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 2010  novembre 29 Lunedì calendario

UN SOLITARIO CHE FA SQUADRA COSÌ ALESSANDRO SI PREPARA A GUIDARE L’IMPERO BENETTON STUDI INTERNAZIONALI, CARATTERE TIMIDO, POCO ATTRATTO DAI RIFLETTORI: SARÀ LUI A RAPPRESENTARE LA SECONDA GENERAZIONE DI PONZANO VENETO

Le finestre di villa Minelli sono affacciate a un grande parco, contornato da un filare di altissimi pioppi cipressini. Nel parco le architetture firmate da Domenico Luciani sono una sorta di potente indizio del pensiero dominante a casa Benetton: la tradizione è radice e solidità, ma accanto a essa va accompagnata la voglia di innovare e di sorprendere. Nel sottotetto della settecentesca villa Minelli, in una sorta di soffitta e però affrescata, lavora Alessandro Benetton.
Dopo qualche anno in cui tutti hanno avuto la possibilità di essere messi alla prova, nella folta schiera dei figli e dei nipoti dei quattro fondatori, appare oggi evidente il ruolo da protagonista che il figlio maggiore di Luciano ha saputo piano piano conquistarsi.
Alessandro non ama apparire. Non ostenta i panni dell’erede designato e indossa uno stile low profile nella vita privata, nel lavoro, nella forma mentale. A proposito di grandi architetti, non sarà per caso che l’abitazione disegnata da Tadao Ando a Ponzano Veneto per Alessandro e per Deborah Compagnoni è stata chiamata "the invisible house": è stata pensata per assicurare nel contempo la massima luminosità possibile e il massimo della privacy possibile. L’architetto come un sarto che disegna la sua idea sulle aspettative di chi l’abiterà.
Nel corso di questi ultimi anni è divenuto chiaro che Alessandro non praticava l’understatement solo come effetto di una traccia di timidezza. Appartiene al suo modo di concepire il suo ruolo. Tant’è che, definendo "l’urgenza dell’avvento dell’imprenditore 2.0", sostiene come "data per scontata la necessità di leader forti, occorre però che sappiano crescere organizzazioni coese e competenti. Le organizzazioni sono il vero patrimonio di un’azienda e ciò che l’imprenditore 2.0 deve lasciare dietro a sé".
Il concetto di team, che Alessandro Benetton ha imparato e praticato sin da giovanissimo, sin da quando suo padre lo ha investito della presidenza della squadra corse di Formula Uno che portava il nome di famiglia e che ha vinto due titoli mondiali di fila. "In quella situazione mio padre ha avuto una grande intuizione, perché ha visto nella Formula Uno un veicolo internazionale per affermare il nostro brand. E poi, seconda intuizione, mi ha messo a contatto con la necessità della competizione e del fare squadra", sintetizza Alessandro.
Ma non di meno il team è alla base delle fortune di "21 Partners", gruppo internazionale di private equity fondato da Alessandro nel ’92. Se la settimana scorsa il presidente Giorgio Napolitano lo ha nominato cavaliere del lavoro, tra i più giovani della storia, e se la nomina è legata essenzialmente al percorso costruito con "21 Partners", il riconoscimento va alla persona ma a nome di tutti.
La casa di private equity che porta nel logo il nuovo secolo è la bottega in cui Alessandro ha iniziato davvero a lavorare, e quella che sente più sua. Fino a tre anni fa, ci passava tutto il suo tempo, e ci ha costruito una settantina di investimenti in operazioni come Ligier, Interflora, Enervit, Jet Multimedia. Ma da tre anni sta soprattutto a villa Minelli, da vicepresidente esecutivo di Benetton Group, che "è sempre il baricentro della nostra famiglia, linfa del nostro procedere e cuore dei nostri valori".
Dall’osservatorio di Benetton Group, che vede 120 paesi e ha una storia di 40 anni, come si vede l’orizzonte e quali sono le probabili evoluzioni delle condizioni meteo? Come sta evolvendo la tempesta della recessione mondiale? A suo parere "le società europee, salvo recuperi di efficienza e di consolidamento, la loro strada di crescita devono andare a cercarsela altrove e in primis nei Bric. Dai nostri negozi, e più in generale dalle aziende che incrociamo, vediamo che in Europa e Stati Uniti i consumi sono sempre più moderati e che le spese impulsive sono ormai al bando. Per gli americani è un cambio culturale copernicano. Ma accanto a questo panorama, dobbiamo sapere che si stanno aprendo nuovi mercati quasi infiniti, parlo di Cina e India in particolare, che continueranno a crescere a ritmi arrembanti. Sono molto fiducioso anche sul Brasile, dove l’effetto palla di neve mi pare ormai innescato. Nel mercato globalizzato i pesi delle singole aree sono destinati a essere radicalmente ridefiniti".
Pensiero quest’ultimo in cui aleggiano gli echi della lettura di Federico Rampini, il cui "Occidente estremo" è tra gli ultimi libri letti da Alessandro (l’altro appena terminato è "Anime alla deriva" di Richard Mason). "L’uscita dalla crisi, quanto a tempi mi pare non prevedibile – dice ancora – ma consiste in un recupero di stabilità. Lo definirei un progetto di medio termine, dobbiamo avere questo concetto come processo e prospettiva, evitiamo di illuderci e d’altra parte ricordiamoci che la discontinuità contiene il massimo delle opportunità come insegnava Rockefeller".
A proposito di maestri, Alessandro ne mette in fila parecchi ("ma poi ciascuno di noi in autonomia deve saper trovare la propria strada"). In testa a tutti pone suo padre Luciano, poi aggiunge Michael Porter (conosciuto a Harvard durante gli studi universitari), Armand Hammer (capace di commerciare con l’Unione Sovietica, quando imperava il comunismo), Henry Kissinger (che siede come lui nel comitato esecutivo della Fondazione Bosch). Ma a bottega poi, nel daybyday al tornio della vita, è pure nota la preferenziale relazione con Gianni Mion, gran regista della finanza e dello sviluppo a casa Benetton.
Prima di villa Minelli e prima di "21 Partners", ha fatto un poco di apprendistato in Goldman Sachs a Londra. "La mia famiglia mi ha insegnato il valore dell’autosufficienza, in tutti i sensi". Vale a dire che a Londra ha fatto gavetta, senza sconti. Ma la vera vita professionale è incardinata a Treviso, anzi da principio tra Italia e Francia dato che "21 Partners" è una sorta di Giano a due facce, con due distinti team e distinti portafogli tra Parigi e il nostro Paese.
"Italia e Francia hanno tante analogie – dice l’erede del casato industriale trevigiano – hanno la forza e insieme il fardello di una storia molto lunga alle spalle. Facciamo fatica a essere più snelli e però vi siamo costretti. Il nostro popolo imprenditoriale è più vivace, ma dobbiamo trascinare una nostra classe dirigente molto più debole. Qui sta il nostro tallone di Achille, la malattia che corrode l’Italia si chiama politica".
Considerazione non scontata per un imprenditore in affari con Silvio Berlusconi (per interposta figlia). Marina Berlusconi, infatti, è stata socio e consigliere d’amministrazione della prim’ora in "21 Partners". Appena un anno fa Marina e Alessandro hanno costituito The Space Cinema, circuito leader nei multisala, esito della fusione tra Warner Village e Medusa Cinema (Mediaset). E poiché è in gioco un ottimo rapporto personale è pure capitata qualche occasione di fare le vacanze assieme. Indizio significativo, tenendo conto che Alessandro è assai selettivo nelle frequentazioni e piuttosto incline a trascorrere in famiglia il tempo libero (legge libri, ama i film dei maestri del cinema italiano, colleziona arte contemporanea e appende ai nudi muri di casa dipinti di Fontana e Basquiat). Tra gli amici più noti John Elkann, che è pure padrino di Tobias secondogenito della coppia Benetton/Compagnoni. Tra gli amici trevigiani storici spicca Luca Serena, che fu tra l’altro il fondatore della Confindustria italiana in Romania.
Con gli amici, e soprattutto con Deborah, condivide la passione per lo sport. Per vent’anni è stato tra i primi 100 sciatori italiani, alla fine andava pure più forte della moglie. Pratica anche kite surf e wake surf, insomma sempre discipline individuali e sempre delle più impegnative. Tantissimi infortuni nel conto. Il più grave è l’ultimo, avvenuto nel gennaio scorso, quando i medici gli hanno diagnosticato una lussazione al ginocchio. Verdetto che di norma implica zoppia perenne. Lui si è fatto operare due volte e poi con fisioterapia e costanti esercizi – ha la palestra in casa da sempre – ha recuperato del tutto. Nell’agosto scorso era già di nuovo sugli sci. Uno che, dietro il sorriso da timido e i modi gentili, non molla mai.