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 2010  novembre 29 Lunedì calendario

LA DOLCE VITA PRIMA DELLA TV

Le deliziose memorie autobiografiche di Franca Valeri – abilmente sceneggiate come piccole pièces teatrali – ci rimandano valanghe di ricordi pubblici e privati, generazionali e coetanei.
Lei era già famosa per la Signorina Snob radiofonica, quando apparve muta, e ammiccante, sotto i panni del cagnolino del Signor Bonaventura (Sergio Tofano) al teatro Mediolanum. E mentre giungevano le notizie dei trionfi romani dei Gobbi (lei, Bonucci e Caprioli) e del loro arrivo a Milano solo un anno dopo, si andò in massa a Genova per una matinée domenicale in un gigantesco cinema di Via XX Settembre, con la grata sorpresa che quel loro teatrino da camera funzionava felicemente lì come nel boudoir romano di Via Vittoria.
Con la carissima ed elegantissima Nora Ricci sedevamo da giovani con gli amici del leggendario Mondo, in Via Veneto, alla vigilia della Dolce Vita. E se attraversando dal Rosati al Doney qualche giovinastro faceva commenti grassocci, Nora stabiliva che bisognava rispondere col gesto signorile della Regina d´Inghilterra in carrozza.
Grande nostro amico musicale e letterario era il maestro Gavazzeni, sempre un po´ spiacente perché il collega Hermann Scherchen, al Biffi Scala, gravemente lo salutava come «maestro Giavanezzi». Alla veneziana Colomba "il" Gianandrea si infervorava nel discorso culturale fino a tralasciare l´applaudita protagonista dell´indimenticabile Jérusalem sotto un ventilatore. E alla moscovita Moskvà, lui – che al Cambio torinese otteneva sempre la tavola del conte di Cavour – era inconsolabile perché mai riuscì ad aggiudicarsi la tavola ugualmente d´angolo del conte Tolstoj. Mentre nei corridoi di sopra sortivano gli effluvi d´aglio e cipolla dalle camere dei cantanti connazionali.
Qui la Franca trasse ispirazioni comiche perché fra gli Amici della Scala in quella tournée del ´64 un insigne cattedratico milanese (anche mio docente civilista a Legge) diceva «questa qui» parlando della sorella formidabile, mentre lei lo definiva «quello là». Ma la Franca non racconta stavolta la nostra visita al Patriarca di Zagorsk, dove lei borbottava «quel Pimen non me la conta giusta», mentre uno svenevole di cono (poi, a sua volta, Patriarca di tutte le Russie) si affannava a servirci meline verdi, cambiando sul grammofono i dischi a 78 della Settima di Beethoven diretta da Toscanini, preparando un caffè per il Patriarca e uno per Wally, che nella commozione per il papà li bevve ambedue. Non sostituiti.
Si andò alla celebre Stazione di Finlandia, perché alle due Toscanini e ai due Bodrero era stato promesso un wagon-lit zarista con ninnoli e merletti. (Macchè). Noi arrivammo invece a Leningrado su un aereo dove le hostess davano buste di cartavelina contro l´uscita di inchiostro dalle stilografiche. Lì si apprese che Wally, per non vedere "il" Puccio spogliarsi, aveva perso fra le coperte un anello del suo papà. E non appena davanti al Palazzo d´Inverno, vi fu l´intimazione dell´insigne architetto Buzzi: «Niente in asse con niente, fra il primo e il secondo piano! Ed erano architetti di Bergamo!». Mentre all´Ermitage si spalancavano i forzieri: «Arrivano la Matalon e la Brambilla!» (due famose docenti di Brera). Ma le signore coi tacchi alti, per non fare chilometri, precedevano il gruppetto e dichiaravano «là non c´è niente!». E magari c´erano i Rembrandt.
In quanto a Beethoven, in una puntata delle famose Divine in tv, la Franca faceva una servaccia che in un´osteriaccia viennese buttava sui tavolacci quattro boccali di birra che facevano ta-ra-ta-tà. E il Genio annotava l´inizio della Quinta. Ma non avrebbero mai fine queste rimembranze vispissime. A proposito di Lina e il Cavaliere, la Franca giustamente rammemora «il ronzio di un rasoio elettrico cinguettante nel boudoir». Ma sono memorabili anche «alle tre, che orario maledetto, non appena ho fatto colazione, viene qui, mi butta sul letto, e pretende lo chiami gattone». E «non so perdonarmi, la mia distrazione, le cui conseguenze...». Così, allora, anche non solo generazionalmente, sempre Viva la Franca! E i suoi Mémoires! (Perché non aveva certo ragione André Gide, quando sosteneva che «i Mémoires sono sinceri solo a metà»). Però la Franca, in questo bel libro, ne mette solo una piccola parte...