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 2010  agosto 31 Martedì calendario

PILOTESSE E MINISTRI. MA SOLO CON IL «SI’» DI PADRI E MARITI

Kulthum Bouseyfi, una delle rare donne pilota libiche, ha raccontato alla Bbc della volta che durante un volo disse «buongiorno parla il capitano» e alcuni passeggeri anziani cominciarono a sbraitare: «Com’è possibile, è una donna!». E poi ce l’ha il permesso paterno? Fu proprio il femminista Gheddafi, nella sua precedente visita italiana, a parlare di donne al volante con la condizionale: «Spetta al marito, ai fratelli, al padre dare il permesso di farle guidare».
Il Libia le donne costituiscono il 22% della forza lavoro. Negli anni ’70 erano soltanto il 6%. Un passo avanti. Ci sono ministre e avvocatesse, giudici e dottoresse. All’Accademia Militare Femminile venivano ad addestrarsi anche dall’estero, dal Sudan e dal Libano. Andare oltre confine per le libiche non è così facile: secondo il Dipartimento di Stato Usa i mariti possono rivolgersi alla magistratura per bloccare l’espatrio della moglie (anche straniera). Falsità messe in giro dal nemico americano? Secondo il Sigi (Social Institutions & Gender Index) Tripoli è al 91° posto nella classifica di 102 «Paesi non Ocse» in base all’uguaglianza tra i sessi. In Libia sono illegali le associazioni femminili indipendenti dallo Stato. Il livello di protezione e integrità fisica «è relativamente basso». Non esiste il reato di violenza sessuale all’interno del matrimonio. Nessuna legge proibisce alle donne di muoversi liberamente, anche se le «norme sociali» riducono di molto la possibilità di farlo. E il lavoro? Alcune professioni «dure o pericolose», in linea con i comandamenti del Colonnello, sono riservate agli uomini. «Per noi è raro vivere da sole o lavorare nel settore pubblico — ha detto una donna d’affari alla Bbc, sotto il velo dell’anonimato — È una società molto conservatrice e patriarcale».
E poi c’è la differenza «a sorpresa» tra città e deserto. Storicamente le libiche di città sono sempre state più sofisticate e consapevoli, ma curiosamente anche più conservatrici nelle relazioni sociali e nell’abbigliamento. Nella tradizionale società beduina le donne non portano il velo, che simbolizza una condizione di inferiorità.
Michele Farina