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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

VIA LA RESPONSABILIT DEGLI EDITORI INTERCETTABILI GLI AMICI DEI PARLAMENTARI - ROMA

Sei più cinque. Tanti sono gli emendamenti firmati, i primi sei, dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia Enrico Costa e dal leghista Matteo Brigandì, e i cinque dalla presidenza della commissione e relatrice del ddl sulle intercettazioni Giulia Bongiorno. Solo oggi si capirà il loro destino, ma nell´ipotesi che dovessero passare tutti e undici la conseguenza sarebbe che il ddl intercettazioni diventerebbe meno nefasto di quanto non sia oggi. Modifiche importanti, a partire da quella della Bongiorno che elimina «la responsabilità giuridica per gli editori» qualora un giornalista pubblichi intercettazioni ancora segrete. E quella che toglie la clausola di salvaguardia per l´entourage più stretto di un parlamentare, "protetto" nella versione del Senato da qualsiasi possibilità di controllo della magistratura. Di rilievo anche la novità di Costa-Brigandì che fa rientrare tutti i delitti di grave allarme sociale, e quindi anche tutti i reati "spia" (secondo la dizione dei finiani), nel novero di quelli per cui non ci sono limiti alle intercettazioni, ma bastano i «sufficienti indizi di reato» e non ci sono limiti di tempo. Rilevante anche il venir meno della barriera della durata "breve" degli ascolti, sempre made in Costa-Brigandì: per i crimini non gravi ci sarà sempre il tetto dei 75 giorni, ma esso potrà essere superato con proroghe progressive di 15 giorni in 15 giorni qualora dalle telefonate emerga che ci sono indizi da perseguire per raggiungere il colpevole.
Ma prima di dar conto degli altri emendamenti non bisogna dimenticare che, comunque, il ddl sulle intercettazioni resta una legge-bavaglio, in quanto dal momento della sua approvazione non sarà più possibile, se non per riassunto, pubblicare gli atti di un´inchiesta. E soprattutto sarà del tutto vietato rendere pubbliche le intercettazioni, di cui non si potrà dar notizia né per riassunto né tantomeno nel contenuto. Ma, nell´ansia di ottenere il consenso dei finiani prima e del Colle poi, il Guardasigilli Alfano ha comunque "ceduto" ad alcuni cambiamenti. Come aver fissato il momento del rinvio a giudizio per poter allontanare dal processo un pm "colpevole" di una fuga di notizie e semplicemente denunciato, anche in via strumentale, da un imputato. O l´aver escluso le riprese visive dai nuovi limiti o aver deciso che per ottenere un tabulato basta l´ok del gip.
Ma è con gli emendanti della Bongiorno che il testo fa un salto di qualità. Basti pensare al ripristino della definizione di «privata dimora» per indicare il luogo dove non si può mettere una microspia, anziché quella ben più generica di «luogo privato», che avrebbe escluso da un ascolto ambientale un´auto o un ufficio. Di assoluto rilievo il ripristino della possibilità di mettere sotto controllo i telefoni di imputati "ignoti" solo a patto che «possano fornire elementi utili ai fini della prosecuzione delle indagini». E l´aver fatto crollare uno dei capisaldi su cui puntava il ddl Alfano, cioè l´aver preteso, per chiedere e ottenere un´intercettazione, gli stessi elementi di prova e gli stessi riscontri, in base all´articolo 192 del codice di procedura penale, che servono per avere dal gip un arresto. Se tutti gli emendamenti dovessero passare, la legge-bavaglio, pur restando tale, lascerà almeno qualche spazio in più a pm e polizia per le indagini.