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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

LE NUOVE FAMIGLIE DEL WEB - DALLE RICETTE ALLO SPORT, DALLA POLITICA ALLA SCIENZA: I GRUPPI VIRTUALI COLONIZZANO IL WEB. E CAMBIANO ANCHE LA NOSTRA VITA REALE. ECCO PERCH

Si scambiano opinioni politiche e ricette di cucina, scrivono insieme voci enciclopediche, si tengono aggiornati sulle scoperte scientifiche o sull´ultimo gossip di una star, discutono di politica e sport. Sono i netizen, cittadini che abitano nelle nuove e infinite comunità virtuali. Ma dovremmo dire «siamo», perché ormai nessuno, o quasi, può dire di non aver mai frequentato una community. Per protestare contro la legge-bavaglio, com´è accaduto nelle ultime settimane, oppure per commentare l´ultima puntata del Grande Fratello. Per approfondire con altri appassionati le nuove teorie filosofiche, per trovare un passaggio in automobile nel prossimo viaggio. Sono come i vecchi circoli, le famiglie allargate, le tribù di una volta. Ma forse sono una nuova forma di struttura sociale, mai sperimentata prima.
Trovare un minimo comune denominatore è difficile. Gli italiani sono tra i più assidui utilizzatori europei di reti sociali: il 24% dedica alle communities più di 2 ore alla settimana, rispetto al 19% degli inglesi, al 17% dei francesi e al 15% dei tedeschi. Il nostro paese, in ritardo sulla diffusione di Internet, ha invece fatto esplodere i social network. Sui 24 milioni di utenti italiani del web, circa 16 milioni hanno un profilo su Facebook.
«Per la società digitale, Facebook è quello che era l´elenco telefonico nella società analogica» racconta l´esperto Giuseppe Granieri, autore di La società digitale e de L´umanità accresciuta. «Lì dentro c´è il paese, almeno quello connesso, con tutti i suoi interessi, le vocazioni, i temi, le passioni. Per ognuna di queste vocazioni c´è un gruppo, una pagina - continua Granieri - . Spesso sono aggregazioni legate alla cronaca e all´emozione, pensiamo per esempio alla morte di Taricone, ma il più delle volte sono comunità stabili che lavorano su progetti o che filtrano il mondo in base a determinati interessi».
Ogni community ha le sue regole, a volte un proprio codice linguistico. Un´identità liquida, aggiornata continuamente. Nel Mobile Experience Lab al Mit di Boston, del quale è direttore, Federico Casalegno studia da tempo le comunità virtuali. «Siamo passati da gruppi di discussione su temi precisi tra persone distanti fisicamente a comunità online tra amici, persone che si conoscono già. Il web è diventato uno straordinario catalizzatore di incontri tra persone». Casalegno fa l´esempio di un progetto condotto dall´ateneo americano per la provincia di Brescia dedicato alla prevenzione della guida in stato di ebbrezza tra i giovani. Alcuni ragazzi che andavano in discoteca hanno indossato un braccialetto elettronico in grado di misurare il tasso alcolico nel sangue. Se il livello permesso veniva superato, un sensore si collegava al social network di riferimento per trovare un altro amico disposto a guidare l´automobile. «E´ la differenza tra un approccio verticale tradizionale, come le volanti della polizia che fanno posti di blocco sulle strade, e quello orizzontale, nel quale s´instaura un senso di fiducia e appartenenza tra i giovani».
Fiducia e appartenenza sono le parole chiave. Secondo il docente del Mit, dalle communities viene anche un modo di ripensare la politica. Non a caso, Barack Obama ha costruito la sua campagna elettorale su questi gruppi online. «E´ l´idea di un rapporto diretto con chi governa, rispetto alla tradizionale politica inavvicinabile, con il sentimento che attraverso la rete si può veramente essere attivi nella società». I netizen non sono altro che i cittadini nella nuova agorà del ventunesimo secolo.
«Un censimento è impossibile», osserva Giuseppe Granieri. «Ci sono mille comunità per ogni interesse umano, anche quelli apparentemente meno collegati alla tecnologia, come l´uncinetto o il burraco». Alcuni siti funzionano da aggregatori intorno a un tema, come il sito aNobii, punto di riferimento per gli amanti dei libri, oppure "Zero Violenza Donna", per chi segue le tematiche femminili. Secondo l´European Interactive Advertising Association (Eiaa), il numero di donne che si connette almeno una vota alla settimana ai social network è leggermente superiore a quello degli uomini: 89,3 milioni rispetto a 88,7 milioni.
Uno spazio che è diventato un´occasione di marketing. «Le comunità virtuali - spiega Emanuela Prandelli, professore associato management all´università Bocconi - hanno sostituito il vecchio passaparola, capace di incrementare o meno le vendite di prodotti e servizi». Secondo l´istituto Forrester, l´80% dei consumatori si fida dei consigli degli amici online, una percentuale tre volte superiore alla fiducia riposta nelle inserzioni pubblicitarie su mezzi tradizionali. Sempre più aziende cercano di sviluppare le "brand communities", comunità costituite intorno alla promozione di un marchio. Starbucks vanta online 7,5 milioni di utenti e la casa di lingerie Victoria´s Secrets ne ha già 2 milioni. Lego ha dato agli utenti la possibilità di disegnare nuovi prodotti, Nike ha proposto di personalizzare online le proprie scarpe. «Si cerca così l´interazione e la condivisione con i consumatori» aggiunge Prandelli.
Le prime communities sono nate negli anni Novanta, quando ancora le persone connesse si contavano in migliaia. «All´epoca - ricorda Granieri - gli ambienti erano diversi da oggi, per esempio i gruppi "usenet", i primi forum, le "mailing list". Poi, dai primi anni Duemila il concetto ha avuto la sua diffusione popolare». Ritrovarsi online significa spesso condividere saperi e incrementare la conoscenza. L´esempio più famoso è quello di Wikipedia, ma ormai molte università mettono in rete ricercatori e pubblicazioni. Altre volte, partecipare a questi gruppi significa manifestare un´idea o semplicemente dichiararsi "fan" di qualcosa o qualcuno. Il 61% degli utenti di social network, secondo un rapporto pubblicato da Microsoft nel 2007, dichiara di voler esprimere così opinioni e punti di vista su argomenti d´interesse specifico. Solo il 25% indica la ricerca di un partner come principale motivo di utilizzo, mentre il 47% vuole facilitare relazioni esistenti e mantenere il contatto con amici e familiari.
Gli ultimi dati Istat mostrano che l´80% dei giovani tra 19 e 24 anni partecipa alle reti sociali. Sono quelli abituati a rispondere «Scusa, sono offline», «Ne parliamo sul Messenger». Casalegno fa l´esempio della prime comunità virtuali a San Francisco, agli albori di Internet. «Anche in quel caso venivano poi organizzati pic-nic per parlarsi faccia a faccia». Il nuovo modo di vivere la rete ha fatto un ulteriore salto qualitativo negli ultimi anni, grazie alla connessione mobile. «Non siamo più isolati a casa davanti al pc, la nostra interazione è periferica - spiega il direttore del Mobile Experience Lab - e non è più una dimensione immersiva perché mentre siamo connessi spesso siamo in presenza di altre persone». La distinzione tra virtuale e reale, online/offline, è stata insomma superata. «Investiamo sempre più tempo in uno spazio immateriale, ma non meno reale - conclude Granieri - e interagiamo senza corpo, lavorando, emozionandoci, giocando, costruendo cose che entrano a pieno titolo nella nostra vita. Dobbiamo imparare a orientarci, a capire gli altri, a leggere le dinamiche degli ambienti online esattamente come abbiamo fatto per secoli con gli ambienti fisici». Serve una nuova alfabetizzazione delle relazioni umane. Anche su questo, l´Italia è in ritardo.