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 1995  luglio 19 Mercoledì calendario

INVIATO BRESCIA . E’

la storia di una suicidio annunciato, di una promessa mancata, di una "sconfitta della giustizia". La tragica fine di Gabriele Cagliari raccontata negli atti degl’ ispettori ministeriali: tre volumi, centinaia di pagine con verbali di interrogatori, decine di documenti, di allegati. E una conclusione: non c’ e’ nessun collegamento tra il suicidio dell’ ex presidente dell’ Eni, che si tolse la vita nel carcere di San Vittore il 20 luglio ’ 93, e la decisione del pubblico ministero Fabio De Pasquale che cinque giorni prima promise e poi nego’ la scarcerazione del detenuto. Eppure il ministro di grazia e giustizia Filippo Mancuso, riesumando a sorpresa il voluminoso fascicolo che era stato archiviato dal suo predecessore Giovanni Conso, ha chiesto alla Procura di Brescia di indagare affinche’ vengano verificate "ipotesi penalmente implicanti la perseguibilita’ d’ ufficio nei confronti di un magistrato o di magistrati del distretto di Milano". Due tesi apparentemente contrastanti sulle quali sta cercando di fare luce il sostituto procuratore Guglielmo Ascione che il primo luglio scorso ha iscritto, come atto dovuto, il nome di De Pasquale nel registro degli indagati. Ipotesi di reato: abuso d’ ufficio. Qual e’ la verita’ ? Scrivono nella relazione finale il capo degli ispettori, Ugo Dinacci, e il suo vice, Vincenzo Nardi: "Appare assai difficile collegare il suicidio del Cagliari ai comportamenti del dottor De Pasquale, in quanto va tenuto conto delle numerose lettere indirizzate ai familiari che egli ha lasciato, scritte dal 3 luglio in poi, da cui emerge un proposito di suicidio che coltivava da tempo". E a proposito del mese e mezzo che Cagliari passo’ in carcere senza essere interrogato, gli ispettori sottolineano che in quel periodo De Pasquale "ha svolto un’ attivita’ investigativa soprattutto esterna al carcere molto intensa, segnata da interrogatori di altri indagati, assunzioni di informazioni, acquisizione di documenti". Gabriele Cagliari fu arrestato il 9 marzo del ’ 93 dal pool Mani Pulite nell’ inchiesta Enimont per corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Durante la detenzione fu raggiunto da un altro ordine di custodia cautelare per la vicenda Eni Sai. Giovedi’ 15 luglio l’ ex presidente dell’ Eni fu interrogato da De Pasquale . titolare di quell’ inchiesta . che, alla fine, manifesto’ l’ intenzione di scarcerarlo. Ma nei giorni successivi il pm cambio’ idea e il 20 Cagliari si uccise. Per l’ avvocato Vittorio D’ Aiello, che era suo difensore, esiste un collegamento tra questi episodi. Interrogato il 22 luglio dagli ispettori, l’ avvocato racconta che il 15 di quel mese il pm, dopo un’ espressione "colorita", disse a Cagliari: "...io devo liberarla perche’ ha confessato di essere a conoscenza che in ordine alla vicenda del contratto fra Eni Padana e Sai vi sarebbero stati versamenti di somme rilevanti in favore dei partiti". "Il dottor De Pasquale . dice D’ Aiello . ha aggiunto che, anche se non era convinto di quanto affermato da Cagliari in ordine ai rapporti intrattenuti con il Ferranti (direttore finanziario dell’ Eni, ndr), avrebbe dovuto ugualmente mandarlo a casa essendo tale parte irrilevante ai fini del parere sulla liberta’ dell’ imputato". Il 16 luglio De Pasquale interroga Ferranti, poi passa nella stanza dove il pm Greco sta ascoltando Cagliari sull’ affare Enimont. "Appariva adirato . ricorda D’ Aiello . ritenendo che Cagliari avesse fatto pressioni sul Ferranti perche’ non dicesse quanto era a lui a conoscenza...De Pasquale affermo’ che Cagliari aveva tenuto un comportamento "mafioso". D’ Aiello racconta di aver saputo il giorno dopo che De Pasquale aveva espresso parere negativo alla scarcerazione: "Mi sono recato da lui per fare le mie rimostranze. Mi ha detto di stare tranquillo perche’ il gip dottor Grigo certamente avrebbe rimesso il mio assistito in liberta’ prima delle ferie". La promessa di scarcerazione fatta nell’ interrogatorio del 15 De Pasquale la racconta pero’ cosi’ : "Dissi che dopo una confessione "reale" l’ accusa non aveva alcun titolo giuridico per mantenere in carcere una persona, essendo, per fatti concludenti, venute a cessare le esigenze cautelari. Ma feci comunque presente che mi attendevo dal Cagliari una chiarificazione sul comportamento delle persone di ambiente Eni direttamente e verosimilmente implicate". A De Pasquale sembrava inverosimile che Ferranti fosse all’ oscuro delle tangenti ai partiti sull’ affare Eni Sai. Quando lo interrogo’ , "Ferranti disse che se erano veri i fatti riferiti da Cagliari, doveva concludere di essere stato "turlupinato" dal suo presidente". "Dissi allora . racconta De Pasquale . che mi sentivo ulteriormente turlupinato da entrambi. I difensori di Cagliari mi chiesero poi cosa avrei deciso sulla liberta’ del loro assistito. La discussione era diventata per me estremamente imbarazzante...L’ avvocato D’ Aiello, di fronte alle mie perplessita’ disse che noi pm eravamo degli "aguzzini" e che era ingiusto e disumano mantenere in carcere una persona anziana e molto stanca. Ne nacque una discussione molto accesa seppure non priva di umanita’ . Tanto per dare il senso del clima che si era determinato posso ricordare che Ferranti si rivolse a un certo punto a me dandomi del tu e chiamandomi Fabio. Io cercai di dire che non volevo estorcere confessioni a nessuno ma che quella sorta di parziale confessione del Cagliari finiva in un modo quasi mafioso per imporre il silenzio di Ferranti". De Pasquale conclude sottolineando che nella decisione di negare la liberta’ a Cagliari ci furono anche "episodi di reale e preoccupante inquinamento probatorio", documentati con una serie di intercettazioni telefoniche che sono state acquisite dagli ispettori. Tra queste c’ e’ il colloquio registrato dalla Guardia di Finanza il 14 luglio mattina tra il professor Giuseppe Sbisa’ e il latitante Aldo Molino che dice di chiamare da New York. Dinacci e Nardi criticano comunque alcuni comportamenti di De Pasquale giudicandoli "inopportuni" ma inquadrandoli "nell’ ambito di rapporti di antica dimestichezza tra il magistrato e l’ avvocato D’ Aiello". Resta comunque il fatto che gia’ all’ inizio di luglio Cagliari aveva deciso di uccidersi. In una lettera spedita alla moglie il 3 luglio scriveva infatti: "Sono pronto a un gesto di ribellione...perdonami". E lo stesso giorno in una lettera a D’ Aiello, diceva: "La prego di stare vicino a mia moglie, le confermi, la prego, che le ho inviato una lettera". L’ inchiesta del pm Ascione va avanti e nei prossimi giorni saranno ascoltati come testimoni alcuni protagonisti delle cronache di tangentopoli. Sembra che l’ attenzione del magistrato piu’ che sul comportamento di De Pasquale sia centrata sui retroscena di una serie di episodi che nel luglio ’ 93 sconvolsero Tangentopoli e che avrebbero un denominatore comune. Cagliari si sarebbe suicidato per non rivelare segreti che avrebbero coinvolto pesantemente importanti personaggi all’ estero.


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(19 luglio 1995) - Corriere della Sera