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 2010  novembre 13 Sabato calendario

« Prevarremo perché la nostra causa è giusta, perché la nostra causa è fondata. ... La Storia è dalla nostra parte

« Prevarremo perché la nostra causa è giusta, perché la nostra causa è fondata. ... La Storia è dalla nostra parte. Il Tempo è dalla nostra parte[1] » (Aung San Suu Kyi) « La lotta per la democrazia e i diritti dell’uomo in Birmania è una lotta per la vita e la dignità. È una lotta che comprende le nostre aspirazioni politiche, sociali ed economiche. » (Aung San Suu Kyi) Interview kyi 400.jpg Aung San Suu Kyi Medaglia del Premio Nobel Nobel per la pace 1991 Aung San Suu Kyi (birm. AungSanSuuKyi1.png [àuɴ sʰáɴ sṵ tʃì]; Rangoon, 19 giugno 1945) è una politica birmana, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani sulla scena nazionale del suo Paese, devastato da una pesante dittatura militare, imponendosi come leader del movimento non-violento, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991. Nel 2007 l’ex Premier inglese Gordon Brown ne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico per la libertà[2]. Indice [nascondi] * 1 Biografia * 2 Progetti artistici dedicati * 3 Mobilitazioni Internazionali * 4 Note * 5 Bibliografia * 6 Altri progetti * 7 Collegamenti esterni Biografia [modifica] Figlia del generale Aung San (capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu segretario dal ’39 al ’41) e di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre[3], uno dei principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l’indipendenza della nazione dal Regno Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina di appena due anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un incidente. Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, la seguì ovunque, ed ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967, ad Oxford, conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per le Nazioni Unite, e in quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l’anno successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim. Ritornò in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi sposò la causa del suo paese in maniera non-violenta e fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiutò la proposta del regime. Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata Primo Ministro, tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto popolare. L’anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del popolo birmano. Aung San Suu Kyi nel 1995 Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato un tumore, che di lì a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova. Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta un maggiore libertà d’azione in Myanmar, ma il 30 maggio 2003, il dramma: mentre era a bordo di un convoglio con numerosi supporters, un gruppo di militari aprì il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri. Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007. Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose Università in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace. Il 9 novembre 2007, Aung San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti domiciliari e ha incontrato il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo con l’opposizione, il ministro dei trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega nazionale per la democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato tre esponenti del suo partito, che non incontrava da tre anni. Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d’Onore. Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta agli arresti domiciliari attraversando il lago Inya. Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e il 18 successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il termine dei domiciliari e la liberazione dell’attivista birmana dall’ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio. Secondo buona parte della stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia, l’impresa di Yethaw è stato il pretesto fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di un referendum per l’approvazione di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione del potere dei militari sotto forme civili, escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia. L’11 giugno, Aung San Kyi è stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti domiciliari. Il 13 novembre 2010, Aung San Kyi è stata liberata Progetti artistici dedicati [modifica] In tutto il mondo Aung San Suu Kyi è diventata un’icona della non-violenza e pace[4], tanto che numerosi cantanti e gruppi musicali, tra cui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e i Coldplay le hanno dedicato brani musicali per sostenere la sua causa; nel 2003 le fu assegnato l’European Mtv Music Award. In particolar modo, gli U2 le dedicano un brano intitolato Walk On ("Vai avanti"). Per questo motivo è illegale importare, detenere o ascoltare in Birmania l’album della band irlandese All That You Can’t Leave Behind, in cui è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la reclusione da tre a vent’anni.[5] Nel 1997 il sassofonista Wayne shorter e il pianista Herbie Hanckok incisero sull’ album "1+1" un tema intitolato "Aung San Suu Kyi" che vinse il grammy award come migliore composizione jazz. Mobilitazioni Internazionali [modifica] Il parlamento italiano e diversi Stati hanno espresso la loro solidarietà nei confronti di Aung San Suu Kyi. Il comune di Legnago ha votato all’unanimità una mozione in suo favore e di condanna verso il regime militare che la tiene prigioniera.