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 2010  agosto 31 Martedì calendario

TEHERAN INSULTA CARLA BRUNI «UNA PROSTITUTA NON DA’ LEZIONI» —

la guerre comme à la guerre. Teheran è sotto un attacco mediatico partito dalla Francia per la «barbarie della condanna alla lapidazione» di Sakineh Ashtiani? I media iraniani rispondono con un fuoco di fila che punta il più vicino possibile al potere senza scomodare le diplomazie.
Ha cominciato sabato Kayhan, il quotidiano portavoce ufficioso della Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Il titolo era l’elegante «Le prostitute francesi blaterano di diritti umani», ma nel testo si trascendeva ancor di più e Carla Bruni (moglie del presidente della République) veniva definita «battona», «attrice e cantante depravata», «rovina famiglie».
La Première Dame, assicura l’articolo, «merita quell’appellativo tant’è vero che sulla stampa occidentale si trovano nel dettaglio i suoi numerosi atti contro la morale. Tali precedenti spiegano bene come mai questa donna immorale (Carla Bruni) tenti di aiutare un’altra donna (Sakineh Ashtiani) condannata per adulterio e complicità nell’omicidio di suo marito». Nell’elenco delle «prostitute francesi» accorse in aiuto della donna che potrebbe essere lapidata anche Isabelle Adjani, che viene schiaffeggiata con un semplice «attrice corrotta».
La televisione Irib è stata più chiara sui fini degli insulti parlando sì d’«immoralità» ma anche di ingerenza negli «affari interni» iraniani. Il vero punto cui probabilmente mira la raffica di offese e male parole di cui è diventata bersaglio Carla Bruni.
Tanta volgarità è insolita per un Paese raffinato e colto oltre che sessuofobo come l’Iran. Il caso all’origine di tutto è spinoso. Sakineh Ashtiani è imputata in un processo assai opaco in cui le accuse cambiano nel corso del tempo come le condanne. Accusata di adulterio poi di istigazione a delinquere, poi di complicità in omicidio, le pene sono state le frustate, la galera e la lapidazione. Per il momento sospesa.
Diversi gli appelli e le raccolte di firme a favore della donna in tutto il mondo. Bernard-Henri Lévy, che ieri è intervenuto anche sul Corriere, ha lanciato quello a cui hanno aderito più celebrità. Tra loro appunto Carla Bruni e Isabelle Adjani.
«Dal fondo della vostra cella — ha scritto pochi giorni fa la Première Dame all’iraniana in carcere — sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà». Alle promesse sono seguite i fatti. Il presidente Sarkozy ha detto di considerare Sakineh sotto la protezione francese e poi ha incaricato il ministro degli Esteri Bernard Kouchner di chiedere ai 27 Paesi dell’Unione europea l’impegno a varare sanzioni nel caso la sentenza venga eseguita. «Dobbiamo ricordare alle autorità iraniane che, così come per il problema del nucleare, l’isolazionismo e le chiusure hanno un prezzo».
Anche in Italia sono numerosi gli appelli contro la lapidazione e destra e sinistra marciano, se non assieme, almeno nella stessa direzione. Il Comune di Firenze (Pd) ha esposto una gigantografia dell’iraniana sulla facciata di Palazzo Vecchio e la Regione Lazio (Pdl) ha lanciato un appello online. Ancora nessun atto ufficiale dal governo, solo un messaggio su Facebook del ministro degli Esteri Franco Frattini.
Non è la prima volta che la Bruni si vede dare della «poco di buono» da Hossien Shariatmadari, direttore di Kayhan, il giornale all’origine del caso. Per il giornalista la «cantante italiana» era già una «prostituta» quando usciva prima del matrimonio con il presidente «playboy» di Francia. Le nozze, per Shariatmadari, non hanno evidentemente «riparato» nulla.
Andrea Nicastro