Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 21 Venerdì calendario

LA FORMULA DELL’AMORE ESISTE

Uno degli equivoci più resistenti all’emancipazione femminile è il tono dimesso e compiaciuto con cui le signore perbene si sentono in obbligo di chiarire: «Io di matematica non capisconiente». Salvo poi lamentarsi - e con ben altro straziante afflato - di non capire niente manco di uomini, ne d’amore. Per forza: l’amore è un sistema dinamico. Impossibile venirne a capo senza una solida preparazione teorica. Per questa ragione Sergio Rinaldi, professore di Teoria dei Sistemi al Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, ha deciso di occuparsi di amore (e altre catastrofi: qualche anno fa illustrò con identico rigore il funzionamento di tangentopoli). Pertanto, ogni dicembre, concede agli apprendisti ingegneri, nonché ai curiosi all’uopo convenuti, un’applicazione pratica - spesso romantica - dei princìpi che impartisce a lezione dal 1969. Un modo per valorizzare la «cultura politecnica», dice lui. E in questa occasione - l’ultimo seminario prima della pensione - anche un modo per assecondare l’antica passione per Jean Moreau. Il titolo della conferenza è infatti: È possibile modellizzare una storia d’amore? Il caso di Kathe, Jules e Jim.
Prima che vi spaventiate: «modellizzare» vuoi dire descrivere con un sistema di equazioni. E la risposta alla domanda è, ovviamente, sì - o l’aula non sarebbe stata gremita di gente che, come a Ingegneria è piuttosto normale, ne sa assai più di matematica che di relazioni di coppia. Infine: Kathe, Jules e Jim sono i protagonisti di Jules e Jim, appunto. Prima il libro, poi il film di Francois Truffaut in cui Madame Moreau saltella graziosamente da Jules a Jim, e da Jim a Jules. Le conclusioni sono illuminanti.
Innanzitutto: in qualunque istante, il sentimento provato è somma di tre fattori. E siccome i tecnici hanno il dono di saper dare i nomi alle cose, il primo l’hanno chiamato Coefficiente di Oblio, che è la maniera più romantica che mi venga in mente per misurare la forza distruttiva dell’abitudine: sul lungo periodo, ci si disamora di chiunque. Gli altri due sono termini di reazione: al fascino dell’amato e all’intensità del suo sentimento (che, superata una certa soglia, diventa controproducente, vedi alla voce «chi meno ama è più forte, si sa»).
Non c’è altro che conti nella vita: quanto lui sia nuovo, quanto intensamente ami, quanto provochi sfarfallii di stomaco. Magari fosse tutto così semplice, staranno scuotendo la testa le mie piccole lettrici. E infatti: non lo è.
A complicare le esistenze di Kathe, Jules e Jim (e di chiunque abbia un minimo uso di mondo) intervengono alcuni elementi di Caos, in virtù dei quali il sistema tende ad adagiarsi intorno a uno Strano Attrattore. Non importa che non capiate il senso profondo di quello che ho scritto, sentite solo quanto suona vero: caos, strano, attrattore. Precisamente quel che è successo alla vostra storia d’amore più disperante.
Una delle caratteristiche dei sistemi caotici, infatti, è l’imprevedibilità: partendo da condizioni di partenza simili, ogni volta può succedere tutto e il contrario di tutto. Le traiettorie di due punti contigui improvvisamente divergono e poi, senza una ragione migliore del «perché sì», tornano di nuovo vicini vicini. Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Prendete Elizabeth Hurley e i recenti fatti di cronaca: dopo 13 anni di storia con Hugh Grant (si ricorda perlopiù il 1995, quando l’attore inglese si accompagnò per pochi decisivi istanti con la prostituta Divine Brown), Liz nel 2001 fa un figlio con Steve Bing, nel 2002 comincia a frequentare l’imprenditore indiano Arun Nayar, nel 2007 lo sposa e poi lo lascia, qualche settimana fa, in seguito alla rivelata tresca con Shane Warne, un giocatore di cricket bolso, ossigenato e (piuttosto inspiegabilmente, invero) donnaiolo. In tutto questo tempo, un’unica costante: Hugh, il primo amore. Hugh l’aiuta ad arredare le case, Hugh è il padrino del piccolo Damian, Hugh l’accompagna in vacanza, presente o no il marito.
E convinzione del professor Rinaldi - e anche mia, che da tempo sostengo le virtù del fidanzato perenne - che questi due siano destinati a tornare insieme. Ma non per sempre.
Se si descrive con un grafico l’andamento della relazione nello Spazio dei Sentimenti risulta evidente che uno dei due, prima o poi, invertirà la traiettoria, si stuferà del ménage e salterà a occupare un qualunque altro stato. In Jules e Jim l’unico modo per uscirne è la tragedia: Kathe carica Jim in macchina e si lancia da un ponte. Jules, che rimane a guardare, non corre, né si dispera. Anzi: prova sollievo. Qualcosa di riassumibile in: l’irresistibile pazza se ne è andata, la perdita del mio amico è un danno collaterale, adesso posso, infine, riposarmi.
Senza bisogno di arrivare a tanto, avrete capito di quali struggimenti parli. E pure che l’inevitabile prescinde ogni teoria: le strade per farsi male una non le sbaglia mai.