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 2010  novembre 13 Sabato calendario

STARBUCKS LANCIA LA CROCIATA CINESE

Starbucks si lancia alla conquista della Cina. Non solo come mercato finale, ma anche come terra di produzione del caffè. La maggiore catena di coffee-shop del mondo ha siglato ieri una serie di accordi con le autorità della provincia cinese dello Yunnan, al confine col Tibet, dove conta di stabilire il suo primo centro per la produzione in proprio di caffè: dalla piantagione fino alla torrefazione e alla miscelazione. Gli impianti avranno sede a Pu’er, centro di produzione dell’omonimo e pregiato tè rosso, fermentato e pressato in panetti, che nel quinto secolo dopo Cristo si narra venisse usato come moneta di scambio dai nomadi. Una scelta probabilmente dettata dalle considerazioni degli agronomi, ma che ha un sapore simbolico.

Da oltre dieci anni Starbucks ha intuito che la sua futura espansione non avrebbe potuto prescindere dalla Cina: il suo primo punto vendita nel paese, a Pechino, risale al 1999. Oggi la catena statunitense ne conta 400 (addirittura 800 se si includono Hong Kong, Taiwan e Macao) e «in tempi brevi» promette di inaugurarne altri mille. È d dunque molto probabile che proprio la Cina ospiterà i 500 nuovi coffee-shop di cui il ceo Howard Schulz ha promesso l’apertura nell’anno fiscale 2010-11 (iniziato in ottobre). L’anno scorso le inaugurazioni erano state 223, due anni fa il saldo era stato negativo, con 45 chiusure. «La nostra capacità di superare la crisi e di uscirne rafforzati ci ha spinto a perseguire nuovamente la crescita», ha dichiarato Schulz. Quanto alla Cina, l’obiettivo è trasformarla nel «secondo mercato di Starbucks dopo gli Usa» (oggi è il quinto, preceduto anche da Canada, Giappone e Gran Bretagna).

dLa competizione di altre catene, anche locali, è sempre più agguerrita, ma il gruppo Usa può già contare su una quota di mercato vicina al 70% e i consumi di caffè, un tempo inesistenti in Cina, stanno aumentando rapidamente, seguendo i gusti della nuova classe media urbana, sempre più benestante e omologata con gli stili di vita dei maggiori paesi industrializzati. Euromonitor International stima che le vendite di caffè in Cina, benché tuttora limitate, siano aumentate l’anno scorso del 9% in valore, a 4,6 miliardi di yuan (circa mezzo miliardo euro). Tra il 2004 e il 2009 le tazzine consumate nei bar sarebbero più che triplicate.

La testa di ponte che Starbucks ha voluto stabilire nello Yunnan – risalendo per la prima volta nella sua storia la filiera fino alla produzione di caffè – dovrebbe fare da volano all’espansione. Le autorità locali, che contribuiranno all’investimento con 3 miliardi di yuan (la quota a carico di Starbucks non è stata rivelata), contano di accrescere la produzione di caffè verde nell’area da 38mila a 200mila tonn ellate d l’anno entro il 2020. Starbucks spera di promuovere in tutto il mondo una miscela tutta made in China. Ma la mossa è forse anche un primo passo per proteggersi da improvvisi e ingiustificati rincari delle forniture. I recenti record pluriennali del caffè, assicura Schulz, sono da addebitare esclusivamente agli speculatori: «Non c’è nessuna carenza di caffè. Assolutamente nessuna – assicura Schulz – Né d’altra parte ci sono problemi di domanda».