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 2010  novembre 29 Lunedì calendario

2 articoli - L’ECOFIN LANCIA IL «FONDO MONETARIO EUROPEO» — Dopo la Grecia, l’Unione Europea prova a salvare anche l’Irlanda: come previsto, un piano di aiuti fino a 85 miliardi di euro finanziato dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale è stato approvato ieri dal vertice straordinario dell’ Eurogruppo, l’organismo che riunisce i 16 ministri economici e finanziari della zona euro

2 articoli - L’ECOFIN LANCIA IL «FONDO MONETARIO EUROPEO» — Dopo la Grecia, l’Unione Europea prova a salvare anche l’Irlanda: come previsto, un piano di aiuti fino a 85 miliardi di euro finanziato dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale è stato approvato ieri dal vertice straordinario dell’ Eurogruppo, l’organismo che riunisce i 16 ministri economici e finanziari della zona euro. Ma è stato fatto anche un passo più in là, almeno negli intenti: sono state gettate le basi di un organismo che può essere descritto come una sorta di «Fondo monetario europeo», che si atterrà ai parametri dell’Fmi, e che come quest’ultimo interverrà a sanare i problemi di liquidità degli Stati, dunque ad arginare il contagio delle crisi del debito sovrano. Secondo Olli Rehn, commissario Ue agli affari economici e monetari, queste decisioni dovrebbero calmare l’agitazione sui mercati finanziari e frenare gli attacchi della speculazione. «Vedremo domattina (oggi, ndr) come va»; chiosa il ministro italiano Giulio Tremonti. Ma in ogni caso, i rischi sono grandi: lo stesso Rehn parla di «situazione seria» nell’ Eurozona, prevede nuovi stress test per le banche fra pochi mesi; e Tremonti annota la piega nuova degli ultimi eventi: «Di solito lo Stato è più forte del mercato, ma in Europa è diverso perché i mercati sono uniti dai propri interessi e a volte dalla logica della speculazione, mentre l’Ue è ancora troppo divisa dalle logiche nazionali degli Stati membri. Oggi abbiamo cercato di rendere l’Europa un po’ più unita contro la speculazione... Per costruire una struttura di difesa più forte». Il problema è che, dietro l’Irlanda, già si profilano le sagome del Portogallo e della Spagna: nel vertice dell’Eurogruppo e in quello dell’Ecofin (ministri economici di tutta la Ue) che è seguito a ruota, i nomi dei due Paesi non figuravano all’ordine del giorno, ma se ne è parlato ugualmente, eccome: il Portogallo è stato invitato a includere anche trasporti e sanità nel suo piano di riforme, e la Spagna ha promesso «maggiore trasparenza» nei suoi conti pubblici. Poi, la discussione generale è tornata alla proposta di un Fondo monetario europeo. Si chiamerà Esm («European Stability Mechanism»), entrerà in azione dal 2013 soppiantando l’attuale Fondo di stabilità che può già raccogliere prestiti fino a 440 miliardi sui mercati, e soprattutto — questa la novità principale — prevedrà il possibile coinvolgimento «caso per caso» del settore privato nei salvataggi, nelle soluzioni delle varie crisi. «Settore privato» vuol dire essenzialmente banche ed hedge fund, fondi di investimento ad alto rischio, possessori dei titoli di Stato. E qui è stato raggiunto un compromesso tra Francia e Germania: Angela Merkel, preoccupata di ribadire la difesa dei contribuenti, avrebbe voluto infatti che il coinvolgimento del settore privato venisse postulato «ex ante», fin dal principio e totalmente. Il compromesso raggiunto segue pari pari la linea dell’Fmi: il Paese insolvente, caso per caso, tratta la ristrutturazione del proprio debito con i creditori del settore privato; «e in tutti i casi — dice il testo approvato dall’ Eurogruppo — al fine di proteggere i soldi dei contribuenti e di mandare un chiaro segnale per dire ai creditori privati che le loro richieste sono subordinate a quelle del settore ufficiale, un prestito dell’ Esm godrà dello status di creditore privilegiato, secondo soltanto a un prestito dell’ Fmi». Commento di Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea: «E’ un chiarimento veramente utile... Anche in Europa si seguirà la pratica seguita a livello mondiale e sarà applicata la dottrina del’ Fmi». Davanti a tutte queste novità, tutto sommato la decisione sul sostegno all’Irlanda è stata il passo meno difficile. Anche se restano da definire alcuni punti-chiave: il tasso di interesse, che sarà quasi certamente intorno al 6% (superiore al 5,2% concesso alla Grecia), e la durata del prestito (7 anni e mezzo, si pensa che anche quello concesso alla Grecia verrà ritarato). Un terzo degli 85 miliardi promessi a Dublino verrà dall’ Fmi, un altro da fondi a disposizione presso la Commissione europea e un terzo dal Fondo di stabilità intergovernativo; 25 di quei miliardi serviranno a salvare le banche. Luigi Offeddu IL MEZZO COMPROMESSO DELLA CANCELLIERA — I Paesi della Ue presteranno all’Irlanda 85 miliardi. Ma sanno — Angela Merkel glielo ricorda di continuo — che la crisi dell’euro non si risolverà gettando denaro ai Paesi in difficoltà: hanno quindi anche deciso, ieri a Bruxelles, di istituire un fondo permanente e punitivo per la gestione delle crisi. Chi, dopo il 2013, comprerà obbligazioni sovrane, cioè titoli emessi dagli Stati dell’euro, dovrà sapere che anche un Paese che fa parte della moneta unica sarà sì salvato dai partner se in crisi ma potrebbe dovere ristrutturare il suo debito, cioè allungare la scadenza delle sue obbligazioni, modificarne gli interessi o addirittura decurtarne il valore facciale, cioè restituire meno del promesso. È di fatto la fine dell’ombrello euro sotto il quale finora tutti si sentivano protetti: comprare un titolo portoghese comporterà un rischio diverso che comprare un Bund tedesco. I dettagli dell’intesa saranno approvati a metà dicembre dai leader della Ue, assieme alle modifiche necessarie da portare ai trattati europei. L’accordo raggiunto ieri prevede in via di principio che i Paesi dell’euro sostengano con aiuti i partner in difficoltà a finanziarsi sui mercati attraverso un fondo permanente. Non sarà però un salvadanaio che chi vuole può rompere. Il Paese che ne farà ricorso potrebbe dovere essere costretto — lo decideranno i partner della Ue sentito, tra gli altri, il parere tecnico della Banca centrale europea — a ristrutturare il proprio debito, in altre parole a modificare le obbligazioni prese: non sarà automatico che chi riceve aiuti faccia default, ma sarà deciso caso per caso, considerando soprattutto se la crisi è di liquidità oppure di insolvenza. Nell’eventualità di ristrutturazione del debito, i privati dovranno essere coinvolti nelle discussioni, dal momento che dalla metà del 2013 dovranno accettare le cosiddette Cac quando comprano un bond, cioè Clausole di azione collettiva che consentono a una maggioranza di investitori (75-80%) di imporre una ristrutturazione agli altri. Le procedure che regolano il default dovrebbero essere quelle che il Fondo monetario usa per ogni Paese, cioè il cosiddetto Lending into arrears, la garanzia che una serie di entità — Ue e Fmi — presteranno denaro al Paese in morosità sul pagamento dei debiti per facilitare un suo accordo con gli investitori. In modo che ognuno ne esca il meno danneggiato possibile. Una svolta non da poco per l’Eurozona: «caso per caso» — come si è voluto dire a Bruxelles — i Paesi della moneta unica saranno giudicati quasi come se ognuno avesse una propria valuta. La cancelliera tedesca Merkel non ha forse ottenuto meccanismi automatici di default per gli Stati che ricevono aiuti Ue — formalmente non li aveva mai chiesti — ma ha ottenuto che la Ue preveda che un Paese dell’euro possa non essere sempre protetto dai partner senza rinnegare almeno in parte le sue obbligazioni, e quindi pagarne le conseguenze sui mercati. A Bruxelles, mai nessun leader stravince, come fino a prima della crisi greca nessun Paese straperdeva. Ma da ieri l’Unione Europea è un po’ più come la vogliono i tedeschi. Danilo Taino