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 2010  dicembre 15 Mercoledì calendario

LE CITTA’ DELLE BICI, VINCE REGGIO EMILIA —

Scassate a prova di furto. Griffate per inseguire l’ultimo grido newyorkese. Molleggiate per assecondare il saliscendi dei marciapiede. Ultraleggere per essere portate a spalla fino nel salotto di casa. Nelle nostre città, di biciclette se ne vedono di tutti i tipi. Non sempre ma spesso in modo direttamente proporzionale a quello che la politica locale sa offrire a chi sceglie di pedalare per andare al lavoro, a scuola o a fare la spesa: è così nella ciclabile Reggio Emilia, regina delle due ruote 2010, è così nella lenta Bolzano, ma anche nella selvaggia Milano. A guardare i numeri verrebbe da dire che l’Italia è un Paese a due ruote: circa 30 milioni di biciclette registrate, quasi quanto le auto (35 milioni. Eppure basta guardarsi in giro per capire che la bici è per lo più sport&divertimento e ancora troppo poco mezzo di trasporto alternativo all’auto. A dispetto di una trasversale voglia di pedalare testimoniata dal crescente numero di ciclisti per scelta e di stregati dal bike sharing. La colpa? «Della scarsa spinta della politica locale a investire realmente sulla bicicletta» denuncia Legambiente. «Perché dire pista ciclabile (3.230 chilometri in Italia, 730 in più rispetto al 2007) non basta. Anche perché, usate solo come spot, spesso vengono fatte dove c’è posto, dove non servono» . Ecco così che per misurare il sostegno alla mobilità su due ruote, Legambiente ha elaborato un indice di ciclabilità che tiene conto non solo della lunghezza ma anche della tipologia delle piste, quindi delle aree pedonali, delle zone con limite di velocità a 30 km/h, degli interventi di limitazione del traffico. Perché se è vero che Modena è la città con la più estesa rete di piste ciclabili (190 km) e Padova è il capoluogo con più piste ciclabili in rapporto alla sua superficie (133,2), è Reggio Emilia la città più ciclabile d’Italia. «Qui la bicicletta copre il 15%della domanda di mobilità, con punte anche del 30%» spiega Alberto Fiorillo, di Legambiente. La ragione? «Un mix di interventi che partono da aree a ciclabilità diffusa, fino ad arrivare alle limitazioni della velocità delle auto, alla segnaletica dedicata alle biciclette e alla decisione di rendere le strade a senso unico per la auto a doppio senso per le bici» . Una «scelta slow» premiata anche nelle altre città capolista: da Lodi (medaglia d’argento) a Modena (bronzo). «Cinque delle prime dieci città a misura di due ruote sono in Emilia Romagna: oltre a Reggio e Modena, Forlì, Ravenna e Ferrara, da tempo la capitale della bicicletta con una percentuale di ciclisti urbani pari a un terzo della popolazione» . Bene Cuneo, Brescia, Verbania e Padova: «Che con la più estesa rete di piste ciclabili conta 140 mila spostamenti ciclistici giornalieri» . E bene anche Bolzano: «Che ha riorganizzato la mobilità urbana privilegiando i mezzi di trasporto più lenti e limitando la velocità delle auto» . Risultato: «Il 29,5%va a piedi, il 29 in bici e il 27,2 in auto» . Nell’Italia delle 600 autovetture ogni mille abitanti (in tutto il mondo solo Usa, Lussemburgo, Malesia e Australia ci superano), delle due settimane l’anno passate al volante di un’auto che non supera mai i 25 km/h, è comprensibile che ci sia voglia di bici a Milano: al 13 ° posto per estensione delle piste ciclabili ma al 72 ° per indice Perché se è vero che Modena è la città con la più estesa rete di piste ciclabili (190 km) e Padova è il capoluogo con più piste ciclabili in rapporto alla sua superficie (133,2), è Reggio Emilia la città più ciclabile d’Italia. «Qui la bicicletta copre il 15%della domanda di mobilità, con punte anche del 30%» spiega Alberto Fiorillo, di Legambiente. La ragione? «Un mix di interventi che partono da aree a ciclabilità diffusa, fino ad arrivare alle limitazioni della velocità delle auto, alla segnaletica dedicata alle biciclette e alla decisione di rendere le strade a senso unico per la auto a doppio senso per le bici» . Una «scelta slow» premiata anche nelle altre città capolista: da Lodi (medaglia d’argento) a Modena (bronzo). «Cinque delle prime dieci città a misura di due ruote sono in Emilia Romagna: oltre a Reggio e Modena, Forlì, Ravenna e Ferrara, da tempo la capitale della bicicletta con una percentuale di ciclisti urbani pari a un terzo della popolazione» . Bene Cuneo, Brescia, Verbania e Padova: «Che con la più estesa rete di piste ciclabili conta 140 mila spostamenti ciclistici giornalieri» . E bene anche Bolzano: «Che ha riorganizzato la mobilità urbana privilegiando i mezzi di trasporto più lenti e limitando la velocità delle auto» . Risultato: «Il 29,5%va a piedi, il 29 in bici e il 27,2 in auto» . Nell’Italia delle 600 autovetture ogni mille abitanti (in tutto il mondo solo Usa, Lussemburgo, Malesia e Australia ci superano), delle due settimane l’anno passate al volante di un’auto che non supera mai i 25 km/h, è comprensibile che ci sia voglia di bici a Milano: al 13 ° posto per estensione delle piste ciclabili ma al 72 ° per indice di ciclabilità. «Voglia di bicicletta, tanta, malgrado il traffico minaccioso, le piste ciclabili dissestate e a singhiozzo» . Una «voglia culturale» confermata anche dai numeri del bike sharing: «Con un rapporto bici/abitanti di uno a mille (a Parigi è di uno a cento)» . Un dato quello del bike sharing — attivo in 150 comuni, per un totale di 6.000 bici condivise — che dal prossimo anno Legambiente, insieme a Fiab e Città in bici, terrà conto nell’elaborazione dell’indice di ciclabilità (per la primavera è previsto il primo campionato della ciclabilità italiana). Stessa cosa per i servizi di bici-bus. E se per Milano qualcosa potrebbe cambiare, per Roma (7 ° posto per estensione di piste ciclabili ma 66 ° per indice di ciclabilità) probabilmente no. «Perché la Capitale non ama le due ruote. E non solo per colpa dei Sette Colli. A Milano e a Roma sono state fatte le stesse cose: ma mentre a Milano la bici è trendy, a Roma no» . A fare da comune denominatore nelle due metropoli resta la mancanza di sicurezza: «La maggior parte delle persone dichiara di non usare la due ruote non per mancanza di piste ma perché la bicicletta non è sicura» . Una paura che altrove è stata cancellata con percorsi dedicati e capillari ma anche con limitazioni della velocità. L’esempio: «Copenaghen, dove quasi il 40%dei cittadini usa la bici per andare al lavoro. O Monaco, dove la metropoli ha fatto spazio a un 8%di ciclisti per scelta» .
Alessandra Mangiarotti