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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

IL MALE È DENTRO IL SINDACATO


La Cisl torna nel mirino di gruppi violenti ed estremisti. Ieri due episodi hanno turbato il movimento sindacale e il mondo politico. La sede nazionale della Confederazione è stata assaltata da militanti di “Action, diritti in movimento” con lancio di uova, scritte con vernice rossa e fumogeni. In mattinata a Merate, vicino Lecco, alcuni militanti della Fiom hanno fatto irruzione nei locali del sindacato cattolico.
Era già successo una settimana fa a Treviglio vicino Bergamo. Ai primi di settembre un gruppo di militanti dei centri sociali aveva interrotto durante la Festa del Pd a Torino il discorso di Raffaele Bonanni addirittura con il lancio di un fumogeno che aveva colpito il sindacalista. A Ivrea scritte contro il leader cislino sono apparse sui muri cittadini. Troppi episodi nel giro di poche settimane per non pensare a una strategia diretta a intimidire la Cisl.
Gli episodi di Treviglio e di Merate hanno coinvolto militanti dei metalmeccanici della Cgil. La Fiom lombarda nega l’assalto alla sede del sindacato ma deve ammettere che due suoi dirigenti sono entrati nei locali dell’organizzazione. La Cgil nazionale ha condannato duramente queste azioni e Epifani ha chiesto alla Fiom di prendere provvedimenti disciplinari contro i violenti. L’allarme tuttavia resta alto.
La sequenza di aggressioni contro la Cisl rivela un grave attivismo di settori estremistici e di aree del movimento sindacale. È troppo presto per parlare di un ritorno agli anni Settanta ma è troppo tardi per interpretazioni minimalistiche. La scena sindacale comincia ad affollarsi di protagonisti organizzati, i centro sociali di Torino e Action a Roma, che cercano di aprirsi un varco cavalcando il malessere di molti lavoratori. Finora il quadro drammatico della crisi industriale e della protesta dei precari non aveva dato luogo a iniziative di tipo antagonista o esplicitamente sovversive. Probabilmente qualcosa sta cambiando e alcuni gruppi cominciano a coltivare la speranza di poter cavalcare il clima di protesta con una successioni di azioni violente di tipo pedagogico. Non è un caso che le aggressioni si rivolgano prevalentemente o esclusivamente ai danni della Cisl. La Cisl ha scelto di trattare con il governo e con la controparte imprenditoriale spesso con la filosofia della riduzione del danno. Ha stipulato accordi e alcuni di questi sono stati molto contrastati.
La contrapposizione fra le sigle sindacali non è mai stata così radicale come in questi mesi, soprattutto con la Fiom. Gli episodi di ieri portano alla luce due realtà su cui vigilare. Il primo vede agire direttamente un gruppo estremistico contro la sede nazionale della Cisl. Il secondo racconta di una aggressione o, nell’ipotesi meno grave, di una interferenza di militanti Fiom sulla vita della organizzazione concorrente. La questione a questo punto è semplice. Il sindacato deve ergere un muro nei confronti dei gruppi estremistici, come ha fatto nelle sue migliori stagioni, e deve tenere d’occhio quei suoi settori che sembrano sottovalutare il rischio di un escalation di azioni aggressive ovvero civettano con esse.
L’aggressione alla Cisl riapre il capitolo del rischio che la nuova ondata di violenza faciliti la riorganizzazioni di organizzazioni armate. Ci sono alcuni segnali preoccupanti, fra cui soprattutto il tentato agguato a Maurizio Belpietro, il succedersi di minacce verso giornalisti e personalità pubbliche, il pericolo che sembra avvolgere l’attività dell’onorevole Pietro Ichino recentemente nuovamente minacciato. Non sappiamo come il Viminale valuti questa situazione. Maroni ha usato parole preoccupate dopo le minacce a Belpietro. Sarebbe bene saperne qualcosa di più. Sapere cioè se i vecchi gruppi dormienti del terrorismo hanno ripreso a svolgere attività, se l’area anarco-insurrezionalista resta un bacino di raccolta dei nuovi gruppi eversivi, se l’area vasta della contestazione sociale sta trapassando dalla propaganda dura alla programmazione di un ciclo di azioni sovversive.
Il movimento sindacale è chiamato a una nuova prova. L’impatto della crisi sul mondo del lavoro è sconvolgente. Finora abbiamo assistito a lotte dure che si sono svolte con esemplare correttezza come quella dei chimici sardi. Tuttavia l’esaurirsi della cassa integrazione e soprattutto l’assenza di prospettive possono radicalizzare lo scontro. È bene che il sindacato non perda il controllo delle situazioni più calde e soprattutto che trovi il modo di affrontare le proprie divisioni senza criminalizzazioni reciproche. Il passaggio è stretto e investe contemporaneamente la questione del lavoro, la questione salariale e la questione dei diritti. Non accadeva da anni che questo intreccio si presentasse in modo così esplicito. Ma il sindacato non può fare tutto se non ha interlocutori adeguati. Il governo troppo spesso è sembrato favorire la divisione sindacale creando un asse preferenziale che in molti casi ha escluso la Cgil. In molte aree di crisi non c’è stato alcun intervento dell’esecutivo. Manca una prospettiva che faccia immaginare ai lavoratori in cassa integrazione sia la continuità della tutela salariale sia l’obiettivo della ripresa produttiva.
La scelta del sindacato di mettere alla porta i violenti e di chiudere gli ingressi ai gruppi estremistici deve essere un atto unilaterale. È nell’interesse del sindacato farlo. Ma se il sindacato non ha interlocutori e non trova soluzioni il suo compito si rivelerà molto difficile. Ieri alla Cisl sono giunte molti messaggi di vicinanza dal mondo politico. Non basta. Solo mettendo al centro il tema del lavoro la politica può esprimere una vera solidarietà con il mondo sindacale.