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 2010  novembre 14 Domenica calendario

Napoli spende 8 milioni per i bus ma li lascia marcire in garage - «C’erano una volta 31 pic­coli autobus elettrici e ibridi, chiamati Pollicini

Napoli spende 8 milioni per i bus ma li lascia marcire in garage - «C’erano una volta 31 pic­coli autobus elettrici e ibridi, chiamati Pollicini. Instancabi­li, percorrevano ogni giorno gli angusti vicoli del Rione Sa­nità, di Forcella e dei Quartieri Spagnoli. Agili e silenziosi, riu­scivano a sgusciare dappertut­to, senza nemmeno inquina­re. Fino al brutto giorno in cui...». Senza la presunzione di es­sere Charles Perrault o uno dei fratelli Grimm, questa fa­vola potremmo farla comin­ciare così, con l’immancabile incipit di ogni favola che si ri­spetti. Ma siccome questa si svolge a Napoli, dove a volte succedono cose che altrove nemmeno si possono immagi­nare, con la conseguenza che poi tutto si stravolge, al nostro racconto mancherà invece il tradizionale lieto fine. I Pollici­ni, per esempio, 21 dei quali erano ad alimentazione ibri­da, hanno già fatto una brutta fine. Hanno perso definitiva­mente la loro strada, nel senso che da otto mesi sono fermi a impolverarsi nei depositi di piazza Carlo III della Anm, la società municipale dei tra­sporti. Privi di vita, perché ri­masti senza le indispensabili batterie che li facevano muo­vere, sono destinati a subire una sorte ancor peggiore. Ver­ranno demoliti, fatti a pezzi, nonostante per il loro acqui­sto, tra il 1997 e il 2001, fossero stati spesi in media 250mila euro ciascuno, per un esborso complessivo di 8 milioni di eu­ro. Che cosa è andato storto? Dopo un entusiasmante e pro­mettente avvio nel dedalo dei vicoli, con turni di 16 ore inin­terrotte su è giù per salite e di­scese, i loro «cuori» elettrici hanno iniziato a perdere col­pi. Batterie usurate, insom­ma. Pare che a questo punto ­stando almeno all’accusa lan­ciata dagli operai della Tecno­bus, una ditta esterna che ne curava la manutenzione - la municipalizzata avesse com­prato altre batterie. «Non origi­nali e più scadenti e questo ne ha dimezzati i tempi di funzio­nalità », la racconta così Mario Marigliano, uno degli otto di­pendenti della Tecnobus che dal 28 febbraio scorso sono ri­masti senza lavoro. «L’Anm non ha rinnovato al­la nostra azienda il servizio full service dicendo che avreb­be p­otuto provvedere autono­mamente alla manutenzione - è la spiegazione di Mariglia­no- . Noi abbiamo lasciato tut­ti i veicoli in pienissima effi­cienza, revisionati dalla Moto­rizzazione. Eppure dopo una settimana non sono più partiti e adesso ci sono otto famiglie in mezzo alla strada. L’Anm avrebbe potuto assumerci di­rettamente, in modo che avremmo potuto continuare ad assicurare il servizio. Inve­ce niente». All’Anm, com’era logico at­tendersi, suonano un’altra campana. Il direttore operati­vo dell’azienda, l’ingegner Fa­brizio Cicala, sostiene che era impossibile prolungare la vita di quei mezzi «che ora sono vecchi e non funzionano più bene. La loro tecnologia, poi, adesso è obsoleta. Certo, in al­tre città come Milano e Firen­ze gli stessi mezzi hanno avu­to una durata maggiore, ma a Napoli si sono usurati prima proprio a causa della confor­mazione della città, delle tan­te salite e discese. Per questo la manutenzione ci veniva a costare troppo». Con l’inevita­bile corollario che ora il Comu­ne è più che in animo - pare si sia già alla stesura dell’appal­to - di acquistare nuovi mezzi. Stando a quanto spiega Cica­la, non si tratterà più di mini­bus mossi dall’energia elettri­ca, ma con alimentazione die­sel e tecnologia pulita Euro cinque. «Sono più economici e anche meno inquinanti di quelli ibridi e hanno costi di manutenzione molto più bas­si », si sbilancia l’ingegnere. Di cifre più precise, di una previsione di spesa complessi­va per le casse comunali pare sia ancora troppo presto per parlarne. Si può soltanto spe­rare. Per esempio di non do­ver scrivere tra qualche anno una nuova brutta favola napo­­letana: «C’era una volta l’enne­simo spreco...»