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 2010  novembre 30 Martedì calendario

Storia della bicicletta

Notizie tratte da: Giò Pozzo, Adriano Maccarana, La macchina perfetta, Il Saggiatore 2010.

Rif. Biblioteca sch. n.215406 - 1393204
Rif. Libro in gocce n. 1399534

Prezzi di biciclette agli inizi del Novecento: una Imperial Triumph No. 17 fabbricata in Inghilterra costava 575 lire; una Frera, italiana, 300 lire; modelli italiani senza parafanghi e con un solo freno anteriore, poco meno di 200 lire. Chi voleva spendere ancor meno, comprava i pezzi e se li faceva montare da un artigiano (o li assemblava da sé): bastavano 100-120 lire. (p.14)

Stipendi agli inizi del Novecento: una lira al giorno per l’operaio dell’industria tessile, quattro per quello dell’industria poligrafica. I braccianti agricoli guadagnavano la metà degli operai. (p.14)

Nel 1909 in Italia giravano 500.000 biciclette. (p.14)

Chi aveva una bici all’inizio del Novecento pagava una tassa di registro annuale da 10 lire. (p. 14)

Luigi “El Luisin” Ganna, vincitore del Giro d’Italia 1909, muratore e poi costruttore di biciclette. Dopo la vittoria, al cronista che gli chiedeva cosa provasse: «Me brüsa tanto el cü!». (p. 14)

Premio vinto da Ganna al Giro: 5.325 lire (con cui mise in piedi una fabbrica di bici e motocicli). (p.15)

La R Super Bianchi del 1925, poi chiamata Impero, coperta da brevetti in Italia, Francia, Inghilterra e Belgio, costava 1.250 lire (per acquistare quella da corsa Giro d’Italia ne bastavano 775 e si aveva in regalo anche una maglia di lana bianca e celeste). (p.16)

Un uomo di 80 chili che cammina in pianura consuma 72 calorie al chilometro. Se pedala, 20. (p. 17)

Materiali con cui si fanno i telai delle bici: acciaio (lega di ferro e carbonio, resistente ma soggetto a corrosione), alluminio (leggero ma meno resistente alle vibrazioni), carbonio (resistente e leggero ma poco duraturo), titanio (leggero, resistente, refrattario alla corrosione ma costoso). Ci sono anche: legno, resine varie, magnesio, bambù. (p.21)

«È utile e opportuno che il ciclista vada armato? Da parte nostra noi crediamo che chi si trova nelle condizioni morali e fisiche necessarie per intraprendere un viaggio in ciclo possa anche facilmente assumersi la responsabilità di intascare un revolver. Per la naturale posizione d’equilibrio relativo di chi viaggia in bicicletta è necessario che l’arma sia costruita razionalmente, di facile impugnatura, tale da garantire in certo qual modo la direzione di sparo» (Umberto Grioni, Il ciclista, Hoepli 1910). (p.37)

«Le biciclette permettono di spostarsi più velocemente senza assorbire quantità significative di spazio, energia o tempo scarseggianti […] si diventa padroni dei proprimovimenti senza impedire quelli dei propri simili […] si tratta di uno strumento che crea soltanto domande che è in grado di soddisfare» (Ivan Illich, Elogio della bicicletta). (p.41)

«Con la bicicletta ritroviamo il tempo, lo spazio e la pazienza» (Marc Augé, Il bello della bicicletta). (p.41)

I primi critical mass (grandi raduni di ciclisti che pedalano per le vie delle città rendendo difficile la vita agli automobilisti) si sono tenuti in Svezia negli anni Settanta: i Cyklister i Storstockholm (ciclisti della grande Stoccolma) si riunivano di sabato e chiedevano «più attenzione per le bici». (p.57)

Il nome “critical mass” fu usato per la prima volta a San Francisco il 30 ottobre 1992. (p.57)

Ciclofficine popolari, cioè garage pieni di vecchie bici sfasciate e attrezzi: chi vuole può rimetterle a nuovo oppure farsene una personale utilizzando i pezzi di quelle rotte. (p.60)

Rétropédalage, bici che si sposta in avanti spingendo i pedali indietro. Brevettata nel 1869, incontrò poco successo finché non fu rilanciata, agli inizi del Novecento, dal capitano Emile Félix Perrache. Questi s’era accorto che pedalando all’indietro riusciva a esercitare una forza maggiore rispetto al sistema classico: ciò era particolarmente utile nelle salite. Già nel 1904 al Salon du Cycle di Parigi erano presenti decine di modelli di biciclette a rétropédalage. (p.79)

La Manumodèle, bici a rétropédalage prodotta fino al 1949. (p.79)

Con una bici reclinata (a tre ruote, il ciclista pedala seduto con le gambe in avanti) modelloVarna Tempest, nel 2009 Sam Whittingham ha percorso 200 metri lanciati alla velocità di 133,284 chilometri orari (il record con una bici tradizionale è di 72,98 chilometri orari). (p. 85)

La bici volante Daedalus 88, messa a punto da Mit e Nasa: 34 metri di apertura alare, 32 chilogrammi di peso. Il 23 aprile 1988, pilotata dall’atleta greco Kanellos Kanellopoulos, sorvolò in 3 ore e 54 minuti una distanza di 115,11 chilometri (dall’aeroporto di Creta a Santorini), alla velocità di oltre 49 chilometri orari. A sette metri dalla riva la bici si spezzò e cadde in mare: i pezzi recuperati sono allo Smithsonian Institute di Washington. (p. 86 e 88)

Per realizzare Daedalus 88 servirono un milione di dollari e 15mila ore di lavoro. (p. 87)

Per tutto il tempo in cui Daedalus volò, il pilota Kanellos Kanellopoulos non fece altro che pedalare e ingurgitare una soluzione energetica. (p. 88)

Il record del mondo di surplace (restare in equilibrio fermi sulla bicicletta, coi piedi sui pedali) è di Francesco del Zio: il 20 settembre 1975, al Velodromo Olimpico di Roma, rimase immobile sulle due ruote per 2 ore, 6 minuti e 15 secondi. (p.108)

Giovanni “Vanni” Pettenella, ex pollivendolo di Caprino Veronese, medaglia d’oro nella velocità su pista alle Olimpiadi di Tokyo 1964. Ai campionati italiani di Pista a Varese, nel luglio 1968, rimase in surplace sotto il sole su una pista di cemento rovente per un’ora, 3 minuti e 5 secondi. Riuscì a battere l’avversario Sergio Bianchetto, che a un certo punto svenne. (p.107)

Bravissimo a usare il cambio da corsa Campagnolo era Gino Bartali che nel 1948, proprio con quel modello montato sulla sua Legnano, vinse il Tour de France: riuscì a cambiare rapporti senza fermarsi mai, mentre altri corridori dovettero spesso arrestarsi e scendere dalla bici per compiere l’operazione. (p. 123)

Fino al 1930 l’unico l’unico modo di cambiare il rapporto di una bici era quello di togliere la ruota posteriore e rovesciarla per usare il pignone montato sull’altro lato. L’invenzione del cambio si deve al ciclista dilettante Tullio Campagnolo. L’idea gli venne nel 1924: stava affrontando il passo Croce d’Aune (Belluno) durante una bufera di neve. Per affrontare la salita pensò di girare la ruota, ma non ci riuscì per via delle dita intirizzite dal freddo. Sbottò: «Bissogna cambià qualcosa de drio». Nel 1933 entrò in produzione il primo mozzo a sgancio rapido. (p.125)

La ditta vicentina Campagnolo è l’unica a produrre cambi a undici velocità. Fattura 150 milioni di euro l’anno. La sua più grande avversaria è la giapponese Shimano (3 miliardi di euro, di cui il 70% dal settore ciclo). (p. 125).

Secondo Legambiente nei capoluoghi di provincia italiani ci sono 2.500 chilometri di piste ciclabili totali. Gli stessi chilometri si ottengono sommando le piste ciclabili di sole tre città europee (Helsinki, Copenaghen e Vienna). (p.139)

Nel 2007 (ultimi dati Istat) si sono verificati in Italia 15.713 incidenti che hanno coinvolto velocipedi, nei quali sono morti 352 ciclisti (149 conducenti, 3 trasportati) e 14.535 feriti. (p.141)

Per i ciclisti il rischio di mortalità, calcolando come valore medio 1, è di 2,18: per le autovetture è pari a 0,78. (p.141)

A Milano e Roma si può caricare la bici in metropolitana, ma solo dopo le 20 o le 21 nei giorni feriali, mai a dicembre e comunque pagando un secondo biglietto. (p.143).

Ferrovie dello Stato permette di trasportare sui treni solo bici smontate e chiuse in una sacca che misuri non più di 80x110x40 centimetri: significa che vanno smontate anche le ruote e la bici non può avere né parafanghi né portapacchi. Si porta la bici intera solo sui treni regionali e pagando un supplemento di 3,5 euro che vale 24 ore. (p.143).

Notizie tratte da: BikeSnobNyc, Bike Snob, manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta, Elliot, 2010.

Nel 1818 il barone tedesco Karl von Drais brevettò la Laufmaschine, chiamata anche “cavallo da intrattenimento”: una bici senza pedali, che si muoveva spingendosi con i piedi a terra. (p.16)

Una bicicletta simile a quella che conosciamo oggi risale al 1870 circa. Fatta di ferro con ruote di legno, era chiamata “scuotiossa”. Non aveva la catena e i pedali erano attaccati direttamente alla ruota anteriore. (p.18)

La bici con la ruota davanti molto più grande di quella posteriore in Inghilterra era chiamata “penny-farthing” perché le ruote facevano pensare a due monete affiancate: il minuscolo farthing e il penny, più grande. (p.19).

«Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, smetto di disperare del futuro della razza umana» (lo scrittore H.G.Wells). (p.16)

«Date a un uomo un pesce e lo nutrirete per un giorno. Insegnate a un uomo a pescare e lo nutrirete per una vita. Insegnate a un uomo ad andare in bicicletta, e si renderà conto che la pesca è stupida e noiosa» (l’arcivescovo Desmond Tutu). (p. 73).

«Per prepararsi a una gara non c’è niente di meglio di un buon fagiano, dello champagne e di una donna» (il ciclista Jacques Anquetil) (p.116).

Tipologie di ciclisti. Il Corridore: «Il manubrio ricurvo, la maglietta con le tasche posteriori, i pantaloncini aderenti e il cappellino con le falde strette rappresentano il ciclista nell’immaginario popolare». I Corridori «sono i tossici del ciclismo: sono pelle e ossa e inaffidabili, e faranno tutto ciò che serve per mantenere il proprio vizio». (p.44)

Il Mountain biker. «Più amichevoli dei Corridori», «meno interessati alla tradizione rispetto all’innovazione». Sono soliti «fare un viaggio di quattro reo per andare in bici un’ora. Sono il tipo di persone che hanno cani molto grossi e adorano il barbecue». (p.48)

Il Ciclocrossista. «Il ciclocross è come il crack del ciclismo, perché le gare sono brevi ma incredibilmente intense e, in pratica, riescono a distillare tutti gli elementi del ciclismo in quarantacinque minuti». (p.49)

Il Triatleta: «Una persona che partecipa a gare di triathlon: prove a tempo in cui gli atleti nuotano, “biciclano” e poi corrono». Vengono guardati con «diffidenza un po’ da tutti, perché la loro natura anfibia porta gli altri ciclisti a vederli come viscidi intrusi». (p.52)

I Ciclisti Metropolitani. «Di solito ridono della gente che indossa lycra dai colori sgargianti, nonostante siano incapaci di trovare ugualmente buffe le proprie bici in colori coordinati, i vestiti di marca che indossano e il fatto che andare in bici per più di qualche ora in jeans può trasformare le parti basse in un microcosmo paludoso». È «uno dei pochi esemplari di ciclista per il quale fumare sigarette è considerato non solo accettabile ma “figo”, che è più o meno come essere appassionati di macchine da corsa e andarsene in giro con degli stracci infilati nel tubo di scappamento». (p.55)

Il Messenger (cioè colui che per lavoro fa consegne di documenti in bicicletta). «Una sorta di incrocio tra i surfer e dei postini stilosi». (p.58)

La Bella Godzilla. «Ciclista metropolitana che va in giro come se il resto del mondo fosse stato creato semplicemente per darle la precedenza. Di solito è giovane e di bell’aspetto, e indossa vestiti costosi». (p.61)

Il Brontolone Rétro. «Affonda le proprie radici circa quindici o venti anni nel passato»: «Nutre una vera passione nei confronti di ciò che è collaudato e autentico, così come un profondo disprezzo per tutto ciò che è pieno di fronzoli e obsoleto. Ama solo ciò che si è dimostrato superiore in un lungo periodo di tempo e nonè ancora stato rimpiazzato da qualcosa di meglio. Anche se, quando questo accadrà, non adotterà la miglioria per almeno dieci o quindici anni per assicurarsi che lo sia davvero». (p.62)

Il Ciclista Virtuoso. «Convinto che il semplice atto di pedalare ripristini acri su acri di foresta pluviale, risucchi lo smog dal cielo e ricongeli le calotte polari». (p.66)

Il Lupo Solitario. «Immune alle mode», va in bici da solo «ed è arrivato per conto suo a tutte le sue conclusioni in merito al ciclismo, invece di raccogliere spunti e consigli da altri ciclisti che vanno in gruppo». La sua bici «avrà sicuramente un elemento aberrante che renderà chiaro che si tratta di una bici da Lupo Solitario. Se è una bici da strada, quell’elemento potrebbe essere un gigantesco sellino in gel o un reggisella ammortizzato». (p.68)