Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

CERCASI BESTSELLER. MEGLIO SE POSTUMO

Industria del postumo, avanti tutta. Ci sono gli autori di nicchia che da morti diventano di culto, i collezionisti di rifiuti editoriali tramutati in bestselleristi post mortem, i signori delle classifiche che continuano a regnare anche dall’aldilà. Nell’industria editoriale degli ultimi tempi gli autori più vivi sembrano quelli morti. Letteratura alta, di intrattenimento, seriale, la tendenza sembra essere questa, senza tante distinzioni. Aggrapparsi a ogni nota rimasta, a ogni file incompiuto, aprire ogni possibile cassetto è diventata la regola di agenti ed editori. Nel 2009 è uscito L’isola dei pirati (edito in Italia da Garzanti), il romanzo ritrovato nel computer di Michael Crichton all’indomani della sua scomparsa. Un’opera giudicata mediocre dalla critica americana che ha suggerito che lo scrittore non avesse voluto pubblicarla proprio perché insoddisfatto. Forse per la fredda accoglienza al romanzo, Harper Collins ha spostato al 2012 l’uscita di un altro libro, rimasto a un terzo della stesura, inizialmente programmato per la fine 2010, un giallo hi-tech che verrà ultimato da un altro scrittore. Crichton ha lasciato anche numerosi canovacci, ma se non è rimasto proprio nulla, niente schede, niente abbozzi, si possono arruolare, con l’imprimatur degli eredi, scrittori supplenti in toto, come Jeffery Deaver incaricato di proseguire la saga di James Bond o Anthony Horowitz, sostituto di Arthur Conan Doyle nel proseguimento delle avventure di Sherlock Holmes. Se sia giusto o meno pubblicare opere rimaste nei cassetti è una questione su cui si è sempre discusso molto. Ormai nessuno ha più dubbi sul fatto che Max Brod, l’amico a cui Kafka aveva chiesto di distruggere le sue carte, abbia fatto bene a non seguire le volontà dello scrittore e a pubblicare i suoi capolavori. Dai cassetti sono usciti grandissimi autori, ignorati in vita, come Guido Morselli, pubblicato da Adelphi per la prima volta nel ’ 74, un anno dopo la morte. Così come la figlia di Irène Némirovsky ha salvato il manoscritto di Suite francese (pubblicato nel 2004) e una serie di minute e appunti della scrittrice uccisa ad Auschwitz. Salvataggi miracolosi e preziosi. Più controversa è stata la pubblicazione di L’originale di Laura, il romanzo (anzi, per la verità, 138 schede scritte a matita) che Nabokov aveva chiesto esplicitamente alla moglie Vera di bruciare e che invece il figlio Dmitri ha deciso di pubblicare. Così come pubblicherà, nel 2012, «La tragedia del signor Morn» , dramma teatrale in cinque atti sul potere e l’amore scritto nel 1923 dall’allora ventiquattrenne autore di «Lolita» , uscito dalle casseforti della Library of Congress. A volte tuttavia la pubblicazione non aggiunge nulla alla conoscenza di un autore, diventando una sorta di feticcio per fan un po’ maniaci (impressione che si ha leggendo Dove lei non è, diario del lutto scritto da Roland Barthes dopo la morte della madre, veri e propri appunti in libertà, senza nessuna elaborazione). Negli Stati Uniti uno dei casi editoriali degli ultimi mesi è stata l’uscita nelle edizioni della Università della California dell’autobiografia a cui Mark Twain (1835-1910) dedicò l’ultima decade della sua vita. Un diario rimasto in sonno per cent’anni su esplicita richiesta dell’autore che temeva di urtare la sensibilità di parenti e amici colpiti dalla sua penna caustica e che voleva parlare liberamente (e in modo politicamente scorretto come era sua abitudine) di politica e religione (nel testo, per esempio, definisce assassini i soldati americani). Vanitoso e lungimirante, Twain dimostra anche di essere consapevole che il mondo editoriale di allora non era ancora pronto per operazioni di «gossip culturale» come quello che lui praticava nell’autobiografia. «Tra un secolo ci sarà un mercato per questo genere di scritti. Non c’è fretta» scrive in un appunto. E aveva ragione, considerato che a fine 2010 il libro è stato al primo posto della lista dei bestseller del «New York Times» . Uno dei fenomeni più significativi di questi ultimi mesi si chiama Roberto Bolaño, autore cileno dalla vita nomade scomparso a Barcellona nel 2003 mentre aspettava un trapianto di fegato. Lo scrittore ha lasciato un archivio immenso di carte, appunti, file su cui gli editori stanno lavorando alacremente, soprattutto dopo che i diritti sono passati nelle mani dell’agente americano Andrew Wylie. Certo, ormai l’opera si confonde con lo scrittore e a volte si ha l’impressione che la biografia di Bolaño venga continuamente riscritta per trasformarlo in un’icona, un irregolare dalla vita da romanzo, più simile a quella dei suoi personaggi che non alla sua reale, ma il fenomeno c’è. È tra quelle carte che è stato ritrovato il manoscritto de Il terzo Reich, che Adelphi ha appena pubblicato in Italia (lo stesso editore ha pubblicato 2666, da Sellerio sono usciti I detective selvaggi, entrambi già editi quando lo scrittore era ancora in vita, ma noti soltanto a un pubblico ristretto). In Spagna è già pronto il nuovo romanzo, intitolato «Los sinsabores del verdadero policía» («I dispiaceri del vero poliziotto» ), a cui Bolaño ha lavorato dagli anni Ottanta fino alla morte e in cui ritornano personaggi e intrecci già apparsi altrove. La vedova dello scrittore, Carolina Lopez, firma la nota finale spiegando che il volume si compone di tre testi distinti. Lo stesso scrittore disse del nucleo originario di quest’opera «è il Mio Romanzo» anche se lo definì «un intreccio demenziale che nessuno capisce» . Torna Amalfitano, professore universitario di Barcellona con una figlia diciassettenne, che si autoesilia a Santa Teresa, una città vicina alla frontiera con gli Stati Uniti. Un luogo quasi mitologico dove si svolgono oscure storie di donne assassinate, falsari e dove Amalfitano incontra Arcimboldi, mago e scrittore. Il libro è un vero caleidoscopio dove si mescolano temi come l’Aids, la delusione politica per la sinistra, una classificazione di poeti, una biografia cinematografica di Leopardi interpretata da scrittori come Vargas Llosa, Vila Matas, Martín Gaite, Muñoz Molina, Cela, Goytisolo, Marsé. Jorge Herralde di Anagrama, l’editore che lo pubblica, in una conversazione con «El Mundo» lo definisce «un’opera di qualità straordinaria, dove convivono il grande Bolaño della maturità e il giovane Bolaño poeta» . Su bozze, appunti, parti non finite potrebbe lavorare anche Eva Gabrielsson, la compagna di Stieg Larsson, per portare a compimento il quarto volume della saga di «Millennium» , di cui nel computer dello scrittore stroncato da un infarto nel 2004 sono rimaste circa 200 pagine (anche la trilogia è uscita postuma). Sarei in grado di finirlo— ha detto la Gabrielsson, impegnata in una battaglia per i diritti contro il padre e il fratello dello scrittore, unici eredi—. Stieg ed io lavoravamo sempre insieme» . Mercoledì prossimo in Francia, Svezia e Norvegia esce il suo libro, un memoir intitolato «Millennium, Stieg ed io» dove la Gabrielsson rivela alcuni particolari sul volume, che dovrebbe intitolarsi «La vendetta divina» e smentisce l’esistenza di parti di un quinto libro e di altri appunti sparsi. Una fortuna, probabilmente.
Cristina Taglietti