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 2010  novembre 28 Domenica calendario

Il mondo civile si batte contro il burqa Noi ci vestiamo le Barbie - Io lo so come si sente la Barbie «con colori e abiti unici» realizzata da Eliana Lorena cui, sfortunata, in mostra alla libreria etnica Azalai di Milano con altre Barbie in abiti mo­derni, kimono,chador,sari

Il mondo civile si batte contro il burqa Noi ci vestiamo le Barbie - Io lo so come si sente la Barbie «con colori e abiti unici» realizzata da Eliana Lorena cui, sfortunata, in mostra alla libreria etnica Azalai di Milano con altre Barbie in abiti mo­derni, kimono,chador,sari..è inve­ce capitato il burqa. Lo so perché è stato descritto molte volte come si sente una donna che indossa un burqa,e forse sarebbe l’ora di smet­tere di farci sopra gli spiritosi. Per esempio Khaled Hosseini autore di L’aquilone e di Mille splendidi soli racconta: «Mariam non aveva mai indossato il burqa, Rashid dovette aiutarla.. il pesante copricato im­bottito le stringeva la testa. Era stra­no vedere il mondo attraverso una grata... la innervosiva non poter ve­dere di lato e si sentiva soffocare dal tessuto che le copriva la bocca...». Molte altre persone esperte, fra cui da noi la deputata Suad Sbai, han­no spiegat­o molte volte che in quel­la prigione si entra in una depressio­ne clinica e in una patologica confu­sione mentale, si diviene facile pre­da di molte malattie della vista, del­l’udito, dell’equilibrio e che quindi è necessario vietare il burqa per leg­ge. Il burqa non ammette leziosaggi­ni, ma solo una decisa battaglia per eliminarlo dalla società in cui la donna ha combattuto per secoli per essere libera, la nostra: già l’an­no scorso, in occasione dei cin­quant’anni della bambola Barbie da festeggiarsi in modo politically correct, la pupa internazionale dal­le lunghissime, instabili gambette, è stata infagottata variamente in modo multietnico, e messa in mo­stra; l’artista, Loredana Castelli ha spiegato che questo avvolgere la donna-Barbie in panni e colori di­versi non fa che denunciarne la identica mercificazione corporea. Sotto il nero morte del burqa come sotto la minigonna rosa originaria di Barbie. Così è anche per il sari e il costume da geisha. Mi dispiace, non è vero. Il sari e il costume ci riportano a parecchi guai femminili, e noi abbiamo i no­­stri, ma ci piace graduarli a secon­da della nostra libertà di sceglierce­li. Il burqa è invece la proibizione, più o meno interiorizzata non im­porta, del diritto della donna ad ave­re un corpo, ad avere la sua libertà. Fu proprio questo lo scandalo ori­ginario di Barbie, quello di abban­donare la mimesi infantile della porcellane, il legno, la plastica pe­sante, i materiali delle bambole di un tempo. Erano più belle? Forse, ma Barbie fu come un fuoco. Fu scandalo, fu rivoluzione, fu anche un’idea massificata dell’emancipa­zione, buona per le principesse e le contadine, per le ragazze bene e le impiegate. Proprio come Mac Do­nald: doveva la plebe della periferia romana sciamare in Piazza di Spa­gna occupandola per quel cibo da poche lire, gustoso magari, ma così volgare? Barbie fu il segnale della li­bertà per le bambine di immaginar­si slanciate, bellissime, fidanzate con Ken, in sintonia con la tv che da poco occupava l’etere e la fantasia. Non posso dimenticare la faccia di un amico quando regalai un Bar­bie a sua figlia: era schifato; ma la ragazzina, felice. Era la felicità della modernità e della libertà con la sua confusione, magari. Ma il burqa non c’entra. Perché se vai a cercare il burqa, là troppo spesso troverai violenza abituale contro le donne, delitto d’onore, poligamia, antisemitismo, odio per i cristiani, per gli indu, per gli americani e parecchi altri infedeli. Nei burqa sono state alle volte trova­te armi che i terror­isti travestiti spe­ravano che le guardie non avrebbe­ro avuto il coraggio di cercare. Non amo discutere le prese di po­sizione del Papa perché non sono cattolica, ma rispettosamente non credo, come ha affermato, che se una donna sceglie di indossare il burqa allora le sia lecito farlo. La pa­ura, la minaccia, il conformismo, il bisogno e anche il fanatismo trop­po spesso ci trasportano sulle loro ali di pipistrello. Una donna può di­ve­ntare il manifesto estremista del­la sua famiglia, di suo padre di suo fratello, del suo clan. Moltissimi musulmani sono con­tro il burqa e persino il niqab ( il velo sul viso), e approvano la scelta della Francia e del Belgio di bandirli per legge. Del resto persino il gran mae­stro islamico sunnita, lo sceicco del­­l’università di Al Azhar Muham­mad Sayyd Tantawi, a ottobre proi­bì alle studentesse di portare sia l’uno che l’altro,permettendo sem­mai un fazzoletto in testa, il hijab. Donne afghane, iraniane, egiziane, irachene, di Gaza, della Turchia, del Marocco, hanno chiesto alle lo­ro compatriote con pubblici appel­li di respingere l’umiliazione e la violenza che il burqa e il niqab por­tano con sé. E noi che facciamo? Giuochiamo con le bambole?