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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

SEI ANNI DI BATTAGLIE E SENTENZE COSÌ LA LEGGE È STATA SMANTELLATA - ROMA

Sei anni di battaglie e di ricorsi. Di bimbi nati e di altri attesi invano. Di coppie con la valigia sempre pronta per viaggi della speranza nelle cliniche della fertilità. Di donne e uomini affetti da malattie genetiche esclusi dalla possibilità di diventare genitori. Ora che il divieto di fecondazione eterologa, ultimo cardine della legge 40 sulla procreazione assistita approvata il 19 febbraio del 2004, verrà sottoposto alla Consulta, l´intera legge appare come bombardata, di fatto priva di senso e di autorità. A forza di sentenze di tribunali civili, tribunali regionali, e soprattutto di pronunciamenti della Consulta, tutti gli articoli più contestati sono stati via via smantellati.
Approvata dopo una battaglia più politica e ideologica che scientifica, la legge è stata poi confermata dal referendum del 2005, che doveva abrogarne alcuni articoli, ma non è riuscito a raggiungere il quorum. Ed è iniziata allora, nel 2005, la battaglia legale, così come avevano promesso le associazioni. «Faremo una valanga di ricorsi in nome di tutte le coppie sterili, discriminate da questa legge». Sia nelle aule dei tribunali che con atti di vera e propria disubbidienza civile. Ed è stata una donna sarda, Simona, affetta da talassemia, a compiere nella primavera del 2005 la prima azione di resistenza. Simona rifiuta di farsi impiantare gli embrioni che aveva prodotto con una fecondazione assistita, violando l´articolo della legge che prevedeva l´obbligatorietà. «Chiedo di fare la diagnosi pre-impianto, altrimenti rischio di mettere al mondo un bimbo malato». I ginecologi dell´ospedale Microcitremico di Cagliari sono costretti a congelare gli embrioni. Nel settembre del 2007 Simona vince la sua battaglia, e il tribunale del capoluogo sardo ammette la diagnosi pre-impianto sugli embrioni, pur in presenza del divieto della legge 40.
Migliaia di coppie intanto "migrano" ovunque nel mondo pur di riuscire ad avere un bambino. La Spagna è la meta preferita, ma i paesi dell´Est inaugurano il low cost della fecondazione, in una corsa, spesso pericolosa, al ricchissimo business della procreazione. Intanto aumentano i ricorsi di coppie che chiedono di poter congelare gli embrioni, di non doverli impiantare tutti e tre, e di accedere alla fecondazione eterologa. Nel 2008 il ministro della Salute Livia Turco vara delle nuove linee guida: è una piccola rivoluzione. Pur nelle strettissime maglie della legge 40 la Turco introduce un´apertura alla diagnosi pre-impianto e ammette il ricorso alle tecniche per le persone affette da Hiv o epatite C. Avvocati e coppie, medici e costituzionalisti, insieme ad associazioni come Hera di Catania, Amica Cicogna e Luca Coscioni, si costituiscono in vere e proprie class action contro la legge.
Nell´aprile del 2009 arriva la spallata più forte: la Consulta dichiara incostituzionali gli articoli che riguardano il divieto di crioconservazione degli embrioni, il divieto di congelarli, e la diagnosi pre-impianto. In moltissimi centri si ricominciano ad eseguire le tecniche vietate da oltre 5 anni. Un anno dopo, siamo ormai allo scorso inverno, si ricostituisce la class action contro l´articolo 4, ossia il divieto di fecondazione eterologa. Il 21 maggio del 2010 è tribunale di Strasburgo a pronunciarsi: «La fecondazione eterologa è un diritto», dicono i giudici europei. Poi le date incalzano: pochi giorni fa Robert Edwards, inventore della fecondazione in vitro riceve il Nobel per la Medicina. La Chiesa insorge, tuona contro l´etica violata. Ieri infine il tribunale di Firenze che rinvia la parola alla Consulta. Che dovrà ora pronunciarsi sull´articolo 4, il più difficile, il più controverso.