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 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

Il premier sotto assedio: 100mila intercettazioni - La potenza di fuoco è im­pressionante: il Rubygate è un’inchiesta senza precedenti nella storia giudiziaria italiana

Il premier sotto assedio: 100mila intercettazioni - La potenza di fuoco è im­pressionante: il Rubygate è un’inchiesta senza precedenti nella storia giudiziaria italiana. Secondo il settimanale Panora­ma , oggi in edicola ( nella foto in basso la copertina ), sono circa centomila le intercettazioni condotte dai tecnici dello Sco, il servizio centrale operativo della polizia. Centomila è un numero record anche per un pa­ese abituato a convivere con ci­mici e microspie. Dalla fine di maggio, quando l’inchiesta è esplosa, a dicembre, in sei mesi scarsi, gli agenti hanno letteral­mente assediato il premier e passato al setaccio numerosi personaggi che ruotano intor­no a lui. Le cifre danno l’idea dell’arsenale messo in campo: solo a Lele Mora, l’agente delle star, sono state intercettate qualcosa come 27mila chiama­te, e Nicole Minetti, l’ex igieni­sta dentale oggi consigliere re­gionale, è stata ascoltata 14.500 volte. In pratica, secondo l’in­chiesta di Panorama , gli investi­gatori hanno gettato le reti sei­cento volte al giorno e i protago­nisti di questa storia sono stati controllati minuto per minuto per un periodo molto lungo. Mille le conversazioni di Fede finite nei brogliacci della poli­zia giudiziaria, ad­dirittura 3.500 quelle del suo au­tista. E Ruby? Qui siamo a quota 6.400, dietro solo alla Minetti e al­l’imprendibile Mora. Ma attenzione: questi dati sono quelli che si rica­vano dall’invito a comparire recapi­tato al premier e dunque dai nu­meri progressivi d’identifica­zione delle telefonate e degli sms. In sostanza, l’invito a com­parire ci porta nel nocciolo du­ro del Rubygate ma non lo esau­risce. Negli armadi della procu­ra ci sono sicuramente altre in­tercettazioni: forse il totale ci porta alla stratosferica altezza di centocinquantamila chiama­te monitorate. Sono almeno trenta i soggetti ascoltati, senza contare che le tecnologie più avanzate sono state piegate per dare un contributo sofisticato alle indagini: l’analisi della cel­la di Arcore ha permesso, con un lavoro immane, di localizza­re centinaia di persone entrate e uscite dalla residenza di Arco­re. È lo stesso screening com­piuto a Brembate, per la scom­parsa della piccola Yara, ma a Brembate lo studio non ha da­to, almeno fino ad oggi, alcun risulta­to. Anzi, ci si è smarriti nel labi­rinto delle dichia­raz­ioni e controdi­chiarazioni di En­rico Tironi, il pre­sunto testimone del rapimento del­la ragazza. Quello di Yara resta un giallo in piena re­gola. Ad Arcore, invece, il filo d’Arianna ha portato gli inqui­renti lontano: identificati i cel­lulari, sono stati acquisiti i rela­tivi tabulati, anche retrospetti­vamente, fino al gennaio 2010, e poi quei dati sono stati incro­ciati fino a fornire ai magistrati un formidabile contributo in­formativo. In sostanza, Berlusconi è sta­to assediato elettronicamente per mesi e non potendo perqui­sire la sua abitazione i magistra­ti hanno preso un’altra strada: hanno schedato tutti quelli che frequentavano la sua dimora. Ora il fascicolo che navigava sott’acqua come un sommergi­bile è emerso, ma quel che appa­re è solo un pezzo del lavoro svolto. I pm hanno portato allo scoperto la documentazione che serviva per puntellare l’invi­to a comparire. Ma altri elemen­ti sono rimasti blindati e saliran­no in superficie solo al momen­to opportuno. Non solo: il Rubygate è un can­tiere. Anzi due, perché i pm han­no diviso le posizioni: Berlusco­ni da una parte, la Minetti, Fede e Mora dall’altra. Il fascicolo del premier viaggia ad alta velo­cità e va verso il processo sprint con il rito immediato, l’altro sembra seguire i tempi canoni­ci della giustizia. Traducendo e semplificando: l’inchiesta rad­doppia. E la seconda, quella più lenta, potrebbe riservare clamo­rose sorprese. Il lavoro di scavo porterà a formulare nuovi, sem­pre più pesanti, capi d’imputa­zione: perfino, a sentire qual­che avvocato che ha letto le car­te, l’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della prostituzione. E col sistema dei vasi comuni­c­anti non ci vorrà molto a trasfe­rire nel dibattimento contro il Cavaliere quel che i magistrati troveranno nell’altra indagine. Insomma, l’imponente assedio non è affatto alle battute finali. Le forze schierate non hanno al­cuna intenzione di smobilitare. E non è da escludere la possibili­tà di nuovi blitz. Quello del 14 gennaio, con le perquisizioni che hanno alzato il velo sull’in­chiesta, ha coinvolto almeno 150 agenti. Ancora una volta la potenza di fuoco dispiegata è impressionante. Chi parla di scontro finale dà forza a una suggestione, ma for­se va anche oltre. Dopo quasi di­ciassette anni di indagini e di as­salti, respinti in un modo o nel­­l’altro, la procura vuole chiude­re i conti. Ed espugnare Arcore.