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 2010  settembre 01 Mercoledì calendario

Pechino, il giallo del governatore - Perdi i soldi e scappa. Come sceneggiatura di un film ci starebbe tutta: Zhou Xiaochuan, il governatore della Banca Popolare Cinese - la banca centrale di Pechino - è accusato di aver sperperato qualcosa come 430 miliardi di dollari con investimenti andati male

Pechino, il giallo del governatore - Perdi i soldi e scappa. Come sceneggiatura di un film ci starebbe tutta: Zhou Xiaochuan, il governatore della Banca Popolare Cinese - la banca centrale di Pechino - è accusato di aver sperperato qualcosa come 430 miliardi di dollari con investimenti andati male. E lui che fa? I bagagli, e - prima di finire in galera - si consegna agli americani, sognando una nuova vita a Wall Street. Chi, dopotutto, potrebbe trovare giustificazioni nel perdere il 17% dell’intera riserva in valuta della Cina? Chi ha mai avuto 430 miliardi da giocarsi nel casinò della crisi? La notizia della fuga di Zhou rimbalza in Internet di blog in blog, finché lunedì la strombazza al mondo il sito americano di intelligence Stratfor. Morale: i mercati si allarmano. Dov’è finito Zhou? Un banchiere centrale che scappa non è roba da tutti i giorni. Che cosa c’è dietro? «Dicono che il governatore sia fuggito, ma invece ha appena presieduto una riunione», dice il vice di Zhou, Hu Xiaolian ai cronisti del Wall Street Journal che vogliono verificare la notizia, letta in Rete. Il giallo scatta subito, perché la Cina non è certo la patria della trasparenza. Risalendo la corrente delle indiscrezioni spunta - riporta Stratfor - un fantomatico articolo attribuito a un quotidiano di Hong Kong, Ming Pao, citato dai blogger ma di assai dubbia autenticità in cui, il 28 agosto, si narra delle maxi perdite da 430 miliardi sui Treasury Bond americani (altre versioni vogliono che gli investimenti riguardassero le finanziarie Usa Fannie Mae e Freddie Mac). E della volontà della polizia di punire i responsabili, Zhou incluso. Domenica scatta il tam tam secondo cui il governatore avrebbe preferito darsi alla fuga. L’indiscrezione prende a viaggiare in lungo e in largo per la Cina. Interviene il direttore del Ming Pao per smentire che l’articolo da cui è nato il circo delle illazioni sia opera del suo giornale. Anzi, sottolinea di non aver «nulla a che vedere» con la faccenda e di «condannare con forza» l’uso del buon nome della testata per «diffondere false informazioni». Dal governo, come è d’uso nella Repubblica popolare, tacciono. Casomai, nella migliore tradizione, si limitano a impedire la ricerca di Zhou sui motori di ricerca in Internet. Ad affrontare il fuoco di fila internazionale che chiede conto della sparizione del signor governatore resta il suo vice Hu, preoccupato per la reazione dei mercati: lamenta «l’effetto assolutamente anormale» che la bufala ha provocato. «Di solito la volatilità dei mercati si deve a notizie o analisi. Ma speculare su una cosa come questa è assolutamente anormale», commenta. Mentre la sua indignazione sale, nel mondo resistono i dubbi. Fateci vedere Zhou. Negli Stati Uniti non c’è, così sostengono fonti riservate dell’intelligence citate dai giornali americani. E, prova delle prove, spuntano i testimoni che l’hanno incontrato lunedì, quando avrebbe già dovuto essere a Central Park a strafogarsi di hot dog. Uno è il dirigente dei servizi finanziari giapponesi, Shozaburo Jimi, l’altro è un italiano. Sissignori, l’ex ministro delle Finanze, epoca Prodi, Tommaso Padoa-Schioppa. «Entrambi - rincuora l’agenzia Ansa - hanno confermato di essersi intrattenuti ieri (lunedì, ndr) col governatore e le foto degli incontri sono state pubblicate sul sito web della Banca Popolare Cinese». Il caso, così, dovrebbe essere chiuso. Restano gli sghignazzi di chi ieri a Wall Street immaginava cosa sarebbe successo se questa storia fosse davvero stata come raccontata all’inizio, con tutto quel denaro in fumo. E non invece, come sembra, una storia legata alla poltrona di Zhou, che scade nel 2012: la lunga lotta per la succesione è cominciata. E qualcuno ha pensato bene di tirargli un piccolo scherzo.