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 2010  settembre 01 Mercoledì calendario

CON LE NUOVE TARIFFE PAGANO MENO I SINGLE

Soltanto in un comune italiano su otto i cassonetti stradali sono stati eliminati e la raccolta dei rifiuti viene effettuata porta a porta. Una percentuale piuttosto bassa, soprattutto in considerazione dei risultati che si possono raggiungere con questo metodo. La qualità e la percentuale della differenziata schizzano infatti alle stelle, intorno a medie del 60-70%, contro quella nazionale che viene (sovra)stimata al 20 per cento.
Forse in pochi lo sanno, ma il decreto Ronchi del 1997 prevedeva un passaggio graduale dalla cosiddetta Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale). La prima, detto in soldoni, è un importo fisso deciso dai Comuni in base al costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti e in base alla metroquadratura degli immobili soggetti all’imposta. La Tarsu presuppone dei “cassonetti collettivi” e le entrate totali possono non coprire la totalità dei costi del servizio. La seconda segue un principio molto semplice: chi più inquina, più paga. E i costi della filiera di gestione e smaltimento devono essere interamente coperti dalla Tia, in modo tale che il problema rifiuti non possa sottrarre risorse ad altre voci del bilancio comunale. Il metodo per calcolare quanto dovuto da una famiglia è piuttosto complesso. Come per la Tarsu, nella Tia una quota fissa, pari a circa il 34%, viene calcolata sulla grandezza degli immobili. Una seconda quota, che pesa circa per il 33%, viene misurata in base al numero di persone che compongono il nucleo familiare. Il ragionamento è semplice: per statistica, una famiglia di due persone produce meno rifiuti di una di quattro. La terza quota, infine, viene calcolata sul numero di svuotamenti del cassonetto che raccoglie i rifiuti indifferenziati (più difficili da smaltire e soggetti a un’ulteriore tassazione). La Tia, dunque, si presenta come una tassa più equilibrata e proporzionale alla produzione di scarti. A sorridere come messo in evidenza dal caso del Comune piemontese preso in considerazione nella tabella accanto saranno soprattutto i single e i nuclei familiari più ridotti che, proporzionalmente, contribuiranno con il pagamento di importi minori.
Gioco forza, la Tariffa di igiene ambientale rende più responsabili i cittadini. In primis perché il cassonetto è loro e loro soltanto: se le regole per una buona raccolta non vengono seguite, non viene svuotato e si incappa in sanzioni. Inoltre, se l’importo dovuto cresce di pari passo al numero di volte in cui i rifiuti vengono ritirati, il cittadino cercherà di produrne il meno possibile a tutto vantaggio dell’ambiente. Per la lettura dei cassonetti si possono seguire differenti strade. Una è quella del codice a barre identificativo, letto o manualmente o in automatico dal camion delle nettezza urbana nel momento in cui il contenitore viene agganciato. Oppure si può continuare a utilizzare un raccoglitore collettivo, accessibile agli utenti con una carta personale, in grado di pesare la “svuotate” e di non tradire il principio fondamentale della Tia: più rifiuti significano più tasse. E’ facile comprendere come questo sistema presupponga investimenti tecnologici e un’adeguata fornitura di attrezzature per tutti i cittadini coinvolti. Una “complicazione” (che sicuramente ha contribuito al lento diffondersi della Tia) a cui spesso si ovvia applicando una tariffa presuntiva, che non richiede nessuna sostanziale modifica del sistema di gestione. In sostanza, se non è possibile pesare i rifiuti indifferenziati delle singole abitazioni (in questo caso si parla di tariffa puntuale), la suddivisione dei costi variabili viene stabilita con l’uso di coefficienti diversi per ogni categoria di utenza.
Nel passaggio alla Tia il rifiuto diventa quasi “proprietà” di chi lo genera, di un cittadino – statistiche alla mano, il primo produttore di rifiuti solidi urbani (Rsu) che spesso non vede di buon occhio questo cambiamento. Anche questo atteggiamento ha spinto tante amministrazioni a preferire il quieto vivere a un sistema che, dal punto di vista della prevenzione ambientale, offre risultati senza pari. Altre sacche di resistenza provengono dalle categorie più “colpite” dall’eventuale cambiamento, come le attività commerciali pur di modeste dimensioni che producono molti rifiuti, per esempio un bar, un fruttivendolo o una pescheria. Non è semplice accettare il fatto che una grossa banca, che di immondizia non ne produce affatto, paghi una tarrifa minore. Ma utili e ricchezza, per questa imposta non conta: infatti, chi inquina paga.