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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

L’INTRIGO INTERNAZIONALE DELLO SCIENZIATO RIAPPARSO

Prima atmosfere da Guerra Fredda con le dieci piccole spie russe. Ora le ombre persiane, con un’ altra storia tutta da decifrare. Al centro dell’ intrigo Shahram Amiri, 32 anni, un brillante scienziato nucleare iraniano. Sparito, nell’ estate del 2009 durante il pellegrinaggio alla Mecca, è riapparso lunedì alle 18.30 davanti al cancello dell’ ambasciata pachistana a Washington. La sede diplomatica ospita, infatti, la sezione di interessi iraniana: ed è lì che ha chiesto assistenza raccontando la sua verità. Amiri ha sostenuto di essere stato rapito e trattenuto per «14 mesi» dagli agenti americani. Una detenzione segnata da pressioni psicologiche. La Cia - è la tesi iraniana - ha cercato di rimandarlo in Iran un mese fa attraverso gli Emirati ma l’ operazione è fallita per il no delle autorità locali. Allora lo hanno accompagnato all’ ambasciata pachistana. Diversa la versione statunitense: Amiri è venuto spontaneamente ed è libero di andarsene. Nelle prossime ore potrebbe raggiungere, via Turchia, il suo Paese. Prima di riapparire a Washington, Amiri era uscito allo scoperto in modo virtuale, con alcuni filmati su Internet amplificati dai media iraniani. In un primo video, in giugno, ha raccontato che gli americani e i sauditi lo avevano sequestrato portandolo a Tucson, Arizona. Un intervento smentito da un secondo video - su YouTube - dove l’ iraniano diceva invece di trovarsi bene in America. Quindi in un terzo intervento affermava di essere riuscito a scappare e di trovarsi in Virginia. Una facilità di comunicazioni sorprendente per uno che era sotto sorveglianza. Ma come è stato possibile? Fonti di intelligence - citate dall’ Abc - hanno fornito questa ricostruzione. Amiri ha collaborato fornendo informazioni cruciali sui progetti nucleari: sembra che i dati siano stati decisivi per valutare lo status del programma iraniano e convincere il duo Russia-Cina sull’ esigenza di nuove sanzioni. Ma una volta arrivato negli Stati Uniti, come spesso accade ai transfughi, Amiri ha avvertito l’ isolamento. Si è sentito perso, forse era depresso. Per giunta la sua famiglia - moglie e figlio - erano rimasti in Iran. All’ inizio dell’ anno ad Amiri viene permesso di chiamare casa due volte. La seconda a rispondere è un funzionario della sicurezza iraniana che minaccia i familiari dello scienziato. Qualche tempo dopo, la Cia scopre che Amiri, via webcam, ha registrato un colloquio con uno 007 di Teheran dove dice di essere stato rapito. L’ intelligence Usa reagisce preparando un video dove Amiri corregge il tiro ma sarà usato solo dopo che Teheran ha fatto uscire il suo. Ormai il pasticcio è fatto e gli americani temono che lo scienziato voglia davvero tornare a casa. E si arriva alla «consegna» di lunedì. Uno sviluppo con diverse ipotesi. La prima. La Cia ha ottenuto quello che voleva da Amiri e lo lascia andare. Una ripetizione di quanto avvenne con il genero di Saddam, Hussein Kamal. Scappato in Giordania, coopera con gli Usa, poi rientra a Bagdad dove verrà ucciso (1996). La seconda. Gli americani non hanno saputo gestire una fonte primaria e avrebbero dovuto monitorare i contatti. La terza. Amiri è un agente doppio, ha lavorato per i servizi dei due Paesi. La quarta. Il ritorno dello scienziato potrebbe servire come contropartita per il rilascio di tre escursionisti americani arrestati in Iran. Uno scenario prospettato in passato da Ahmadinejad ma negato ieri da Teheran. Un bazar dove ci sono altre pedine segrete: l’ ex generale dei pasdaran Asgari e l’ investigatore americano Bob Levinson. Di loro non si sa più nulla da tempo.
Guido Olimpio