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 2010  novembre 14 Domenica calendario

Liberata Suu Kyi - Sette anni di rughe in più, ma sorridente e desiderosa di tornare a lavorare per il futuro della Birmania: Aung San Suu Kyi è stata rimessa ieri in libertà, per la gioia di una folla in estasi davanti alla sua residenza di University Avenue, a Rangoon, e l’applauso del mondo

Liberata Suu Kyi - Sette anni di rughe in più, ma sorridente e desiderosa di tornare a lavorare per il futuro della Birmania: Aung San Suu Kyi è stata rimessa ieri in libertà, per la gioia di una folla in estasi davanti alla sua residenza di University Avenue, a Rangoon, e l’applauso del mondo. L’abbraccio con la sua gente avverrà oggi, nella sede della sua Lega nazionale per la democrazia (Nld). Ma le poche parole di ieri, dal cancello di una villa da cui non è ancora uscita, hanno già elettrizzato il movimento democratico birmano: «Lavoriamo uniti, e raggiungeremo il nostro obiettivo». Il rilascio è arrivato dopo oltre 24 ore di attesa in un’atmosfera tra l’euforia e i timori per un ripensamento della giunta militare. Prigioniera per 15 degli ultimi 21 anni e agli arresti domiciliari dal 2003, Suu Kyi è stata rilasciata poco prima delle 17 e 15 ora locale, dopo la visita di due funzionari del regime. Quando la polizia ha rimosso le barricate che tenevano lontani i sostenitori e i giornalisti, posizionati fin dall’alba, alcune migliaia di persone si sono riversate davanti all’entrata di casa Suu Kyi. Il momento tanto atteso è arrivato dopo pochi minuti, quando «la Signora» (65 anni) si è fatta vedere da dietro il cancello, a tre anni di distanza da una breve apparizione durante le proteste dei monaci nel 2007. Un boato, poi mezz’ora di cori in suo onore. Parlando senza microfono, Suu Kyi ha comunque fatto capire di non essere stata piegata dalla prigionia: «Quando è tempo di parlare, non rimanete in silenzio», ha detto, invitando poi la folla a presentarsi domani a mezzogiorno alla sede del partito, dove pronuncerà un discorso. La comunità internazionale, a partire dal presidente statunitense Barack Obama («è la mia eroina») ha esultato alla notizia della liberazione, augurandosi che sia un primo passo per una Birmania più giusta, ma ricordando anche che nelle carceri rimangono altri 2200 prigionieri politici. Il rilascio, che la giunta guidata da Than Shwe non ha ancora commentato, con ogni probabilità non sarà da solo sufficiente a togliere le sanzioni occidentali verso l’impenetrabile regime, che può comunque contare sul sostegno della Cina e gli investimenti di altri Paesi asiatici. Secondo un ufficiale anonimo citato dall’agenzia Afp, Suu Kyi è stata liberata senza condizioni: sarebbe una vittoria per il premio Nobel per la pace, che aveva fatto sapere di non voler accettare restrizioni come quelle imposte in passato, per esempio sui suoi movimenti nel Paese. Passata l’euforia del rilascio, e in attesa del comizio di oggi, l’incognita principale è sul ruolo futuro di una donna ammirata da molti per la sua indisponibilità al compromesso con i generali, ma anche criticata per aver così contribuito a un muro contro muro durato due decenni. Fonti del Nld spiegano che la sua priorità è la riconciliazione nazionale, ma cosa significherà in pratica non è chiaro. Se lo domanda anche quel principio di opposizione che sarà rappresentata nel Parlamento appena uscito dal voto-farsa di domenica scorsa, per il quale una Suu Kyi ancora ai domiciliari ha invitato gli elettori al boicottaggio. Ma se lo chiede soprattutto un regime che oggi le ha concesso il contatto con la folla, e che potrebbe benissimo inventarsi altri pretesti per escluderla dai giochi ancora una volta, se dovesse minacciare il suo potere.