto impositivo, perché la forma giuridica impiegata ha un carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, mentre è invece a carico del contribuente la dimostrazione di contenuto economico diverso dal semplice risparmio fiscale. Un regime che, sottolinea la sentenza, costituisce applicazione dei principi di libertà d’impresa e di iniziativa economica, assicurati dalla Costituzione insieme con la piena tutela giurisdizionale del contribuente. Una posizione che, però, non deve rappresentare un cedimento rispetto a tentazioni e progetti elusivi. Va infatti trovato un giusto bilanciamento, riconosce la Corte, «tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attività d’impresa». Un’esigenza che, prova a inquadrare la Cassazione, è oggi particolarmente sentita visto che «si assiste a un uso sempre più disinvolto dei cosiddetti tax shelters». È così comune a tutti gli ordinamenti giuridici occidentali la ricerca di adeguate forme di contrasto anche al di fuori della codificazione di una clausola generale antiabuso.

La cautela quindi con cui procedere nella materia deve essere massima quando non si tratta di operazioni solo finanziarie (e qui la Corte ricorda il dividend washing e il dividend stripping), ma di vere e proprie ristrutturaizoni societarie soprattutto quando queste riguardano, come nel caso approdato in Cassazione, grandi gruppi d’imprese ai quali va riconosciuta una specificità rispetto alle condotte del singolo imprenditore. Lo stesso diritto comunitario, conclude la pronuncia, assicura, nell’ambito della disciplina del diritto di stabilimento, un’ampia possibilità di scelta tra le diverse forme in cui può essere esercitata l’attività d’impresa. L’amministrazione finanziaria oltrettutto non aveva sostenuto il carattere artificioso dell’operazione, ma, piuttosto, che lo stesso risultato poteva essere conseguito attraverso una diversa formula organizzativa, una fusione. Ma, scrivono i giudici, «il sindacato dell’amministrazione finanziaria non può spingersi a imporre una misura di ristrutturazione diversa da quelle giuridicamente possibili (e cioè una fusione) solo perché una misura avrebbe comportato un maggiore carico fiscale (...)».