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 2010  novembre 14 Domenica calendario

IL SEGRETO DELL´ENZIMA CHE CI FA GUSTARE I GELATI

Se c´è una cosa che ci fa impazzire, i ricercatori del Monell Chemical Sense di Philadelphia non hanno dubbi: sono le amilasi, gli enzimi che sciolgono l´amido. Sono le amilasi presenti nella saliva a ridurre gli amidi in liquidi, sono queste particelle elementari a operare quella «scissione» che produce il gusto di cioccolato e panna.
E che rende quella coppetta - preferisce un cono? - indimenticabile. Da qui alla scoperta dell´"enzima del gelato" il passo è breve. Troppo?
Per la verità il ruolo delle amilasi non era un segreto, per lo meno tra i più fortunati in grado di ricordare qualche rudimento di scienze. Quello che gli studiosi del Monell hanno scoperto è che non tutti produciamo la stessa quantità di amilasi e quindi non tutti percepiamo il sapore allo stesso modo. Il senso di cremosità o di compattezza, per esempio, quindi la percezione del gusto particolare, sarà determinata dalla quantità di amilasi presenti, a sua volta determinata dalla nostra diversità genetica.
È stato trovato anche il colpevole: un gene chiamato AMY1, da amylase appunto, che accelera o meno la scissione degli amidi in liquidi. E siccome le sostanze prodotte dalla scissioni sono maltosio e glucosio, ecco che il viaggio alla ricerca del sapore del gelato, e l´individuazione del gene AMY1, ci porta direttamente anche allo studio delle predisposizioni per il diabete. Questo, naturalmente, è un altro discorso. Ma l´allargamento d´orizzonte ci regala un´altra domanda: che cosa possiamo fare, per esempio, per diminuire il rischio del diabete? O, per restare alla questione più vicina a noi, è possibile modificare il nostro sentimento del gusto?
Qui, spiega Shirley Wang del Wall Street Journal, ci vengono in soccorso gli studi di un´altra scienziata, Valerie Duffy, dietologa e biologa dell´Università del Connecticut, che con le sue ricerche ha dimostrato che «le preferenze genetiche possono essere cambiate dall´esposizione continuata del tempo a determinati sapori». La scoperta è importante perché dimostra dal punto di vista biologico quello che si è sempre pensato dal punto di vista culturale. Che cioè, come rivela appunto Rick Mattes, un nutrizionista dell´università dell´Indiana, nella percezione del gusto non solo la cultura gioca un ruolo - e tutti noi infatti preferiamo non a caso i sapori che giudichiamo famigliari - ma conta anche la ripetizione: prova e riprova, a un determinato gusto ti puoi anche abituare.
Insomma gli enzimi hanno un ruolo, i geni eccome se contano, ma poi è la mano del gelataio quella che conta. O no? Guido Martinetti, che con Federico Grom offre in mezzo mondo, dal Giappone agli Usa passando per la Francia, quel «gelato come una volta» che per il New York Magazine è semplicemente «il migliore», spiega che certo, «la ricerca scientifica è alla base» di una buona ricetta. Ma la scienza del gelataio si ferma necessariamente alla produzione. C´è un enzima del gelato? Bene. Ma la chimica di Grom, che utilizza prodotti spesso vidimati da Slow Food, insegue altre esigenze. Su quale terreno posso far crescere le pesche che mi diano il rapporto migliore tra fibre, cioè zuccheri, e acqua, alla ricerca del sorbetto perfetto? Se utilizzo, per esempio, tre tipi di galline diverse, che tuorlo ottengo per la mia crema?
Ecco perché, alla fine, se c´è una cosa che ci fa impazzire non possiamo rinchiuderla in una formula, checché ne dicano gli scienziati del Monell. Puoi ordinare il gelato migliore del mondo e poi scivolare sulla tua stessa saliva. O puoi avere, grazie ai tuoi geni, le amilasi di un campione. E continuare a mandare giù quella porcheria che però ti sembrerà dolce e cremosa: proprio come mentisce la pubblicità.