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 2010  settembre 01 Mercoledì calendario

L’accusa di plagio era impensabile nel Rinascimento - Il telescopio galileiano è un’invenzione, ma non è di Galileo, il quale ascolta relazioni provenienti da più parti d’Europa e soprattutto la dettagliata descrizione dello strumento che il suo compagno di ricerche e amico Fra’ Paolo Sarpi gli fornisce dopo averne verificate le caratteristiche tecniche

L’accusa di plagio era impensabile nel Rinascimento - Il telescopio galileiano è un’invenzione, ma non è di Galileo, il quale ascolta relazioni provenienti da più parti d’Europa e soprattutto la dettagliata descrizione dello strumento che il suo compagno di ricerche e amico Fra’ Paolo Sarpi gli fornisce dopo averne verificate le caratteristiche tecniche. Grazie al documento storico valutato da Mario Biagioli si può persino inferire con buona probabilità che Galileo abbia avuto la possibilità di vedere l’apparecchio. Come mai non si cura di fornire queste informazioni ed esibisce un atteggiamento che oggigiorno gli costerebbe un’infamante accusa di plagio? L’atteggiamento di Galileo può essere compreso alla luce di due diversi aspetti, legati entrambi alle modalità rinascimentali della comunicazione scientifica. Il primo riguarda l’elaborata strategia di comunicazione di Galileo stesso. Biagioli ha dimostrato in una serie di studi come egli sapesse «dosare» le informazioni in funzione del lettore e dell’obiettivo da raggiungere. Il secondo riguarda le modalità di diffusione del sapere tecnico e pratico in genere. Ingegneri e architetti rinascimentali che pubblicano trattati, per esempio di macchine, di architettura civile o militare, non citano le fonti contemporanee. Armati di taccuino, prendono appunti, mentre osservano magari una macchina per sollevare pesi e concepita da un altro ingegnere. Infine inseriscono i loro studi d’osservazione nei trattati come frutto delle proprie ricerche. Un enorme numero di trattati di fortificazione militare del XV e XVI secolo dimostra questa prassi. Abbandonata l’università, tra il 1585 e il 1588 Galileo studia Euclide e Archimede per imparare a risolvere problemi pratici specifici. In contatto con le grandi botteghe fiorentine, impara le tecniche di misurazione dei costruttori di lenti ed è in contatto con l’Accademia del Disegno, luogo principe per la diffusione del sapere degli ingegneri e architetti. Ottenuta la cattedra di matematica nel 1592 a Padova, si occupa prevalentemente della formazione di ufficiali militari. Le lezioni universitarie a livello introduttivo e quelle specialistiche in forma privata, a casa propria, hanno lo scopo di impartire le discipline tecnico-matematiche che un ufficiale della fine del XVI secolo deve saper padroneggiare. Il profilo di Galileo tra il 1592 e il 1609 è chiaramente quello dell’ingegnere militare, una situazione assolutamente normale per un «lettore» di matematica all’università della seconda metà di quel secolo. Il profilo di «Galileo ingegnere» emerge dall’analisi di una mole di documenti noti e pubblicati da tempo, ma che molti approcci storiografici hanno voluto porre in secondo piano. Una delle attività pratiche e artigianali da lui svolte dal 1609 in poi è quella di produttore di lenti da telescopio. Grazie alla sua abilità riesce a migliorarne sensibilmente la capacità d’ingrandimento. A questo punto la sua prima azione è donarlo alle autorità veneziane come strumento militare, rimettendosi alla benignità del Doge per gli eventuali vantaggi che lui stesso avrebbe potuto ricavare da tale donazione. Questo è il modo tipico dell’ingegnere rinascimentale per vendere tecnologia. Come afferma Biagioli, il comportamento di Galileo non è anomalo. Quando pubblica il «Sidereus nuncius» nel 1610 non è ancora il «Primo matematico e filosofo» alla corte fiorentina, ma è un «lettore» di matematica che nel frattempo ha avuto la grande intuizione di sfruttare il potenziale scientifico del nuovo strumento.