Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 14/07/2010, 14 luglio 2010
IDENTITA’ E PUREZZA, LA LEZIONE DEI MONDIALI
Era felice, l’ altra sera, sugli spalti dello stadio che ospitava la finale, il grande Nelson Mandela. E certo nessuno ha meritato quanto lui, che aveva fortissimamente voluto i Mondiali in Sudafrica, i complimenti di Joseph Sepp Blatter: «Il Sudafrica merita un bel 9 in pagella. La perfezione non esiste, quindi il voto è altissimo». Solo undici anni fa, in un discorso in Parlamento, Pieter Mulder, il leader del Freedom Front Plus, la destra afrikaner, aveva vantato tutti i meriti del suo Paese: «Il Sudafrica è economicamente due volte più forte della Nigeria e quasi tre volte più forte dell’ Egitto. L’ economia del Sudafrica è 80 volte più forte della media dei Paesi africani. In aggiunta a ciò, abbiamo le migliori strade, le migliori reti elettriche e le migliori reti telefoniche in Africa. Quasi la metà di tutte le strade asfaltate nel nostro continente, si trovano in Sudafrica. La Repubblica democratica del Congo è il doppio della dimensione del Sudafrica con 3 mila chilometri di strade asfaltate, il Sudafrica ne ha 73 mila. La Nigeria ha tre volte la nostra popolazione, ma solo un decimo della nostra energia elettrica. Se il Sudafrica non è il Paese più ricco di minerali, di petrolio o delle condizioni più favorevoli all’ agricoltura, perché siamo il gigante economico in Africa?». Una domanda centrale. Alla quale il leader dei bianchi afrikaner rispondeva riconoscendo il contributo dei neri e insieme rivendicando quello dei bianchi. E concludendo: «I bianchi non possono fare tutto da soli, ma nemmeno i neri». Questo è il nodo. L’ ha scritto meglio di chiunque altro Robert Fredrickson: «I neri che detengono ora il potere in Sudafrica non possono, date le risorse a loro disposizione, risarcire adeguatamente i neri per tre secoli e mezzo di espropriazioni, sfruttamento e privazioni nella misura che sarebbe necessaria per renderli realmente uguali ai bianchi». Peggio: la voglia di vendetta, ammoniva lo storico americano, era un rischio mortale: «Il danno lasciato dietro di sé dai regimi apertamente razzisti potrebbe anche incoraggiare comportamenti antisociali e autodistruttivi». Molto più saggio un riequilibrio più lento. E la costante ricerca, vista anche in questi anni proprio grazie all’ immensa statura carismatica di Nelson Mandela, di una convivenza pacifica, serena, virtuosa. Tanto più che dopo quattro secoli ormai l’ impasto di etnie, nel Paese, è tale da rendere sempre più spesso arduo distinguere «chi è cosa». Ecco: il successo dei Mondiali, dovuto ai neri e ai bianchi, potrebbe aiutare tutti, a superare definitivamente quel problema racchiuso nel marzo del 1973 in una celebre invettiva di amore per il suo Paese e di odio per l’ apartheid del grande poeta afrikaner Breyten Breytenbach: «Siamo un popolo bastardo, con una lingua bastarda e una natura bastarda. E come tutti bastardi, incerti della loro identità, abbiamo cominciato ad aggrapparci disperatamente al concetto di purezza».
Gian Antonio Stella