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 2010  novembre 14 Domenica calendario

L’exit strategy della Lega: Silvio bis o il voto - La Lega ora va in pressing: «Sil­vio, valuta il passo indietro

L’exit strategy della Lega: Silvio bis o il voto - La Lega ora va in pressing: «Sil­vio, valuta il passo indietro. Ma se non lo fai sappi che siamo con te». E ancora: «Resetta tutto, guida tu un nuovo governo che duri un annetto e prepara l’uscitadi scena in grande stile. Solo così puoi evitare il crac. Noi siamo con te in ogni caso ma, credici, Silvio, è meglio così per tut­ti ». Questo il ragionamento dei big del Carroccio,pronti a dare l’ultimo consiglio all’alleato lunedì prossi­mo. Nelle scorse ore i vertici del Car­roccio hanno mandato messaggi inequivocabili al premier. Nelle pa­role del ministro della Semplificazio­ne Calderoli il succo della strategia del Senatur: «Ci sono solo due alter­native: o il voto o il Berlusconi bis. Ma per entrambi occorrono gli attri­buti. La Lega li ha, altri mi pare di no». E ancora: «Nessuno pensa o ha mai pensato a maggioranze diverse da quelle uscite dalle urne nell’apri­le del 2008». Tradotto: nessun in­gresso nella maggioranza di Casini, che agli occhi di Bossi resta fumo de­gli occhi.E ancora:«Chi pensa,scri­ve­o sostiene che l’incontro avvenu­to a Montecitorio tra Umberto Bossi e Gianfranco Fini rappresenti un fa­l­limento non sa neppure di che cosa si sta parlando». In sostanza il Sena­tùr ha garantito al presidente della Camera che avrebbe provato lui a convincere il Cavaliere sulla mossa più conveniente da fare. Per tutti. Ec­co il ragionamento: nessuno vuole le elezioni subito. Non la Lega che rischia di buttare a mare quanto fat­to sul federalismo e auspica la solu­zione di un altro esecutivo Berlusco­ni per incassare i decreti delegati mancanti. Le elezioni non le vuole neppure il Fli che, se si andasse al vo­to subito, incasserebbe ben poco e sarebbe costretto a dar vita a un ter­z­o polo facendo venire l’orticaria al­l’anima finiana ancorata a destra. Non le vuole il Pd ma soprattutto non le vuole il capo dello Stato. Ecco l’incubo del Carroccio: siamo sicuri che Napolitano sia davvero refratta­rio all’idea di benedire un governo tecnico, seppur rischiando di appa­rire come lo Scalfaro del 2010? E poi: «Silvio - il senso del messaggio dei leghisti- in questo momento hai tut­ti contro: la grande stampa, i poteri forti, la magistratura politicizzata. Ingiustamente sei sotto attacco co­me forse mai nella tua vita. Ma forse è arrivato il momento di una exit stra­tegy super dignitosa. Guida tu l’usci­ta in grande stile, neppure Gianfran­co vuole firmare una piazzale Lore­to. Fìdati». Ecco. Il problema è tutto qui. Su quel «fìdati». Berlusconi non si fida più di Fini.Riuscirà il Senatùr a con­vincere l’amico Silvio che la trattati­va conviene anche a lui? Gli attuali segnali dicono di no. Il Cavaliere in fondo ha già detto come la pensa: mi hanno votato gli italiani, io a que­sti giochi di palazzo non ci sto, Gian­franco mi vuole morto e appena sal­go al Colle scatta la mannaia del go­verno tecnico. Un ribaltone, un gol­pe. L’unica via è sperare che il capo dello Stato sciolga le Camere e ridia la parola agli elettori. Non puoi tra­dirmi anche tu, Umberto. No, Um­berto non tradirà. Tant’è vero che il ministro Maroni ieri assicurava: «Noi rimaniamo leali a Berlusconi, noi rispettiamo il patto che abbia­mo fat­to con il presidente del Consi­glio che si basa un programma di go­verno ». No, Umberto non tradirà. Non ora. Perché se elezioni saran­no, saranno elezioni insieme. Pdl e Lega uniti contro i traditori, i ribalto­nisti, i reazionari della prima Repub­blica, gli scippatori della volontà po­polare. Si vincerà. Si vincerà ancora assieme contro il terzo polo-patac­ca e una sinistra allo sfascio. Ma quanto? Perché se si va alle urne (ipotesi niente affatto certa) con que­sta legge elettorale alla Camera sarà vittoria. Ma le proiezioni del Senato fanno tremare i polsi. Se a palazzo Madama non ci fosse una maggio­ranza solida sarebbero guai seri. Non si può certo continuare a ricor­r­ere alle urne fino a quando il risulta­to non garantisce la governabilità. Ecco quello che diranno i leghisti al Cavaliere: «Decidi tu, Silvio. Noi sia­mo con te. Ma sappi che si vota in primavera si rischia una vittoria di Pirro». E a quel punto, il tasso di fe­deltà e lealtà al Pdl potrebbe scende­re sotto il livello di guardia. Anche perché va bene morire per l’alleato ma va ancora meglio morire per il fe­deralismo.