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 2010  novembre 30 Martedì calendario

IL PERICOLO SPAGNOLO

La notizia migliore riguardante la crisi irlandese, per il momento, è che gli irlandesi sono pochi. Da sola, pertanto, l´Irlanda non potrà arrecare tanti danni alle prospettive europee. Lo stesso vale per Grecia e Portogallo: quest´ultimo è considerato la prossima probabile tessera del domino.

Poi, però, toccherà alla Spagna. Gli altri Paesi sono soltanto tapas. Il piatto forte è la Spagna.Da un punto di vista americano, della Spagna colpisce molto quanto la sua economia assomigli alla nostra. Come l´America, la Spagna ha vissuto una grande bolla immobiliare, accompagnata da un notevole aumento dell´indebitamento nel settore privato. Come l´America, la Spagna è caduta in recessione quando quella bolla è esplosa, e ha subito un´impennata della disoccupazione. Come l´America, infine, la Spagna ha visto il proprio deficit di bilancio gonfiarsi a dismisura, grazie a introiti in picchiata e a spese riconducibili alla recessione.
Contrariamente all´America, però, la Spagna è sull´orlo di una crisi debitoria. Il governo statunitense non sta incontrando difficoltà nel finanziare il proprio deficit, avendo tassi di interesse sul debito federale a lungo termine inferiori al tre per cento. La Spagna, invece, nelle ultime settimane ha assistito a un gigantesco aumento del costo dei prestiti, fattore che riflette le crescenti preoccupazioni di un possibile default in futuro.
Per quale motivo la Spagna è in tali guai? Con una parola, per colpa dell´euro.
La Spagna è stata tra i Paesi che nel 1999, quando fu introdotto, adottarono l´euro con grande entusiasmo. Per un po´ sembrò che le cose andassero a meraviglia: i fondi europei affluirono in Spagna copiosi, alimentando la spesa nel settore privato, e l´economia spagnola andò incontro a una rapida crescita.
Per tutti gli anni in cui le cose andarono bene, in ogni caso, il governo spagnolo ha saputo apparire come un modello di responsabilità sia fiscale sia finanziaria: a differenza della Grecia, ha gestito eccedenze di bilancio, e a differenza dell´Irlanda, ha cercato in ogni modo (benché con successo solo parziale) di regolamentare le proprie banche. Alla fine del 2007 il debito pubblico spagnolo, inteso come parte integrante dell´economia, era soltanto la metà di quello tedesco, e ancora oggi le sue banche sono ben lontane dalla pessima situazione in cui versano quelle irlandesi.
I problemi, nondimeno, sono andati moltiplicandosi dietro l´apparenza delle cose. Negli anni del boom, in Spagna i prezzi e i salari sono cresciuti più rapidamente che nel resto d´Europa, contribuendo di fatto ad alimentare un grande deficit commerciale. Quando la bolla è esplosa, il settore industriale spagnolo si è ritrovato gravato da spese che non lo hanno reso competitivo rispetto alle altre nazioni.
E adesso? Se la Spagna avesse ancora una propria valuta, come gli Stati Uniti - o come la Gran Bretagna, che peraltro ne condivide le caratteristiche - potrebbe lasciare che essa si svaluti, rendendo nuovamente competitivo il proprio settore industriale. Dal momento che la Spagna invece ha adottato l´euro, questa possibilità non le è concessa. Anzi: Madrid dovrà procedere a una "svalutazione interna". In altri termini dovrà tagliare i salari e i prezzi fino a quando le proprie spese non torneranno in linea con quelle dei Paesi vicini.
Il fatto è che la svalutazione interna è una gran brutta faccenda. Tanto per cominciare è lenta: di norma occorrono anni di forte disoccupazione per far scendere i salari. Inoltre, salari più bassi significano redditi inferiori, mentre il debito resta uguale. Di conseguenza, la svalutazione interna aggrava i problemi debitori del settore privato.
Tutto ciò implica che la Spagna andrà incontro nei prossimi anni a prospettive economiche alquanto magre. La ripresa americana è stata deludente, soprattutto in termini di creazione di posti di lavoro. Per lo meno, però, noi una certa crescita l´abbiamo vista. Il Pil reale è tornato più o meno ai suoi massimi di prima della crisi, e possiamo ragionevolmente aspettarci in futuro una crescita tale da consentirci di rimettere sotto controllo il nostro deficit. D´altro canto, invece, la Spagna non ha vissuto alcuna ripresa. E una mancanza di ripresa si traduce in crescenti preoccupazioni per il futuro fiscale della Spagna.
La Spagna dovrebbe dunque cercare di eludere questa trappola abbandonando l´euro e rimettendo in circolazione la propria valuta? Lo farà? La risposta a entrambi questi quesiti è "quasi certamente no". La Spagna starebbe sicuramente molto meglio se non avesse mai adottato l´euro, ma cercare di lasciare l´euro adesso provocherebbe soltanto un´enorme crisi bancaria, in quanto i depositari si precipiterebbero a spostare i loro soldi altrove. A meno di una crisi bancaria catastrofica che subentri in ogni caso - il che pare plausibile per la Grecia e sempre più verosimile in Irlanda, ma improbabile ancorché non impossibile in Spagna - è difficile ipotizzare che il governo spagnolo voglia correre il rischio di "de-eurizzarsi".
La Spagna, quindi, di fatto è prigioniera dell´euro, e ciò non le lascia alternative valide.
La buona notizia relativa all´America è che noi non ci ritroviamo in una trappola simile: abbiamo ancora la nostra valuta, con tutta la flessibilità che ciò implica. A proposito: anche la Gran Bretagna - che ha deficit e debito paragonabili a quelli spagnoli - ha la propria valuta, ma gli investitori non la considerano a rischio default.
La cattiva notizia relativa all´America è che una potente fazione politica sta cercando di ostacolare in tutti i modi la Federal Reserve, di fatto privando il Paese del grande vantaggio che abbiamo nei confronti degli spagnoli impelagati. Gli attacchi dei repubblicani alla Fed - la richiesta per esempio di smettere di promuovere la ripresa economica, per concentrarsi piuttosto sul compito di mantenere forte il dollaro e contrastare inesistenti rischi di inflazione - equivalgono a chiedere di essere volontariamente rinchiusi nella prigione spagnola.
Speriamo soltanto che la Fed non stia a sentire. Le cose in America vanno male, ma potrebbero andare di gran lunga peggio. E se avrà la meglio la fazione dell´"hard money", di sicuro andranno peggio.
(Traduzione di Anna Bissanti)