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 2010  dicembre 15 Mercoledì calendario

LA LUSINGA E IL POTERE. LE MILLE VITE DEL CAVALIERE

Altro che «catacombale» : rispetto al ’ 94, ha più voti in Parlamento, e pure più capelli in testa. Altro che fine del ciclo: ennesima risalita. Il Natale di sedici anni fa era stato il più amaro per Berlusconi. La Lega aveva fatto cadere il suo primo governo, e in molti diagnosticavano la sua morte politica. Stavolta Fini ha fallito là dove Bossi era riuscito. È la vittoria del metodo Berlusconi: lusinga e potere, seduzione e bastone. La maggioranza dei parlamentari ha riconosciuto ancora una volta in lui il più forte. La sinistra sostiene che chi non è stato convinto sia stato comprato, e in effetti sul passaggio di due dipietristi in maggioranza gravano ombre; ma i numeri premiano Berlusconi. Casini assicura che si sottrarrà all’abbraccio; ma si vede mancare la sponda di Futuro e libertà. Fini sostiene che comunque il governo non avrà vita lunga; intanto subisce una netta sconfitta, perde tre parlamentari, deve riconoscere di aver sbagliato tempi e tattica. Il 22 dicembre 1994 Berlusconi consumava la sua prima vita: saliva al Quirinale a dimettersi, per evitare il voto di sfiducia. Seguì un anno difficile: la nomina di Dini, il «ribaltone» — un po’ dovuto a Scalfaro, Bossi e D’Alema, un po’ ai suoi stessi errori —, le elezioni del ’ 96, quando il Cavaliere bruciò la seconda vita. «Certi momenti non tornano più» , si immalinconì nella notte di Arcore. Cominciava la traversata del deserto. «Finché ci sarà Berlusconi il centrodestra non vincerà mai» era la profezia ricorrente. Invece le europee del ’ 99 segnarono la svolta, il fallimento dell’alleanza tra Fini e Segni, il ridimensionamento della Lega, indotta o costretta — sempre con il metodo Berlusconi— a una nuova alleanza. Sono anche gli anni della malattia: vinta pure quella. La terza vita del Cavaliere finisce nella drammatica notte del 10 aprile 2006: la visita a palazzo Grazioli del ministro dell’Interno Pisanu, i riconteggi, le accuse di brogli (Berlusconi ha parlato di
brogli dopo entrambe le sconfitte), la calda estate di Villa Certosa. Eppure l’uomo si conferma irriducibile. Il carisma e il denaro, la capacità politica e le tv, il potere e il servilismo. I 24 mila voti di scarto si rivelano fatali, ma non per lui; per Prodi. È il Professore a essere logorato. Il Cavaliere sale sul predellino, perde Casini ma costringe Fini a seguirlo, e nella primavera del 2008 rinasce per l’ennesima volta. Le donne sembrano sul punto di perderlo, da Noemi alla D’Addario, dalla polemica sulle veline in lista, al divorzio chiesto dalla moglie Veronica. Eppure ieri sono state due donne a salvarlo, le finiane Siliquini e Polidori, la prima intervenuta in aula, la seconda acquattata per tutta la mattina nello studio di un deputato amico, carta coperta giocata all’ultimo minuto per il colpo finale, e prontamente ricevuta dal Cavaliere rinato ancora una volta. «La cosa che più mi sorprende è la sua tenuta fisica— dice l’amico della vita, Fedele Confalonieri —. Silvio ha una resistenza alle pressioni quasi sovrumana. Ha la fisicità del Duce, di de Gaulle, del Fidel Castro che parlava otto ore di fila. Indistruttibile» . Nelle ultime settimane gli era accaduto — o aveva combinato — di tutto. Il caso Ruby e la telefonata in questura— «è la nipote di Mubarak!» —, cui nessun leader occidentale sarebbe sopravvissuto. I rapporti dell’ambasciata americana rivelati da Wikileaks, che lo descrivevano «stanco» , «capace di addormentarsi in pubblico» (in effetti evitare che Berlusconi si assopisse in aula è stato l’ordine di scuderia del Pdl in queste due giornate, scrupolosamente rispettato in particolare a Palazzo Madama, dove Galan e Brunetta hanno fatto buona guardia). E poi la rottura con Fini, che il Cavaliere ha scelto di consumare sino in fondo. A lungo i più prudenti tra i suoi consiglieri— non solo Gianni Letta ma anche Confalonieri e Cicchitto — l’hanno invitato a ricucire. Lui ha voluto strappare. E i n
umeri ieri gli hanno dato ragione. Certo, non finisce qui. È possibile che il declino sia solo rimandato. Lo si dice ogni volta, del resto. Sarà forse la Lega a staccare la spina, portando tutti alle urne per incassare l’ottimo risultato preannunciato dai sondaggi. La procura di Roma chiarirà il modo in cui due deputati del partito più antiberlusconiano sono passati con Berlusconi. Lui può festeggiare con le deputate, cui ha regalato una fedina tricolore, come re Vittorio Emanuele II alle patriote dopo l’unificazione (ai maschi, la cravatta con le bandierine). La sua proverbiale generosità esclude il perdono a Fini ma non quello a Casini. E potrebbe suggerirgli, vinta anche questa guerra, di chiedere scusa al colonnello Paglia, indicato come «traditore» con tanto di foto segnaletica, in carrozzina per aver servito la patria in Somalia, senza bisogno di cravatte con le bandierine.
Aldo Cazzullo