Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 14 Domenica calendario

Giorgio Albertazzi: «Sono come Picasso vinto dalle donne» - Incontrarlo mentre, col suo berrettino da ciclista, si dirige a passo marziale verso il Piccolo Teatro per l’ennesi­ma replica della Casa di Ra­mallah , la novità di Taranti­no dove, nei cenci variopinti di un misero arabo, parago­na la morte dello spirito alla dipartita dalla vita, è già di per sé uno spettacolo

Giorgio Albertazzi: «Sono come Picasso vinto dalle donne» - Incontrarlo mentre, col suo berrettino da ciclista, si dirige a passo marziale verso il Piccolo Teatro per l’ennesi­ma replica della Casa di Ra­mallah , la novità di Taranti­no dove, nei cenci variopinti di un misero arabo, parago­na la morte dello spirito alla dipartita dalla vita, è già di per sé uno spettacolo. Per­ché Giorgio Albertazzi è ma­gicamente ringiovanito. E non solo - come lui stesso confida - a detta dei medici. «Mi sento come Gur­djieff », annuncia orgoglio­so, «quando dichiarava che la vita umana è uno stato di veglia prossima al sogno. In­fatti secondo la sua ricetta non avrei 8 7 anni m a 17: l’età di un fanciullo appena sboc­ciato che va in cerca di emo­zioni » . Detto da lei, non è certo una novità. Cosa sarebbe Alber­tazzi se non un vulcano in continua eruzione? «Grazie del complimento, anche se in un certo senso sto forse esagerando...». Come mai? «Perché non riesco a star fermo. Mi sento sperduto nei panni dell’arabo che de­plora l’immolazione della fi­glia. Dentro di me mi sento già Picasso alle prese con le donne della sua lunghissi­ma vita. Anche se temo, quando l o incarnerò, d i vive­re il dramma di Sardanapa­lo » . Non sarà un passo indie­tro? «Sì e no. In fondo Picasso, anche se non è morto tra le sue devotissime concubine come il re assiro, per tutta la vita è stato sopraffatto dalle femmine di cui è stato vitti­ma, come è accaduto a me». Allude al suo privato o allo spettacolo che si prepara a varare? «All’una e all’altra cosa, co­me sempre mi accade. Lo sa benissimo chi lavora con me. Dall’ultima segretaria al­la primadonna di turno chi entra nel mio cerchio magi­co può attendersi di tutto dal­l’elfo Albertazzi. Di volta in volta un Puck che distilla bal­sami o un Macbeth che tran­gugia veleni » . Come rivivrà Picasso sotto i tratti beffardi dell’uomo che fino a ieri è stato Lear? «Ahi ahi, ha messo il dito sulla piaga! Se Lear, nello spettacolo di Latella era un pezzo di marmo pario asciu­gato dagli eventi, il Picasso che, con la regia di Calenda, debutterà il 15 marzo al Qui­rino d i Roma, sarà u n simbo­lo... » . Un simbolo di che cosa? «Un simbolo di carne e san­gue che, nei sotterranei di Pa­rigi occupata, crea, compo­ne, discetta e ritaglia sulla pelle degli amici con cui con­divide la sua battaglia con­tro l’orrore della guerra, un testo che anticipa ogni e qualsiasi rivolta». Di che cosa si tratta? «Del suo copione Il deside­rio preso per la coda , dove Sartre e Camus si chiamano Cipolla ma anche Angoscia Grassa, dove Dora Maar è la più bella Torta che si può as­saporare mentre Alice Tok­las cucina agli ordini di Ger­trude Stein un piatto succu­lento che si chiama Silenzio, dove... » . Ma non teme che in questo caos di idee in libertà Picas­so si trasformi in un McDo­nald’s? «Che male ci sarebbe se al posto dell’hamburger noi gli offrissimo cultura al gra­tin ?» Mi ha quasi convinto. Ma non sarà il suo canto del ci­gno? «Giammai! Lo sa o no che subito dopo, tra maggio e giu­gno prossimi, a Siracusa sa­rò Peleo nell’ Andromaca ?». Nel ruolo del deus-ex-ma­china che risolve l’azione? «No, perché sarò un Dio che, abbattuta l’idea platoni­ca dell’amore, risuscita l’eros. Come Ungaretti quan­d o cantava a ottant’anni l’in­canto di una coscia di don­na » .