Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 29 Lunedì calendario

Il 150° dell’unità era l’occasione di un serio e pacato bilancio. Invece ha dato la stura a un querulo rivendicazionismo “etnico” e alle tesi più strampalate e fantastiche

Il 150° dell’unità era l’occasione di un serio e pacato bilancio. Invece ha dato la stura a un querulo rivendicazionismo “etnico” e alle tesi più strampalate e fantastiche.Sta di fatto che un certo pubblico,forse in buona fede -il che è anche peggio-le ha accolte favorevolmente,quasi come una vendetta postuma per le umiliazioni patite,senza chiedersi se esse rappresentavano la verità o non erano piuttosto una truffa. L’inganno è stato completo. Se da una parte si è fatto un uso eccessivo di retorica patriottica,come non si vedeva da tempo (sono usciti libri intitolati “Viva l’Italia”,nello stile di Edmondo De Amicis),dall’altra si è dovuto assistere al fiorire di una libellistica di stampo neoborbonico che ha rilanciato quasi alla lettera il repertorio di inganni e di disinformazione al quale,in epoche diverse,avevano già attinto altri meridionalisti,primo fra tutti Francesco Saverio Nitti (smentito però da Salvemini e Fortunato). All’indomani dell’unificazione il quadro era già abbastanza chiaro circa le differenze e il diverso grado di sviluppo e nessuna seria statistica avrebbe potuto smentirlo. Ma già allora,nel rimpianto del bel tempo andato,qualche nostalgico non rinunciò a falsificare le cifre dando del Mezzogiorno un quadro inedito di sviluppo civile e di benessere economico come il Nord non si era mai sognato.L’autore di queste note ha scritto per l’editore Rubbettino un libro incentrato proprio sul secolare contrasto Nord-Sud,contrasto che si era palesato quasi subito all’indomani dell’unificazione e che è andato aggravandosi in centocinquant’anni di storia unitaria.Libro che nasce dall’incontro,forse non casuale,tra un coraggioso editore del Sud e un autore settentrionale che non avendo tesi preconcette da sbandierare ha fatto ogni sforzo di imparzialità ricorrendo unicamente a fatti e cifre facilmente controllabili. Nel libro i testi di riferimento ci sono tutti. Lo scopo del libro è quello di ricomporre minuziosamente i termini della questione,con tutti gli attori e i protagonisti del dramma (perché di questo si tratta).Se non servisse a rendere più consapevoli i lettori del Sud sulla necessità di trovare nuove strade e nuove energie e di invertire la rotta,questo libro non avrebbe senso e avrebbe fallito lo scopo.Ma un fatto è certo:se il Sud continuerà a macerarsi nel rimpianto sterile e nell’orgoglio ferito,non avrà scampo.La libellistica neoborbonica non serve e non aiuta il Sud. Lo sobilla senza un utile scopo. Mette gli uni contro gli altri,com’è già capitato alla fine dell’Ottocento con Edoardo Scarfoglio,paladino di Crispi e del Sud,che voleva muovere guerra al Nord “sfruttatore”.Sa che per un certo pubblico,che vuol sentire esattamente quelle cose,non esiste l’obbligo della prova.Basta raccontare di supposte ricchezze per crederci sulla parola.Così è stato raccontato che il regno delle Due Sicilie era superiore al Nord;che le “parti erano invertite” al momento dell’unità,come ha ripetuto anche il governatore siciliano Lombardo sotto l’evidente influenza di cattive letture.Un politico con responsabilità di governo dovrebbe pretendere di più.Un’ampia letteratura,con contributi di autorevoli studiosi meridionali,descrive già alla fine dell’Ottocento le condizioni del Sud negli stessi termini in cui lo conosciamo oggi:clientelismo,criminalità,inefficienza,sperpero di pubblico denaro.E’ difficile credere che in queste condizioni una società,qualunque società,possa crescere e prosperare.Il mancato aggancio col Nord,già avviato alla modernità,ebbe come riflesso al Sud,non di risvegliare lo spirito di lotta e di competizione,ma la rassegnazione e il rancore.Lo scopo del libro edito da Rubbettino,che pubblicamente ringrazio,non è quello di rivendicare primati al Nord e al Sud;ma di fornire informazioni inedite o poco note,e attraverso queste stimolare idee nuove,ricercare possibili soluzioni senza che lo spirito di rivalsa,che è solo l’indizio di un antico complesso,possa arrecare ulteriori danni.La contesa Nord-Sud si è rafforzata con l’avvento della Lega Nord,imitata da analoghi movimenti contrari al Sud.C’era da temere che lo spirito di divisione trovi un ulteriore motivo di scontro e di guerra di campanile.Ma stavolta lo sconquasso potrebbe essere definitivo.Si parte da una considerazione che è una ulteriore prova di scetticismo e di rinuncia. La protesta del Nord ha innescato il timore che il Sud venga abbandonato al suo destino e che il federalismo (nel caso venga applicato nella formula originale) chiuda i rubinetti dei contributi statali.In caso che nulla cambi,al Nord crescerebbe la voglia di secessione.Di fronte a questa prospettiva la pubblicistica meridionale che fa? Critica gli aspetti più deteriori del Sud? Stimola la classe politica e i notabili a cambiare registro e a fare i conti con se stessi?Denuncia la criminalità come remora allo sviluppo? Riconosce la proprie storiche manchevolezza?Nulla di tutto questo.Si rifugia nella nostalgia gabbando il prossimo, che poi è il lettore più sprovveduto;rivendica supposti primati;descrive il Sud come un Eldorado prima dell’unità per far sembrare più insopportabile e frutto di calcolo di interesse la “conquista”. Addirittura il Sud viene descritto come “terza potenza economica” d’Europa (sic),quando basterebbe consultare la garzantina.E tutto questo in un paese privo di ferrovie e di strade e con l’analfabetismo al 90 per cento.Perfino il costume arcaico è descritto come un elemento di virtù.Le tasse erano lievi perché non si sapeva che farne.I capitali giacevano inerti.Non esisteva iniziativa privata.Tutto era ricondotto alla volontà del re che faceva solo le cose utili alla corte. Alla luce di tutto questo bisogna aggiungere un altro capitolo alle disgrazie del Sud, ingannato principalmente dai meridionali medesimi.E’ pur vero che ogni popolo ha il governo (e i libellisti) che si merita.Ma non è detto che debba essere sempre così. Sta al Mezzogiorno scegliere! O il sogno o la realtà.