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 2010  agosto 31 Martedì calendario

CAMBI, GOVERNATORI SOTTO SCACCO — È

un segno che i leader delle grandi banche centrali ormai si occupano di molto più che semplicemente di inflazione o di tassi d’interesse. O magari è altro un sintomo dell’epidemia occidentale del debito che dal 2007 nessuno riesce a controllare. Ma nella sostanza, per una volta almeno, cinesi e giapponesi si capiscono alla perfezione. I banchieri centrali dei due grandi Paesi creditori d’Asia appaiono sempre più in difficoltà, entrambi per lo stesso motivo: la debolezza del dollaro.
Masaaki Shirakawa, il governatore di Tokyo, è ormai sottoposto a una quotidiana gogna pubblica (e governativa) per l’incontenibile sopravvalutazione dello yen sul biglietto verde. Ma è su Zhou Xiaochuan della Banca del Popolo della Cina, il responsabile ultimo di circa 2.500 miliardi di dollari di riserve valutarie di Pechino, che si addensano le voci più destabilizzanti. Ieri in serata Stratfor, il sito di intelligence più autorevole degli Stati Uniti, riportava i sospetti diffusi in Cina che Zhou si sia dato alla fuga, rifugiandosi negli Stati Uniti. Tutto nasce dall’agenzia di stampa di Hong Kong Ming Pao, che nel fine settimana ha parlato di possibili «punizioni» per i responsabili della banca centrale cinese dopo (presunte) perdite da 430 miliardi di dollari sugli investimenti in titoli del Tesoro Usa. Vera o no, la voce riflette bene la crescente paranoia del sistema finanziario cinese: subire perdite sulla colossale esposizione in dollari della banca centrale, frutto del surplus commerciale e dei continui interventi per frenare la rivalutazione dello yuan. Ora una scivolata del biglietto verde sullo yuan imporrebbe perdite ingenti a Pechino, dove gran parte delle riserve è proprio in titoli americani.
Ming Pao ha subito smentito la sua stessa indiscrezione, ma lo ha fatto quando il genio ormai era fuori dalla lampada. Da giorni sui blog cinesi si inseguono commenti e fughe di notizie sulla presunta defezione di Zhou negli Stati Uniti, dove peraltro il governatore si è formato. Le voci sono così intense che il sistema di censura di Internet ha bloccato le parole «Zhou Xiaochuan» su tutti i motori di ricerca. Dalla banca centrale non sono invece arrivate smentite, solo aggiornamenti sulle attività ordinarie del governatore. Peraltro, secondo alcuni blog Zhou, in realtà sarebbe stato consegnato agli arresti domiciliari.
Il governo e la stessa banca centrale in realtà dispongono del modo migliore per placare le voci: mostrare il governatore in pubblico (la sua ultima apparizione risale all’inizio di agosto). Ma se non lo facessero nei prossimi giorni, i sospetti potranno solo rafforzarsi e minare il valore del dollaro. Sui mercati, l’incertezza sulla guida della banca centrale cinese finirebbe infatti per essere spiegata con i dubbi della Cina, primo creditore degli Stati Uniti, sulla tenuta del suo grande debitore.
La debolezza del dollaro, frutto del debito pubblico e privato degli Stati Uniti, sta intanto complicando la carriera anche al governatore di Tokyo Shirakawa. Lo yen viaggia ai massimi da 15 sul biglietto verde e la competitività dell’export nipponico soffre. Nel fine settimana, al vertice dei banchieri centrali a Jackson Hole, Shirakawa si è lamentato con i colleghi della pressione a cui lo sottopone il suo stesso governo. Ieri poi ha annunciato modeste misure di ampliamento delle finestre del credito. Ma sia per lui sia per Zhou l’America in crisi, a cui entrambi hanno prestato migliaia di dollari, continuerà ancora a animare i peggiori incubi notturni.
Federico Fubini